domenica 23 febbraio 2014

La tana della volpe - 11

CAP. 11 - Martedì


La conferenza stampa fu organizzata in una sala dell'Hotel Majestic, uno dei più belli di Nelson. La stanza non era grande, ma era piena di giornalisti e di curiosi. Ben Wallace era seduto dietro a un lungo tavolo, su cui erano posati due microfoni. Al suo fianco, un incaricato dell'Hotel si occupava dell'organizzazione e controllava che tutto funzionasse a dovere. A Ben non capitava spesso di essere così al centro dell'attenzione e dover parlare in pubblico davanti a tante persone, ma si sentiva abbastanza tranquillo. Aveva tirato fuori la penna stilografica dal taschino e se la stava rigirando tra le mani tanto per ingannare l’attesa.
Ormai la stanza era al completo. L'incaricato dell'Hotel guardò Ben che fece un cenno di assenso col capo: potevano incominciare. L'uomo battè sul microfono per chiedere silenzio. In pochi istanti il vociare confuso del pubblico diminuì di intensità fino a cessare quasi del tutto.
- Visto che ci siamo tutti - esordì con voce stentorea - direi che possiamo dare inizio alla conferenza stampa.
L'uomo attese ancora qualche secondo, fino a che il brusio non fu cessato completamente ed il silenzio nella stanza fu totale. Poi fece un gesto con la mano in direzione dei giornalisti seduti in prima fila.
- Se i signori della stampa vogliono cominciare con le domande, il signor Wallace è a vostra disposizione.
Il primo giornalista a parlare fu Clarence Weatherspoon, il piccolo “mastino” del Globe. La differenza di statura tra i due uomini era vagamente comica, ma per fortuna non stavano vicini tra loro.
- Signor Wallace, anzitutto i miei più vivi ringraziamenti per quello che avete fatto.
- Grazie - si schermì Ben.
- Quando avete avuto per la prima volta l'idea che Vim Baker fosse nascosto proprio lì, nella villa di Chris Webber ?
- E' una storia lunga, e per molti versi casuale.
- Ce la racconti. I nostri lettori sono molto curiosi.
- Tutto è nato la settimana scorsa, quando mi sono recato a teatro, qui a Nelson, per uno spettacolo. Era una commedia brillante che si intitolava "Il marito nell'armadio e l'amante sotto il letto".
- L'ho visto. Un bello spettacolo davvero. Peccato che adesso sia sospeso.
- Lo so. E quella è stata una delle informazioni che, insieme ad altre, mi hanno aiutato a scoprire la verità. Vedendo la commedia, mi ero accorto che uno degli attori, quello che faceva la parte del marito tradito, assomigliava abbastanza a Vim Baker.
- Ma era Shawn Bradley. Quello che è scomparso ! - saltò su un altro giornalista.
- Per l’appunto. C'erano alcune differenze marginali, come per esempio i capelli, che Bradley aveva e Baker no, o i baffi, per cui valeva il discorso inverso, ma erano tutte cose poco essenziali.
- Anche la corporatura era un po' diversa - intervenne Weatherspoon.
- Certo. Baker era un po' più robusto di Bradley. Ma anche lì ci si può aggiustare.
- Cosa vorreste dire ? - chiese un altro giornalista - Che Bradley prendeva il posto di Baker ?
- Sì e no.
- Spiegatevi meglio.
- Baker si era accorto della somiglianza e aveva deciso di sfruttarla a suo favore, questo è certo. Ma non poteva certo usare un suo sosia in municipio. Se ne sarebbero accorti tutti. E poi a cosa gli sarebbe servito ? Al massimo a fare da bersaglio per eventuali attentati, ma nessuno attore si sarebbe esposto a un rischio simile. E poi Nelson è una città abbastanza tranquilla, da questo punto di vista. Non vorrei sbagliare, ma credo che siano anni che non succedono fatti di sangue ai danni di qualche uomo politico.
- L'ultimo attentato fu oltre vent’anni fa - disse un giornalista dalla seconda fila - Venne assassinato il vice-sindaco, ma poi si scoprì che era per motivi personali.
- Appunto. – continuò Ben - Il vero problema di Baker era un altro: la copertura dei suoi traffici poco puliti. Baker aveva iniziato la carriera politica per puro opportunismo, per arricchirsi a danno della collettività. Perciò il suo pensiero dominante era semplice: come coprirsi le spalle nel momento in cui il suo gioco fosse stato scoperto ?
Nella sala regnava il silenzio più assoluto. Tutti pendevano letteralmente dalle labbra di Ben e nessuno fiatava.
- Non dimenticate che Baker era un tipo intelligente, furbo come una volpe e prudente come un gatto. Sapeva perfettamente che la sua posizione di privilegio non poteva durare. Che prima o poi qualcosa sarebbe saltato fuori e lui si sarebbe trovato nei guai. Ecco quindi l'idea geniale: usare Shawn Bradley, l'attore che gli somiglia, come suo sosia per crearsi una doppia vita.
Un mormorio di sorpresa e di eccitazione percorse i presenti. Nessuno aveva mai pensato ad una cosa simile.
- Ma voi come fate a sapere tutte queste cose ? - chiese il secondo giornalista.
