domenica 26 gennaio 2014

La tana della volpe - 7

CAP. 7 - Giovedì

Alle nove di giovedì mattina Ben aveva già raccolto tutte le informazioni che servivano su Sam Cassell, e c’era abbastanza per far balzare sulla sedia il suo cliente. Telefonò alla Atlantic Trust e chiese di Laettner. Gli rispose l'ufficio di segreteria del presidente.
- Mi dispiace - disse una voce femminile molto educata - ma il dottor Laettner non è in banca, questa mattina.
- E' nel suo studio, per caso ? - chiese Ben ricordandosi che Laettner aveva anche uno studio privato di commercialista.
- No.
- Allora dove posso rintracciarlo ?
- Non saprei. Credo che sia impegnato - disse la ragazza in tono evasivo.
Ben capì che era reticente di proposito. Forse aveva avuto istruzioni da Laettner di non disturbarlo. Ma per lui avrebbe sicuramente fatto un'eccezione.
- Senta, io mi chiamo Ben Wallace e devo parlare urgentemente con il dottor Laettner. Non ha lasciato istruzioni nel caso che io lo cercassi ?
- Aspettate - la ragazza era un tipo sveglio e capì subito la situazione. Consultò gli appunti davanti a lei e vide che effettivamente le istruzioni c'erano - Il dottor Laettner è a casa, signor Wallace, e vi prega di telefonargli. Volete il numero ?
- No grazie, ce l'ho già.
Ben posò il telefono, consultò l'agenda e fece il numero della villa. In pochi minuti Laettner fu all'apparecchio. Disse che era contento che ci fossero già delle novità e accettò di ricevere subito Ben. Era rimasto a casa più che altro per prudenza, perchè l'influenza se ne stava andando e si sentiva quasi guarito. Ben prese l'auto e partì verso la villa di Laettner.

* * * * *

Erano quasi le dieci quando Ben lasciò l'estrema periferia di Bristow e imboccò Dunleavy Road. La giornata era bella come nei giorni precedenti, ma la temperatura era leggermente più fresca. O così almeno sembrava a Ben. Era soltanto la seconda volta che andava da quelle parti, ma si sentiva un poco come se fosse a casa sua. Non c'era traffico sulla strada. Nessuna auto dietro di lui e neanche in senso inverso. Ben ne approfittò per rallentare quasi a passo d'uomo e ammirare dal finestrino le villette e i giardini intorno a lui.
Arrivato al numero 57, quello del pittore sordo, non resistette alla tentazione di sbirciare dentro. Il tizio era di nuovo lì, sempre di spalle rispetto alla strada, ma stavolta non stava dipingendo. Aveva una lunga gomma verde in mano e stava innaffiando i fiori. Improvvisamente un colpo di fucile isolato si levò dalla fitta boscaglia che si estendeva verso la collina. L'uomo voltò il capo istintivamente e Ben, quasi inconsciamente, corse con lo sguardo all'orecchio del "pittore": l'apparecchio acustico non c'era.
Che strano, pensò Ben. Forse l'aveva dimenticato in casa, eppure aveva sentito lo stesso. D'altra parte il colpo di fucile veniva da vicino ed era abbastanza forte. Ben rimise in moto l'auto e la ghiaia a lato della strada crepitò un poco sotto le gomme. L'uomo sentì il rumore e si voltò verso il cancello. Ma che razza di sordo era, quello, che ci sentiva anche senza apparecchio ? Boh, non erano affari suoi. Ben non voleva mettersi in mostra, nè rischiare di mettere in imbarazzo quel poveretto. Accelerò leggermente e proseguì senza più fermarsi verso la villa di Laettner.

