(Totò si avvicina allo scrittoio per iniziare la dettatura e invita a
gesti il fratello ad affrettarsi a sedersi per scrivere la lettera)
T: Giovanotto...carta, calamaio e penna, su avanti scriviamo!...Dunque hai scritto?
P: (Si siede e si asciuga il sudore) Un momento!
T: Comincia, su!
P: (Infastidito per la fretta che gli sta dando Totò) Carta, calamaio e penna, … la carta…
T: Ooooo! (spazientito, inizia la dettatura)... signorina... signorina...
P: (Girandosi a guardare) Dove sta?
T: Chi?
P: La signorina!
T: Quale signorina!?
P: Hai detto signorina?
T: E' entrata una signorina?
P: E che ne so! (Girandosi verso la porta) Avanti!
T: Animale! Signorina è l'intestazione autonoma, della lettera (riprende)...Ooooh! Signorina...
Peppino cambia foglio
T: Non era buona quella "signorina" lì?... Signorina, veniamo, veniamo noi con questa mia addirvi …
(riflette se la frase è corretta; se ne convince e conferma) veniamo noi con questa mia a dirvi.
P: A dirvi
T: Addirvi. Una parola! (con la mano indica a Peppino che addirvi è una parola sola) Addirvi! Una parola!
P: (non capisce) A dirvi una parola
T: Che...
P: Che!
T: Che!
P: Che?
T: Che!
P: Uno...quanti?
T: Che?
P: Uno che?
T : Uno che!
P:. Che.
T: Che! Scusate se sono poche.
p: Che...
T: Che, scusate se sono poche, ma settecentomila lire, punto e
virgola, noi, noi ci fanno specie che quest'anno, una parola,
quest'anno c'è stato una grande moria delle vacche, come voi ben
sapete! Punto! Due punti!! Ma si, fai vedere che abbondiamo.
Abbondandis in abbondandum. Questa moneta servono, questa moneta
servono, questa moneta servono che voi vi consolate. Scrivi presto!
P: Con insalata.
T: Che voi vi consolate!
P: Ah! Avevo capito con l'insalata.
T: (infastidito) E non mi far perdere il filo, che ce l'ho tutto qui.
P: Avevo capito con l'insalata.
T: Dai dispiacere, dai dispiacere che avreta...che avreta...che avreta
(riflette sulla correttezza della parola) e già, è femmina, è
femminile, che avreta perché... (guarda Peppino interrogativamente)
perché?
P: Non so!
T: Che è non so?
P: Perché che cosa? (Interrompendo la scrittura)
T: Perché che?? Ooooh!! Perché…dai dispiaceri che avreta perché… è aggettivo qualificativo, no?!
Perché dovete lasciare nostro nipote, che gli zii che siamo noi,
medesimo di persona; (Peppino si asciuga il sudore...) ma che stai
facendo una faticata che ti asciughi il sudore?....che siamo noi
medesimi di persona vi mandano questo (alzando il pacchetto con le
mani ), perche' il giovanotto e' studente che studia, che si deve
prendere una laura........
P: laura....
T: laura. Che deve tenere la testa al solito posto, cioe'....
P: Cioe'...
T: Sul collo. Punto, punto e virgola, un punto e un punto e virgola.
P: Troppa roba!
T: Lascia fare! Che dicono che noi siamo provinciali, che siamo tirati.
P: Ma è troppo!
T: Salutandovi indistintamente... salutandovi indistintamente...
sbrigati!!! Salutandovi indistintamente, i fratelli Caponi che siamo
noi...apri una parente e dici che siamo noi, i fratelli Caponi.
P: Caponi.
T: Hai aperto la parente? Chiudila!
P: Ecco fatto.
T: Vuoi aggiungere qualcosa?
P: Io, insomma, senza nulla a pretendere, non c'è bisogno....
T: In data odierna?
P: Eh, ma poi?
T: Ma no, va bene', si capisce.
P: Si, si, si capisce.
«[...]
La scena della lettera, secondo la testimonianza diretta di Teddy Reno,
nasce all’inizio come ricordo manipolato di un episodio analogo nel
film "Miseria
e
nobiltà". Anni dopo, Ettore Scola rivelerà che nel testo ci sarebbe
anche il suo zampino, ma il grosso è frutto della genialità d’antica
scuola dei due protagonisti: centro comico del film, gorgo di
vertiginosa buffoneria, devastante incursione nel linguaggio, soqquadro
di sintassi e senso comune, è tra i momenti più celebri e citati del
cinema italiano.
Teddy
Reno la vede nascere direttamente sul set, dopo un breve conciliabolo
fra Totò e Peppino poco distante dai riflettori: “Uno diceva una
battuta, l’altro si metteva a ridere, l’altro diceva una battuta,
ridevano, non ridevano... A un certo momento mi sono accorto che
ridevano tutti e due, erano soddisfattissimi. Al pomeriggio di quel
giorno nessuno si aspettava la lettera, perché non era scritta nel
cosiddetto copione: hanno preso di sorpresa tutti, compreso il
produttore”. Si gira, e il risultato è talmente travolgente che un
tecnico delle luci si lascia scappare una sonora risata rovinando la
ripresa. Una commissione interna evita che il poveraccio venga
licenziato ma Totò e Peppino, arrabbiati per l’interruzione, hanno
bisogno di sbollire un paio di giorni prima di rifarla. La scena montata
è probabilmente un misto dei due ciak, incollati tra loro grazie a
pleonastici inserti di Vittoria Crispo, la sorella dei Caponi.
Totò,
Peppino e la... malafemmina è il secondo film della coppia, o forse il
primo vero e proprio, perché "La banda degli onesti" era interpretata da
un terzetto. Il duo si scopre qui miracolosamente e definitivamente
complementare; l’impresa di mettere su uno stesso piano l’umanità di
Peppino e la ‘disumanità’ di Totò riesce perché ciascuno cede qualcosa
all’altro (Totò si lascia un poco addomesticare, Peppino accetta di
misurarsi anche con l’assurdo), mantenendo però sempre le rispettive
caratteristiche per giocarle in chiave di differenziazione. Affiatati
dalle comuni esperienze giovanili e da un’amicizia che ha attraversato
anche gli anni tempestosi della guerra, Antonio e Peppino si ritrovano
fratelli nel cinema, e possono mettere in scena la loro opposizione
basandosi su un’intimità quasi famigliare.[...]»
ALBERTO ANILE (da FB)