Ben allargò le braccia sorridendo.
- Per una fortuita coincidenza, come dicevo prima. Qualche giorno fa, passando casualmente per Dunleavy Road, notai che nella villa al numero 57 c'era una persona che mi ricordava Shawn Bradley. Era un po' più robusto e sembrava più anziano, ma gli assomigliava molto. Mi dissi, quasi per scherzo, che poteva essere suo padre.
- Invece era Vim Baker... - l'interruppe un giornalista.
- No. Era proprio Bradley. Ma camuffato in modo da assomigliare più a Baker che a se stesso.
- Non ci capisco più niente.
- Eppure non è difficile. Seguitemi. Baker sa che quando sarà il momento di scappare tutti lo cercheranno. Come fare allora per non farsi prendere ? Non c'è che una soluzione: diventare qualcun altro. Ma un altro che esista già, in modo che nessuno possa avere sospetti, nonostante la somiglianza. Ecco quindi che Baker e Bradley creano il nostro fantomatico signor Chris Webber.
I giornalisti stavano scrivendo appunti come forsennati e nel silenzio della sala si sentiva il leggero fruscio delle penne sui bloc-notes.
- Quindi Crhis Webber non esiste ? - disse uno.
- No. O meglio esiste, ma solo per i vicini. Bradley doveva semplicemente recarsi di tanto in tanto nella villa di Dunleavy Road per far credere che vi abitasse qualcuno. Qualcuno che assomigliava un poco a Baker e del quale lo stesso Baker avrebbe potuto prendere il posto quando se ne fosse presentata la necessità. Come è puntualmente avvenuto mercoledì scorso, subito prima dell'emissione del mandato di arresto.
- Ma voi, come ha fatto a capire che Chris Webber era un personaggio fasullo, signor Wallace ?
- Grazie a un apparecchio acustico - disse Ben sorridendo.
Un mormorio di stupore percorse la sala.
- Baker e Bradley hanno voluto strafare. E questo, per una bizzarria della sorte, li ha perduti. Il problema era che Bradley poteva farsi vedere poco, alla villa, perchè aveva il lavoro di attore che lo occupava. Perciò dovevano inventarsi una caratteristica che lo rendesse un po' misantropo. Che giustificasse la sua tendenza a evitare i vicini, a farsi vedere poco in giro. Allora si sono procurati un apparecchio acustico e hanno fatto passare Chris Webber per sordo. Non era male come idea. Una persona sorda tende istintivamente ad evitare la vita sociale e se ne sta da sola il più possibile. Infatti i vicini vedevano poco Bradley-Webber. Ma sembrava una cosa logica e nessuno ci faceva caso più di tanto.
- Voi però ve ne siete accorto, alla fine.
- Del tutto casualmente, come dicevo. Passando di lì un pomeriggio, mi sono accorto che l'uomo, che per darsi un tono faceva anche finta di dipingere, ci sentiva meglio del dovuto. Ma questo forse non sarebbe bastato. Il fatto è che tornando lì una seconda volta, mi sono accorto che quel giorno, forse per una banale dimenticanza, l'uomo non portava l'apparecchio: eppure ci sentiva benissimo lo stesso !
- Cribbio - esclamò Weatherspoon - Un piano perfetto saltato per un banale dettaglio. Ma come faceva Bradley ad entrare e uscire dalla villa senza farsi vedere ?
- Passava dal retro, che è immerso nel bosco ed è praticamente invisibile dalla strada. Ho controllato, domenica sera, e ho avuto la conferma che non mi sbagliavo: c'era una porticina che serviva a Bradley per entrare e uscire a suo piacere.
- Una porticina nascosta.
- Già. La stessa porticina che deve aver usato Baker quando ha deciso di prendere definitivamente l'identità di Chris Webber. Infatti ho trovato le sue impronte digitali, lì sopra. Ed è stato quello che mi ha convinto definitivamente di avere ragione.
- E Bradley, adesso, dove sarà ?
Ben allargò le braccia sconsolato.
- E chi lo sa ? Se è stato fortunato, se ne sarà semplicemente scappato da qualche parte a godersi i soldi che gli ha dato Baker. Ma non credo. Secondo me Baker gli ha chiuso la bocca per sempre, per non avere più preoccupazioni. Ma non so se la polizia riuscirà mai a scoprirlo. Se Bradley è morto, Baker l'avrà sepolto per bene da qualche parte, chissà dove. E chi lo ritrova più ?
- Baker potrebbe sempre confessare - disse Weatherspoon.
- Dubito molto che lo farà. Baker sa benissimo cosa lo aspetta. Un conto è rubare dei soldi, un conto è ammazzare una persona. Se confessa, rischia di marcire in galera per tutta la vita. No. Credo che non confesserà mai.
- Un'ultima domanda, signor Wallace. Perchè avete tentato di catturare Baker da solo, senza chiamare prima la polizia ? Poteva scapparvi dalle mani...
Ben alzò le mani, grandi come tenaglie e le mostrò all’uditorio senza riuscire a trattenere un sorriso.
- Da queste mani non è mai scappato via nessuno. Credetemi…
Tutti i presenti scoppiarono a ridere, mentre i flash dei fotografi cominciavano a lampeggiare all'impazzata.

