martedì 14 gennaio 2025

La rivolta delle sette

 La cosa più strana, circa l'avvenimento di cui hanno parlato i giornali e che va sotto il
nome di rivolta delle sette, è che essa era stata fissata per le sei. Ma in realtà poteva esser
fissata per un'ora qualsiasi, poiché per sette s'intendeva non l'ora, ma le associazioni
segrete che pullulano in quel paese. Sette, plurale di setta.
Purtroppo, finché c'è una sola setta, tutta va liscio; ma, quando esse cominciano a
moltiplicarsi, si salvi chi può. E questa fu causa non ultima dei guai a cui andò incontro il
moto insurrezionale.
Difatti gli organizzatori fissarono la sommossa, come detto, per le sei del pomeriggio. Ora
comoda, né troppo presto né troppo tardi, che permetteva a tutti di parteciparvi senza
scombussolare né l'orario d'ufficio né quello della cena. I congiurati si passarono la voce,
come è buon uso nelle congiure; e del resto non si può fare diversamente in questi casi, e
bisogna farlo con le dovute cautele. Un congiurato, passando accanto a un altro,
mormorava in fretta, senza guardarlo, per non dar nell'occhio agli altri passanti:
« Ci vediamo alla rivolta delle sette ».
L'altro credeva che alludesse non alle associazioni, ma alle ore. Né, del resto, poteva stare
a domandare spiegazioni, anzi doveva filar via come niente fosse. Cosi pure, si svolgevano
dialoghi di questo genere:
« Anche tu fai parte della rivolta... ».
« ... delle sette, sì. »
E i capi facevano circolare l'ordine: « Domani, tutti alla rivolta delle sette! Nessuno
manchi».
Conclusione: la maggior parte dei congiurati si presentò alle sette invece che alle sei. Voi
capite che, in una faccenda di questo genere, un ritardo può esser fatale. Determinò il fal-
limento. Fu per questo che, in un successivo tentativo, l'ora della rivolta fu fissata, a
scanso d'equivoci, per le sette. Col che gli organizzatori ottennero che, nominando soltanto
il moto sedizioso, si diceva contemporaneamente anche l'ora per cui era fissato e, d'altro
canto, dicendo l'ora, si indicava anche a quale moto si alludeva, con evidente risparmio di
tempo e di spesa, per tutto quello che si riferisce a stampati, circolari, ecc. Alcuni più
pignoli dicevano: « La rivolta delle sette delle sette ». 

Ora bisogna sapere che le sette, in quel paese, erano una ventina, ma alla rivolta
partecipavano soltanto sette di esse, e non fra le più importanti. Quindi fu necessario dire:
«La rivolta delle sette sette», oppure: «La rivolta delle sette sette delle sette».
Ciò anche quando, prevalendo la tendenza unificatrice, le sette si ridussero a sette.
Ogni setta era composta di sette membri, i quali erano chiamati i sette delle sette sette, e
il loro moto sovversivo si chiamò la rivolta dei sette delle sette sette delle sette.
La cosa grave è che c'era un'altra rivolta, o meglio una controrivolta, un movimento
reazionario, insomma, i cui promotori nulla avevano a che fare con la prima e anzi erano
contro di essa e contro ogni setta.
Disgraziatamente questi, ignorando che l'altra rivolta era fissata per le sette, fissarono per
la stessa ora anche la loro. Non vi dico quello che successe fra i congiurati delle due parti,
che fecero confusioni tremende, sicché gli antisette finirono fra le sette, verso le sette e
mezzo, e le sette, fra gli antisette alle sette.
La controrivolta si chiamò la rivolta delle sette degli antisette contro la rivolta dei sette
delle sette sette delle sette.
In attesa che essa scoppiasse, i congiurati giocavano a tressette. E questi giuochi
passarono alla storia come i tressette della rivolta antisette delle sette, contro quella dei
sette delle sette sette delle sette.
Un caso curioso avvenne quando uno dei sette congiurati della rivolta delle sette contro
quella dei sette delle sette sette, giocando al tressette verso le sette, si fece un sette ai
pantaloni: e questo si dovette chiamarlo il sette del tressette d'uno dei sette della rivolta
antisette delle sette contro quella dei sette delle sette sette delle sette.