* * * * *

- Vim Baker ? Cassell trafficava con Vim Baker ? - esclamò Laettner incredulo.
- Proprio lui. - confermò Ben.
- Ma guarda, ma guarda.
Ben aveva appena consegnato il suo fascicolo al vecchio presidente, che lo stava sfogliando con grande interesse. E quando era arrivato nel punto in cui Ben raccontava degli strani legami tra Sam Cassell e il sindaco di Nelson, Laettner era letteralmente impallidito.
- Sino a qualche settimana fa, la cosa non sarebbe stata particolarmente grave , - disse Ben - ma con quello che sta succedendo ora a Nelson...
- Pfui... - disse Laettner con espressione disgustata - Baker non mi piaceva per niente neppure prima.
- Cassell aveva una tecnica collaudata. Creava delle piccole società con qualche altro socio, vinceva gli appalti con il comune di Nelson e portava a termine i lavori.
- Ovviamente gli appalti erano truccati.
- Penso proprio di sì. Purtroppo in soli due giorni non ho potuto raccogliere prove in tal senso.
- Non ha importanza - borbottò Laettner.
- Quindi - continuò Ben - finiti i lavori liquidava gli altri soci e scioglieva la società, cercando di pagare i creditori il meno possibile, magari al 50 per cento. Così, pagato Baker, rimaneva ancora un bel gruzzoletto tutto per lui.
- E che gruzzoletto. Cassell ormai è un uomo ricco, molto ricco, ed è tutto frutto della truffa e dell'inganno - concluse Laettner amaramente.
- Beh, non del tutto - precisò Ben - Bisogna dare atto a quell'uomo di una notevole dose di intelligenza. Secondo la mia ricostruzione dei fatti, Cassell ha usato sistemi poco puliti solo all'inizio, per farsi le basi. Poi, una volta diventato ricco, si è dato ad affari decisamente più rispettabili.
- Sarà, ma per me non cambia molto. Un tipo così può cadere nelle vecchie abitudini da un momento all'altro. Non potrei mai fidarmi di lui – disse l'anziano presidente versandosi due dita di whisky nel bicchiere - Adesso fa la persona onesta e magari lo è anche diventato, perchè se lo può permettere. Ma alle prime difficoltà la sua vera natura verrebbe di nuovo fuori. E' inevitabile. Non potrà mai essere una persona affidabile.
- A questo punto, continuo le mie indagini ? - chiese Ben.
Laettner si passò una mano tra i capelli, perplesso.
- Potrebbe continuare, sì. Ma in realtà in cuor mio ho già deciso. Rischierebbe di essere solo lavoro inutile.
- Come volete - fece Ben.
- Sentite, facciamo così: per il momento sospendete. Io ne parlerò con gli altri soci e vedrò come la pensano. Se sono d'accordo con me lasciamo perdere tutto. Se qualcuno è di parere contrario, vedremo di farvi fare delle altre indagini.
- O.K. - convenne Ben - mi sembra ragionevole.
Laettner battè con una mano sul fascicolo che Ben gli aveva portato.
- Potete farmene altre quattro o cinque copie, di questo ?
- Sicuro.
- Allora mandatemele pure in banca. Mi sento già molto meglio e domani sarò di nuovo in ufficio.
- Le avrete in mattinata.