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domenica 16 febbraio 2014

La tana della volpe - 10

CAP. 10 - Lunedì


Alle nove di lunedì mattina Ben Wallace entrò nel palazzo della polizia di Bristow, si fece ricevere da Vernon Fleming, il capo supremo che conosceva da parecchi anni, e gli chiese un favore. Fleming rimase un po' perplesso dalla sua richiesta, ma visto che non si trattava di nulla di particolarmente delicato, decise di accontentarlo.
Ben lo ringraziò caldamente e scese subito nell'archivio sotterraneo in compagnia di un agente. Era un ragazzo giovane, arruolato da poco, e non lo conosceva, ma l'autorizzazione di Fleming sistemava tutto. Giunti al secondo piano sotto terra, percorsero un lungo corridoio dal quale si aprivano vari stanzoni, ognuno dei quali raccoglieva i diversi tipi di materiale archiviato.
Il giovane agente camminava a passo spedito, ma Ben gli teneva dietro senza difficoltà. Era eccitatissimo all'idea di poter verificare se aveva colto nel segno. A un certo punto l'agente si fermò ed entrò in una stanza un po' più piccola delle altre, occupata da numerosi computer. La tecnologia elettronica faceva passi da gigante ed in molti casi era di grande utilità alla polizia. Per esempio per l'archiviazione delle impronte digitali.
Niente più schedari pieni di foto e riproduzioni, ingombranti da archiviare e difficili da consultare. Adesso le immagini erano state digitalizzate e inserite nella memoria del computer centrale. Bastava sedersi davanti a un terminale e richiamare le impronte digitali della persona desiderata: il computer le avrebbe visualizzate e poi, se necessario, stampate. Se invece si avevano le impronte ma non si conosceva il nome della persona, un apposito programma era in grado di analizzare graficamente tutte le curve presenti in memoria e selezionare automaticamente quelle simili, per facilitare l'identificazione.
Il giovane agente scortò Ben Wallace, che lo sovrastava di almeno venti centimetri, fino ad un terminale acceso e vi si sedette davanti. Digitò la parola chiave di accesso ed entrò nel programma di interrogazione.
- Che tipo di ricerca dovete fare, signor Wallace ? - chiese gentilmente.
- Ehm... - borbottò Ben - Potrei usare io il computer ?
- No, è proibito. E poi non credo che sappiate usare il programma.
- Credo che me la caverei lo stesso.
- Comunque non si può. Voi mi dite di cosa avete bisogno e io vi faccio la ricerca.
Accidenti ai regolamenti, si disse Ben, e accidenti agli agenti appena assunti che pretendeva di rispettarli. Ben aveva cercato di fare in modo che nessuno sapesse. Anche a Fleming non aveva detto esattamente quello che cercava. Ma adesso rischiava di diventare tutto inutile. Poteva sperare che l'agente che lo accompagnava non avrebbe poi riferito tutto al suo capitano ? Figuriamoci !
- Allora, di che tipo di ricerca avete bisogno ? - chiese ancora il ragazzo. Ben sospirò e si arrese.
- Il nominativo ce l'ho già. Voglio sapere se è inserito nel vostro archivio.
- Vediamo subito - Il giovane agente schiacciò alcuni tasti e la videata si fece di un bel colore azzurro pallido. Il cursore era inserito in un campo predefinito e lampeggiava aspettando istruzioni.
- Cognome ? - chiese il ragazzo.
- Baker - rispose Ben.
- Nome ?
- Vim.
- Vin, come Vincent ?
- No. Vim, con la M.
- Che strano nome.
E che imbranato che sei tu, pensò Ben, non sai neanche chi è Vim Baker. Forse è talmente imbranato che non si accorge di niente.
- Residenza ?
- Nelson.
Un lampo passò negli occhi dell'agente che aveva finalmente realizzato. Ben se ne accorse e si rassegnò all'inevitabile.
- Ma è il sindaco ! Quello ricercato !
- Proprio lui - disse Ben annuendo - Avete le sue impronte ?
- Certo ! La polizia di Nelson ce le ha passate qualche giorno fa e sono già state inserite in memoria.
Il ragazzo schiacciò il tasto di invio e in pochi secondi il video venne riempito da un fitto reticolo di linee. Lo schermo era diviso in tre settori. In alto a sinistra c'era la foto di Vim Baker. Più a destra nome, cognome, indirizzo e alcune note di commento. Infine nella fascia più grande, in basso, c'era la riproduzione grafica delle sue impronte digitali. Ben guardò il video affascinato.
- Si può stampare questa roba ? - chiese.
- Certamente.
L'agente schiacciò ancora dei tasti e la stampante lì vicino incominciò a ronzare lievemente. Dieci minuti dopo, Ben Wallace usciva soddisfatto dal palazzo della polizia di Bristow con tre ottime stampe nella cartella.
Giunto a casa, con il cuore in subbuglio per l’eccitazione, Ben provò subito a confrontare le impronte stampate al computer con quelle che aveva rilevato la sera prima: combaciavano perfettamente. Si concesse un urlo di esultanza, come un cestista che segni il canestro decisivo. Adesso si trattava di giocare al meglio le proprie carte. E non sarebbe stato facile.