ACHILLE CAMPANILE

sabato 28 dicembre 2024

Giudici e PM

 

L’8 gennaio (2025) la Camera inizierà a discutere la legge Nordio-Gelli per separare le carriere di giudici e pm e i rispettivi Csm. Noi non vediamo l’ora che entri in vigore malgrado siamo contrari, anzi proprio per questo. Solo la prova su strada farà capire ai somari del garantismo all’italiana di aver prodotto l’effetto opposto a quello che auspicavano. 
Oggi requirenti e giudicanti fanno parte dell’unico Ordinamento giudiziario. Ma i passaggi da una funzione all’altra, un tempo normali (Falcone e Borsellino furono prima giudici e poi pm), sono già così ostacolati da leggi infami di destra&sinistra da risultare statisticamente irrilevanti: nel 2023 hanno riguardato 34 magistrati su 9mila (lo 0,37%). Eppure il Consiglio d’Europa li raccomanda per l’arricchimento professionale dei giudici e dei pm accomunati dalla “cultura della giurisdizione”. E la nostra Costituzione affida a entrambi lo stesso obiettivo: cercare la verità con imparzialità. 
Se il pm si stacca dal giudice, sarà sempre meno imparziale: un avvocato della polizia, tutto teso a far condannare più gente possibile. La cultura dell’imparzialità cederà il passo a quella del risultato, la stessa del poliziotto che fa carriera a suon di statistiche: tot perquisizioni, tot sequestri, tot arresti…
I somari citano, a sostegno della separazione, il caso dei due pm milanesi condannati in primo grado per aver nascosto prove favorevoli agli imputati nel processo Eni. Ma è proprio perché le carriere sono unite che è stato possibile condannarli. 
Il pm non ha il cottimo sulle condanne: se si convince dell’innocenza dell’imputato, deve chiedere di assolverlo. Ma se diventa come l’avvocato, pagato per far assolvere il cliente anche se lo sa colpevole, ignorerà le prove a discarico. Se un avvocato porta al giudice una prova contro il suo assistito, viene punito per infedele patrocinio; il pm invece viene punito se non porta una prova a favore del suo imputato. 
Perciò pm e difensore non sono sullo stesso piano: l’uno mira alla verità (come il giudice), l’altro all’assoluzione. Due figure essenziali che meritano armi pari, ma una rappresenta la collettività, l’altra il privato. Separandoli dai giudici, i “garantisti” trasformeranno i pm in una casta di Torquemada molto popolari e “giustizialisti” che chiederanno condanne purchessia a furor di popolo: il “partito dei pm”, oggi inesistente, si materializzerà proprio grazie a questi somari. 
È già accaduto in Portogallo nel 1974 quando, caduto Salazar, la Rivoluzione dei Garofani separò i pm dai giudici, ma senza metterli sotto il governo: i pm divennero una falange di inquisitori assatanati, anche contro i potenti. Tant’è che lì i “garantisti” vorrebbero riunificare le carriere per riportare un po’ di equilibrio. Se hanno qualche amico in Italia, è il caso che lo avvisino per tempo.
 
MARCO TRAVAGLIO

mercoledì 18 dicembre 2024

La Stangata - Film (1973)

<< “La Stangata” non è un semplice film.  E' una finestra sul mondo del cinema, della meraviglia e dello stupore, e prende per mano lo spettatore conducendolo dove la magia stessa dello spettacolo è creata.
Ambientato in un’America del 1936 tanto chiassosa e colorata quanto dura e crudele, narra la storia di Johnny Hooker(Robert Redford), che insieme a Luther Coleman è un ladruncolo che tira a campare con piccole truffe. 
I due fanno il colpaccio ma inconsapevolmente pestano i piedi al boss locale Doyle Lonnegan(Robert Shaw). Luther sconta il prezzo, e Hooker decide di vendicarsi organizzando una grande truffa ai danni del boss con l’aiuto di Henry Gondorff (un Paul Newman dal sorriso beffardo in ogni inquadratura).
Johnny Hooker è un vero e proprio artista di strada, di raro talento. Astuto, imbroglione, scapestrato, faccia di bronzo: un giovane e talentuoso istrione. Henry Gondorff invece si improvvisa capocomico di una compagnia di reietti della società, ma dotati di meraviglioso talento recitativo, tanto da far parte del “giro grosso”, le grandi truffe, che altro non sono se non grandi e spettacolari allestimenti teatrali mirati a derubare il prossimo.
Il film gira preciso come un orologio ben oliato, diviso in sette atti, come si conviene ad uno spettacolo a metà tra il teatro ed il cinema. Ricco di scene e dialoghi brillanti e mai banali, conditi da un’altissima qualità degli interpreti, incorniciato da una colonna sonora circense e burlesca, vincitrice del premio oscar. Il vero soggetto del film è lo spettacolo in se, la voglia di stupire, ammaliare, mostrarne i retroscena. (...)
“La Stangata” si fa beffe del pubblico, pur mostrandogli la sua ossatura. Hooker e Gondorff sembrano quasi essere due versioni dello stesso personaggio, la loro differenza si palesa solo nel diverso stile e modo di porsi nei confronti della vita, dovuto alla maggiore maturità di Gondorff, che avvolge, comprensivo, Hooker sotto la sua ala protettrice, divenendone mentore e guida.
Tra i due si instaura un rapporto inizialmente di compassione reciproca, Gondorff appare al principio come un uomo finito, e Hooker è un fuggitivo con una taglia sulla testa; successivamente questo si convertirà in rispetto, stima “professionale”, sorrisi sardonici. 
Vincitore di sette oscar in totale e candidato a dieci, sbancò anche ai botteghini. >>