* * * * *

L'automobile si fermò proprio davanti al cancello della villa che portava il numero 57 di Dunleavy Road. Ben aprì la portiera e scese, imprecando ad alta voce. Andò fino al cofano, lo sollevò e incominciò a trafficare con il motore. Con la coda dell'occhio guardò verso il giardino, ma non vide nessuno. D'altra parte non si aspettava tanta fortuna. Continuò a trafficare per qualche minuto, poi, sempre borbottando come si conviene ad un automobilista in "panne", si avvicinò al cancello e guardò dentro. Nessuno in vista. Andò al campanello e suonò.
Speriamo che abbia addosso l'apparecchio, si disse ridacchiando Ben, o meglio, che si comporti come se l'avesse, dato che proprio non ne ha bisogno. Ben lasciò passare un paio di minuti, poi suonò di nuovo, questa volta in modo un po' più prolungato. Non poteva non sentire, quell'individuo. Infatti, passarono trenta secondi e l'uomo uscì dalla casa.
- Scusate se vi disturbo - urlò Ben da dietro il cancello - Ma mi si è fermata la macchina.
- Come ? - chiese l'uomo avvicinandosi. Si era messo l'apparecchio acustico e cercava evidentemente di rispettare il suo ruolo.
- Dicevo che mi si è bloccata l'auto proprio qui davanti. - disse Ben a voce alta - Non so che cos'abbia, ma non parte più.
- Io non me ne intendo - disse l'uomo con tono diffidente.
- Neanch'io. Vorrei solo fare una telefonata perchè vengano a prendermi - disse Ben con il suo sorriso più disarmante.
- Non avete il telefonino ?
Ben scrollò il capo in segno di diniego. L'uomo non aveva nessuna voglia di fare entrare Ben, ma non poteva neanche comportarsi in modo troppo scortese, se voleva evitare complicazioni.
- Se mi lasciate entrare un attimo, faccio solo la telefonata e poi tolgo il disturbo - insistette Ben.
- Va bene, va bene, entrate - borbottò l'uomo.
Adesso che lo vedeva bene da vicino, Ben non aveva più dubbi: nonostante i piccoli camuffamenti era proprio lui. Aveva tagliato gli splendidi baffi e si era messo un parrucchino tendente al grigio per coprire la calvizie e simulare un'età un po' più avanzata. Inoltre portava l'apparecchio acustico anche se ci sentiva benissimo. Ma era lui ! L'uomo aprì il cancello e lo fece entrare, poi si diresse con passo deciso verso la casa. Ben lo seguiva tranquillo, con la mano destra infilata nella tasca della giacca, pronto ad agire. L'uomo entrò nella casa, con Ben sempre dietro, e si diresse verso un mobile scuro appoggiato contro la parete di destra dell'ingresso. Sul mobile era appoggiato un telefono.
- Ecco - disse - se volete telefonare...
Ben annuì, stringendo nervosamente l'oggetto che teneva in mano. Erano vicinissimi, era il momento di agire.
- Signor Baker - disse all'improvviso.
L'uomo sussultò, come colpito da una frustata, ma Ben era pronto e non gli diede la possibilità di reagire. Estrasse fulmineamente la bomboletta spray dalla tasca destra e la spruzzò con decisione sul viso del suo ospite. Vim Baker non ebbe neanche il tempo di capire cosa gli stesse succedendo, perchè il narcotico era potentissimo. Annaspò per un attimo, roteando scompostamente le braccia intorno a sè, poi crollò al suolo, afflosciandosi come un sacco vuoto.
Ben rimase un attimo a guardare la sua "preda" con un sorriso di soddisfazione. Era andata ! E senza dover ricorrere alla violenza, proprio come piaceva a lui. Con gesti lenti e tranquilli, prese un oggetto metallico dalla tasca interna della giacca, si avvicinò al corpo esanime di Vim Baker e lo ammanettò, agganciandolo anche alla maniglia del mobile, per maggior sicurezza. Quindi si avvicinò al telefono e fece un numero che conosceva a memoria.
- Polizia di Bristow - disse la voce del centralinista di turno.
- Vorrei parlare con i capitano Fleming - disse Ben.
- Chi parla ?
- Sono Ben Wallace, l’investigatore privato. Mi conosce.
- Il capitano è impegnato, in questo momento.
- Ho notizie importantissime per lui. Ditegli di liberarsi.
- Non so se posso... - disse l'agente impacciato.
Oddio, pensò Ben, un altro novellino imbranato.
- Ditegli che ho notizie fresche su Vim Baker.
- Baker ? Il sindaco di Nelson ? - fece l'agente eccitato.
- Proprio lui.
- Vi chiamo subito il capitano Fleming.
- Ecco bravo, così va meglio.
Mezzo minuto dopo il capitano Fleming era all'apparecchio.
- Signor Wallace, accidenti, cos’è questa storia ? – disse un po’ seccato - Ero in riunione.
- Che tipo di riunione ? - chiese Ben con un sorriso. Aveva l'asso di briscola in mano e poteva anche permettersi di divertirsi un po'.
- Stavamo facendo il punto sul caso Baker.
- Bene, allora potete anche annullarla. Il caso Baker è risolto.
- Mi prendete in giro ?
- No, assolutamente. L'inafferrabile signor Baker è qui con me. E vi assicuro che non ha nessuna intenzione di scappare.
- Si è costituito ?
- No. Sono io che l'ho "beccato". E' qui, narcotizzato e ammanettato e non sembra proprio in condizione di squagliarsela.
Vernon Fleming restò un attimo in silenzio, come per rendersi ben conto di quello che Ben Wallace gli stava dicendo.
- Ma dove vi trovate adesso ? - chiese infine.
- Più vicino di quanto possiate pensare.
- Non sarete mica a Bristow, per caso ?
- Proprio così.
- Incredibile ! - disse Fleming che non riusciva ancora a crederci - Lo cercavamo per mezza America e ce l'avevamo qui sotto il naso.
- A volte succede.
- Dove siete esattamente ?
- Conoscete Dunleavy Road ? E’ una stradina di campagna alla periferia nord.
- Sì, so dov'è.
- E' pieno di ville. Quella di Baker è al numero 57.
- Non muovetevi da lì. Veniamo subito noi.
- Fate pure con comodo - rispose Ben con un sorriso - Ormai la volpe non scappa più.


domenica 9 febbraio 2014

La tana della volpe - 9

CAP. 9 - Domenica


L'auto percorreva pigramente Dunleavy Road, con i finestrini abbassati per far entrare un po' d'aria fresca. Era metà mattina e il sole splendeva già alto nel cielo sereno. A bordo Ben si stava godendo la giornata di festa. Sul sedile posteriore era posato un piccolo contenitore termico pieno di bibite fresche e un cesto di vimini ricolmo di panini, dolci e frutta, oltre a un thermos con del caffè. Le previsioni meteorologiche confermavano che da martedì sarebbe arrivato il freddo, ma siccome il brutto tempo aveva avuto il buon gusto di rispettare il week-end, tanto valeva approfittarne con un bel pic-nic.
L'auto superò la villa del pittore sordo, quella di Laettner e alcune altre finchè si inoltrò decisamente in aperta campagna. Ben fece ancora qualche centinaio di metri finchè, subito sulla destra, trovò uno splendido spiazzo erboso dominato da una enorme quercia. Posteggiò l'auto sul margine estremo della strada, in modo da non ostacolare eventuali macchine di passaggio, e scese stiracchiandosi. Dieci minuti dopo Ben era comodamente sdraiato su un enorme plaid ai piedi della quercia. Aveva acceso la radio e si stava godendo il relax sorseggiando una lattina di birra.
L’incontro con Victoria Alexander era andato bene. L’attrice era una donna in gamba e aveva capito subito il problema del marito, con molta sensibilità. Ben si chiese oziosamente se sarebbero riusciti a salvare il loro matrimonio, ma solo il tempo avrebbe potuto dare una risposta.
La radio, in sottofondo, stava mandando in onda un po' di buona musica rock, inframezzata dalle solite chiacchiere del solito disk-jokey agitato ed interrotta ogni tanto dalle notizie del giornale radio. Adesso per esempio parlavano di nuovo della vicenda di Vim Baker, sempre latitante, che non si riusciva a trovare da nessuna parte.
In lontananza si sentirono due colpi secchi di fucile. La stagione di caccia era quasi alla fine e i cacciatori approfittavano della giornata festiva per le ultime uscite. Un pensiero improvviso si materializzo folgorante nella sua mente. Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio e poi li riaprì con un gran sorriso, battendo un gran pugno sul palmo della mano.
- Ci sono ! Ci sono ! – disse ad alta voce - Ho trovato la soluzione ! Ho trovato Vim Baker !
Ben ripercorse con calma il ragionamento che gli era passato per la mente e non trovò punti deboli. Il ragionamento filava perfettamente. Adesso però bisognava trovare le prove. Ma probabilmente gli sarebbe bastato fare un piccolo controllo quella stessa notte per avere quello che gli serviva.

* * * * *

Il cielo era sereno, ma la notte era scura anche senza nubi, perchè la luna era ridotta a una falce sottile. Quando Ben si rese conto di essere ormai vicino al suo obbiettivo spense i fari e rallentò notevolmente la velocità. Percorse le ultime centinaia di metri a passo d'uomo, stando attento a fare meno rumore possibile, poi accostò l'auto al margine della strada, spense il motore e scese.