<< La Stangata è una commedia di grande qualità, in cui la trama, assai semplice, fa da sfondo ad un intreccio di notevole complessità, capace di garantire suspanse ed azione di considerevole livello. Robert Redford e Paul Newman sono una coppia di pregevole fattura, affiancata ad altre interpretazioni di buonissimo livello. 
Celeberrima la colonna sonora, il Ragtime di Scott Joplin. >>

<< Film con una trama che viaggia "sicura di seè" fin dal primo minuto, e che, nonostante le truffe e controtruffe che si intrecciano, nonchè i colpi di scena, mantiene una certa linearità senza far mai smarrire lo spettatore. 
Ottime le interpretazioni nei panni degli affascinanti malandrini, di Paul Newman e Robert Redford. >>

Dal sito MY-MOVIES

lunedì 9 dicembre 2024

Indovina chi viene a cena ? - Film (1967)

<< Questo splendido film non può mancare nella collezione degli amanti del grande schermo. "Indovina chi viene a cena?" sicuramente rappresenta una pietra miliare nella storia del cinema mondiale sia per la tematica sia per la straordinaria e indimenticabile interpretazione di quei due colossi di Hollyvood quali Katharine Hepburn e Spencer Tracy che insieme a quell'astro nascente all'epoca, di Sidney Poitier, danno luogo a un qualcosa di irripetibile.
Quando si dice la grande commedia americana ... alta scuola di recitazione, grande trasporto di sensazioni e forti sentimenti racchiuse in un raffinato gioco di ruoli. Alla base della storia la lotta per vincere i realistici pregiudizi verso le persone di colore e non solo, una coppia di giovani in procinto di sposarsi che si trovano al cospetto del severo ma ponderato giudizio dei rispettivi genitori.
Difficile svolta generazionale, figli di quel tempo, che con la sola forza dell'amore riuscirono ad appassionare un vastissimo pubblico tutto schierato con i due giovani protagonisti. Vivere in un mondo dove il colore della pelle ha sempre fatto la differenza non è per niente facile imporsi senza la tenacia e il diritto di vivere la propria vita con chi si ama.
Al personaggio di Poitier volutamente fu dedicata un'attenzione particolare molto speciale. Intelligente, attraente, sicuro di sè, medico affermato, insomma tutto quello che di meglio si potesse sperare come modello di marito per una giovane figlia.
Una magistrale regia condotta da Stanley Kramer che colloca i due maturi coniugi dalle idee progressiste (Tracy-Hepburn) in un contesto familiare perfetto dove si dovrà svolgere questo fondamentale appuntamento (la cena) con i genitori dello sposo (Sidney Poitier) che con grande dignità svolgono il loro ruolo con sorprendente maturità pur non approvando in prima analisi questo matrimonio.
Il memorabile e risolutivo monologo finale di Spencer Tracy incolla allo schermo lo spettatore in maniera appassionante e mette tutti d'accordo ... e tanti auguri agli sposi.- Da vedere assolutamente ! >>

<< E' un capolavoro. Dialoghi perfetti, Spencer Tracy si fa voler bene tanto che è bravo, Katharine Hepburn è belissima e altrettanto straordinaria, i personaggi sono al posto giusto nei momenti giusti e Sidney Potier imbarazza per il suo aspetto e la sua recitazione.
La commedia americana perfetta per eccellenza, tinta di una modernità che all'epoca ha messo a disagio. Ma come in ogni opera d'arte splendida, non si può che farsi prendere dalla sindrome di Stendhal e vederlo, rivederlo e vederlo ancora. >>

Dal sito MY MOVIES


lunedì 25 novembre 2024

La calda notte dell'ispettore Tibbs - Film (1967)