Ben si guardò intorno, cercando di orientarsi tra le ombre scure delle case e degli alberi attorno a lui. Era piuttosto buio e non si vedeva nessuno. Le uniche luci erano quelle che venivano dalle finestre delle poche case lì attorno. Ben restò fermo accanto alla macchina e aspettò che gli occhi si abituassero lentamente all'oscurità. Si era portato dietro una torcia elettrica, per ogni evenienza, ma se fosse riuscito a farne a meno, almeno all'inizio, sarebbe stato meglio. Dopo qualche minuto, Ben si accorse la luce delle finestre era più che sufficiente per lui. Poteva muoversi senza problemi tra le case, senza sbagliarsi, mentre nessuno avrebbe potuto vedere lui, che aveva indossato abiti neri, per mimetizzarsi meglio nel buio. Perfetto, si disse, riponendo la torcia nella sacca di tela, anch'essa nera, che portava a tracolla.
Con una rapida occhiata Ben individuò la casa che cercava e si incamminò in quella direzione. La distanza era poca, ma Ben procedeva con molta cautela, fermandosi di tanto in tanto per maggior prudenza e ci mise una decina di minuti. Arrivato vicino alla cancellata sul retro, si fermò di nuovo per darsi un'occhiata intorno. Nessun segno di vita, intorno a lui. Nemmeno l'abbaiare di un cane. Molto bene. La cancellata era letteralmente coperta di rampicanti e in certi tratti quasi non si vedevano più le sbarre di metallo. Ben però sapeva cosa cercare. Continuando a camminare costeggiò lentamente la cancellata, osservando bene i segni per terra.
Ben cercava una porticina, un passaggio nella cancellata nascosto dal rampicante e per trovarlo non aveva che da guardare bene per terra. Il passaggio era stato sicuramente usato negli ultimi tempi, per cui per terra, tra il fogliame, dovevano essere rimasti i segni di chi era entrato ed uscito. Ben percorse una ventina di metri, poi si fermò, perche gli era sembrato di vedere per terra i segni che cercava. Alzò gli occhi verso la cancellata e la toccò con le mani. Era buio e non poteva certo sperare di scoprire l'apertura a vista. Ma al tocco sì, poteva riuscirci. Passò le mani sulla cancellata, stando attento a non pungersi con le erbe rampicanti, finchè le dita della mano destra urtarono una sporgenza di metallo. La toccò con tutte e due le mani e non ebbe dubbi: era una maniglia. Ben si concesse un gesto di esultanza. Se c'era la maniglia c'era anche la porticina, e se c'era la porticina voleva dire che era sulla strada buona.
Ora però doveva continuare, e qui aveva bisogno di un po' di buona sorte, perchè doveva trovare una superficie sufficientemente liscia. Inoltre, per fare quello che aveva in mente, doveva necessariamente accendere la torcia. Per fortuna si trovava sul retro della casa e il posto era completamente coperto dagli alti alberi del bosco, che si stendeva tutto intorno a lui. Ben accese la torcia e la puntò contro la porticina della cancellata. Adesso la vedeva bene e vedeva anche due o tre posti lisci e abbastanza larghi che avrebbero potuto trattenere impronte digitali.
Posò la torcia a terra, aprì di nuovo la sacca e ne tirò fuori alcuni oggetti, tra cui un pennellino a setole morbide. Era l'occorrente per rilevare le impronte digitali e, a pensarci bene, erano almeno due mesi che non lo usava più. Ma era ancora tutto in ordine e perfettamente funzionante. Lavorando senza fretta, ma anche senza fermarsi mai, Ben passò in rassegna l'intera la superficie della porticina, cercando tutte le impronte che poteva trovare. Ce n'erano quattro o cinque abbastanza buone e lui le rilevò una dopo l'altra. Venti minuti dopo aveva finito. Spense la torcia, rimise tutto nella sacca di tela e ritornò zoppicando verso la strada dove aveva lasciato l'auto. Il silenzio intorno a lui era completo. Ben si concesse un mezzo sorriso di soddisfazione: era andato tutto a meraviglia.