<< Uscito praticamente in contemporanea con "Indovina chi viene a cena" quest'altro bellissimo film sui problemi razziali contribuisce a lanciare Sidney Poitier come divo (anche se l'oscar lo ha preso Rod Steiger).
Ottima comunque l'ambientazione in uno stato del profondo sud degli Stati Uniti, dove un'ispettore di polizia di colore è fuori da ogni immaginazione.
Ottima la sequenza in cui si vedono i lavoratori negri lavorare ancora nei campi di cotone come quando erano schiavi in contrasto con questo abilissimo ispettore di polizia ben vestito e molto in gamba sotto tutti gli aspetti.
Bellissima comunque la figura del capo della polizia locale Rod Steiger, razzista e all'inizio tremendamente prevenuto nei confronti dell'ispettore di colore, che a poco a poco ha fiducia in lui, lo stima ed alla fine gli diventa amico.
Ottimo il particolare della scena finale alla stazione ferroviaria, in cui gli porta la valigia, cosa inaudita negli stati del sud di quel tempo dove un negro che dava uno schiaffo ad un bianco (anche se per contraccambiarlo) rischiava addirettura la vita. >>

<< Solido poliziesco vecchia maniera, arricchito dalla tematica razziale, sempre attuale negli Stati Uniti, più di quanto la data di produzione potrebbe far presupporre.
E' un film che trasuda 'americanicità' da ogni fotogramma, di bollicine di Coca Cola da una bottiglia appoggiata sul bordo della strada, dignitoso escursus che raffigura un Paese non solo fatto dalle luci delle grandi metropoli.
Realtà piccola quella di Sparta in Mississippi, ma non per questo priva d'interessi concorrenti: e allora, l'esito delle investigazione può non esser così tanto scontato.
Poitier è un figurino che non dimentica mai i puntini sulle 'i', Steiger vero mattatore-trascinatore: insieme formano una coppia da enciclopedia del cinema, che, fra gag ed inseguimenti, fa dimenticare pure quella pagina, relativa ai loro passati, lasciata quasi in bianco. >>

MYMOVIES

sabato 16 novembre 2024

Patto col Diavolo

Un giorno il signor Mario Rossi, stufo di una vita piena di tristezze e di tribolazioni, evocò il Diavolo, che subito gli comparve davanti.
Il Diavolo chiese: Cosa vuoi da me, misero mortale ?
Mario Rossi rispose: Voglio farti la più classica delle proposte. Sono disposto a venderti la mia anima, se tu mi renderai felice per tutta la vita.
Il Diavolo accettò la proposta e predispose il contratto, che venne regolarmente firmato da entrambe le parti.
Mario Rossi allora disse: Ecco, ho accettato di venderti l’anima. Adesso adempi al tuo impegno.
Il Diavolo rispose: Certamente. Da domani e per tutta la vita, tu ti chiamerai Felice Rossi.
E se ne andò sghignazzando.
Giunto al termine della sua vita, tutta piena di tristezze e di tribolazioni, il signor Rossi ricevette la visita del Diavolo, ben deciso a prendersi quello che gli era stato promesso.
Il Diavolo disse: Il contratto parla chiaro. Io ti ho reso Felice per sempre, ora la tua anima spetta a me. E di sotto c’è l’inferno che ti attende.
Ma il signor Rossi, che aveva riflettuto a lungo sulla questione, rispose: caro il mio Diavolo, ti sbagli. Quel contratto non vale per me. Non mi riguarda.
Il Diavolo scoppiò in una fragorosa risata: Certo che ti riguarda. E’ firmato da te in calce. Proprio qui.
Ma il signor Rossi scosse la testa: Niente affatto. Il contratto è stato firmato da Mario Rossi. Ma io mi chiamo Felice Rossi.
E se ne andò sorridendo.

venerdì 8 novembre 2024

L'appetito delle donne

Circa a 10 anni avete capito una cosa: ai maschi piace guardare belle ragazze nude, o seminude. Questo fenomeno e' meno marcato nelle donne.
Si, ad alcune donne, diciamo il 3% , piace guardare bei maschi nudi.
Le altre entrano nell'argomento sesso come una persona senza appetito entra in un ristorante. Se il cibo e' buono ne mangiano un pochino, ma anche un panino a casa andava bene.
Il desiderio femminile e' comparso in letteratura come una cosa "democratica", cioe' di tutte le donne, solo nell'ultimo secolo. Prima le donne normali non avevano appetiti.
E la letteratura erotica celebra le poche ad avere appetito.

URIEL FANELLI