domenica 2 febbraio 2014

La tana della volpe - 8

CAP. 8 - Sabato


Erano ormai passati due giorni dalla sparizione del sindaco di Nelson e la polizia, nonostante i suoi fieri proclami, brancolava ancora nel buio. Non solo non si sapeva dove fosse, ma non erano riusciti neppure a farsi un'idea di cosa fosse successo. Vim Baker era semplicemente sparito nel nulla.
Avevano interrogato un mucchio di gente, nel vano tentativo di ricostruire quanto meno i suoi movimenti, da mercoledì mattina in poi, ma non erano riusciti a scoprire nulla: nessuna traccia, nessuna notizia, neppure una idea che fosse una su cui lavorare. Alcuni dicevano che si era rifugiato all'estero, ma erano affermazioni così, buttate a caso. Nè dagli aeroporti nè dai moli delle partenze delle navi risultava nulla. Ma non voleva dire. Poteva essersi imbarcato come clandestino. Nulla nemmeno dalle stazioni ferroviarie, ma anche questo non voleva dire molto. La maggioranza degli investigatori della polizia riteneva che Baker si fosse eclissato a bordo di un'auto (non la sua, perchè quella era rimasta al suo posto) e si fosse nascosto da qualche parte.
Non era chiaro però di quale auto potesse trattarsi e, d'altra parte, non era nei posti soliti che frequentava durante l'anno, perchè erano stati controllati tutti. Probabilmente si era trovato una sistemazione provvisoria, mai utilizzata prima, ma erano tutti convinti che anche così non sarebbe durato molto, perchè Baker era abbastanza noto nella zona. Se invece Baker si era trasferito molto lontano, sulla costa ovest per esempio, o nell'interno, era diverso. Ma gli inquirenti contavano molto sul fatto che i giornali e le televisioni avevano ormai fatto entrare la sua faccia in tutte le case e qualcuno, prima o poi, avrebbe notato qualcosa.
Inoltre era stato promesso un ricco premio per la sua cattura, ben 20 mila dollari offerti dal Municipio di Nelson; un premio che poteva fare "gola" a molta gente. Il Capo della Polizia aveva dato istruzioni di continuare le ricerche, ma si aspettava di risolvere il caso tramite la classica soffiata. Sapeva per esperienza che se un'intera nazione si impegna in una caccia all'uomo, e per di più c'è un ricco premio da incassare, la preda non ha nessuna possibilità di salvezza. Era solo questione di tempo.

* * * * *

Vim Baker scostò lentamente la tendina e guardò fuori dalla finestra. Il cielo era sereno e si preannunciava un'altra bella giornata. Decisamente quel settembre non finiva di stupire. Le previsioni del tempo dicevano che non sarebbe durato, che nel giro di due o tre giorni sarebbe arrivata una perturbazione che avrebbe portato vento freddo e forse anche pioggia. Ma per il momento il tempo era ancora bello e tanto valeva goderselo.
Baker si chiese se era il caso di uscire, e concluse che per il momento doveva stare attento a non esagerare. Più avanti forse. Per il momento non era prudente farsi vedere fuori troppo spesso. Si sedette in poltrona e accese la televisione su un canale che trasmetteva notizie 24 ore su 24. Non aveva ancora incominciato a procurasi i giornali, per cui si accontentava di seguire le notizie alla televisione. Più che altro lo divertivano le agitazioni della polizia per cercare lui. Un vero spasso. Poveri illusi: non l'avrebbero mai trovato. Era troppo intelligente per loro. Era stato talmente previdente nella sua strategia che nessuno poteva immaginare dove si fosse rintanato adesso. Nessuno poteva scoprirlo. Nè ora nè mai, anche perchè il tempo giocava decisamente a suo favore.
Anche "South Dakota" non era più un problema. Se ne stava, ormai inoffensivo, nei boschi di Nelson, debitamente nascosto sotto due metri di terra. Aveva voluto incontrare Baker giovedì notte, per essere pagato per l'ultima volta e lui lo aveva "pagato" per sempre. Era sotterrato bene e nessuno lo avrebbero trovato. E poi, se anche l'avessero trovato, nessuno avrebbe capito.

* * * * *

Ben guardò compiaciuto il fascicolo con la relazione per Victoria Alexander che aveva appena finito di preparare. Era venuto proprio bene. Adesso non restava che telefonare alla sua cliente. L'attrice era in casa e rispose dopo pochi squilli.
- Signora Alexander, buongiorno. Sono Ben Wallace. Come va ?
- Male grazie.
Oddio, pensò Ben, vuoi vedere che la situazione e precipitata e i rapporti con suo marito si sono rovinati del tutto ? Speriamo di no.
- Non dite così, signora. Cos’è successo ?
- Abbiamo dovuto interrompere le rappresentazioni della commedia.
Meno male, si disse Ben, il marito non c'entrava.
- Problemi con il teatro ? - chiese.
- No, è una cosa incredibile. Uno dei nostri attori se ne è andato, così all'improvviso, senza dirci niente. E noi siamo rimasti nei guai.
- Accidenti. E quando è successo ?
- Ieri. Eravamo tutti a teatro pronti per la rappresentazione e lui non è venuto. Così abbiamo dovuto annullare lo spettacolo e mandare a casa gli spettatori. Una vergogna. In tanti anni di teatro non mi era mai successa una cosa simile.
- Mi dispiace. Che attore era ?
- Shawn Bradley, quello che faceva mio marito nella finzione.
- Lo ricordo. Era bravo.
- Lo so. Era una delle colonne dello spettacolo.
- Beh, ma gli attori si possono anche sostituire. - disse Ben cercando di consolarla.
- Certo, per carità. Ma prima bisogna trovare qualcuno disponibile, che abbia il fisico adatto per il personaggio. E poi deve imparare la parte. Insomma, prima di essere di nuovo a posto possono passare anche 8 o 10 giorni. Proprio adesso che la commedia andava benissimo.
- Mi dispiace. Meno male che io sono già venuto a vederla. Mi sono divertito molto, sapete ?
- Mi fa piacere.
Bene, si disse Ben, e adesso parliamo di cose serie.
- Sentite, signora, io vi telefonavo per la faccenda di vostro marito.
- Avete già terminato l’incarico ?
- Direi di sì. Qui sulla mia scrivania c'è il fascicolo pronto con tutto quello che ho raccolto. Mi piacerebbe portarvelo di persona e discuterne con voi.
- Sì, certo - disse la donna perplessa.
- Volete che venga io a casa vostra ? Quando vostro marito non c'è, beninteso.
- No, non è il caso, vengo io da voi. Tanto ora siamo fermi con la commedia e non ho nulla da fare. Oggi pomeriggio va bene ?
- Benissimo.
- Ma, ditemi signor Wallace... mio marito ha un'altra donna o no ?
- Direi di no, signora.
- Meno male ! - disse Victoria emettendo un profondo sospiro di sollievo. Dopo le complicazioni del teatro, una buona notizia le ci voleva proprio.
- Comunque oggi vi spiegherò meglio. Per che ora sarete qui ? - chiese Ben.
- Per le quattro, quattro e mezzo.
- D'accordo. Vi aspetto.