* * * * *

Al telegiornale di mezzogiorno esplose finalmente la notizia che tutti più o meno si aspettavano: il procuratore distrettuale aveva finalmente ottenuto dal giudice un mandato di comparizione contro il sindaco di Nelson. La notizia però non era sola. Ce n'era un altra ancora più clamorosa: Vim Baker si era reso irreperibile e nessuno sapeva dove fosse. In municipio non lo vedevano da martedì sera, e così nella sua abitazione. I poliziotti prima, e i giornalisti poi, avevano interrogato ripetutamente i suoi collaboratori d'ufficio e la sua governante, ma nessuno era in grado di dire che cosa fosse veramente successo.
Susan Elliott, la segretaria personale di Baker, fu subito interrogata circa gli ordini che Baker gli aveva impartito lunedì pomeriggio.
- Cosa vi disse esattamente ? - chiese il poliziotto.
- Di annullare tutti gli appuntamenti per il Mercoledì.
- Aveva appuntamenti importanti ?
- No, niente di particolare.
- Vi disse a quando spostarli ?
- No. Mi disse solo di spostarli a quando volevo.
- Vi sembrava alterato ?
- In che senso ?
- Gli ordini vi vennero dati di persona o con l'interfono ?
- Con l'interfono.
- Vi sembrava che la sua voce fosse alterata, diversa dal normale ?
- Direi di no.
- Era normale per Baker spostare degli appuntamenti così, all'improvviso ?
- Sì, abbastanza.
- Per tutta una giornata intera ?
- Questo succedeva più raramente, ma succedeva.
- Vi ha detto che mercoledì non si sarebbe fatto vedere in municipio ?
- No. Ma era ovvio. Nessuno di noi si aspettava di vederlo.
- E vi ha detto quando sarebbe ritornato ?
- Neppure. Ma siccome non aveva spostato anche gli appuntamenti di giovedì, pensavamo tutti che sarebbe stato assente un giorno solo.
- Avete idea di dove possa essere andato ?
- No. Non mi ha detto nulla.
- Cosa avete pensato giovedì quando non lo avete visto arrivare ?
- Ho chiesto in giro, negli uffici degli assessori, se qualcuno sapeva qualcosa.
- E cosa vi hanno detto ?
- Nessuno sapeva niente.
- Allora cosa ha fatto ?
- Ho incominciato a preoccuparmi. Ho pensato che non stesse bene e ho telefonato a casa.
- Lo ha trovato ?
- No. C'era solo la sua governante, la signora Dumars.
- E cosa vi ha detto ?
- Che non sapeva niente nemmeno lei, perchè era da martedì sera che non lo vedeva.
- E allora avete avvertito la polizia ?
- Esatto.
- Bene, per il momento potete andare. Se sarà necessario vi richiameremo noi.
- Grazie.
Anche Josephine Dumars, la governante-cameriera di Vim Baker, non ne sapeva molto di più.
- Quando avete visto Baker per l'ultima volta ?
- Martedì sera.
- Vi sembrava alterato ?
- Come, scusi ?
- Vi sembrava strano ? Preoccupato ?
- Il signor Baker era spesso preoccupato.
- Cosa vi ha detto ?
- Che l'indomani mi avrebbe lasciato la giornata libera.
- Qual era normalmente la vostra giornata libera ?
- Il venerdì.
- Non vi siete stupita che vi desse un giorno in più ?
- No, perchè si trattava solo di uno scambio.
- In che senso ?
- Il signor Baker mi ha detto che quel venerdì avrebbe avuto bisogno di me. Perciò mi lasciava libero il mercoledì per non farmi perdere la giornata di riposo.
- E voi avete accettato ?
La donna si strinse nelle spalle.
- Per me un giorno vale l'altro.
- Vi ha detto dove sarebbe andato ?
- No. Non me lo diceva quasi mai.
- Quando siete tornata voi alla villa ?
- Mercoledi sera.
- Cosa avete trovato.
- Niente. Il signor Baker non c'era.
- Non vi ha lasciato un messaggio ?
- No, e questo mi ha stupita un poco.
- Perchè ?
- In genere il signor Baker aveva l'abitudine di lasciarmi dei messaggi, anche brevi. Non sempre però.
- E allora cosa avete pensato ?
- Che si fosse semplicemente dimenticato.
- Quando avete incominciato a preoccuparvi ?
- Giovedì mattina. Quando mi ha telefonato la signorina Elliott dall'ufficio.
- Avete idea di dove possa essere andato il signor Baker.
- No, nessuna.
Il poliziotto sospirò. Nessuno che sapesse niente.
- O.K., per il momento è tutto. Tenetevi a disposizione.
- Sì, signore.
Anche se la polizia non aveva tracce precise da seguire, nessuno poteva avere dei dubbi su quello che era successo: Vim Baker era scappato. In circostanze normali si poteva pensare ad altro, a un incidente o a un rapimento. Ma non in un caso come quello. Con le indagini già in corso e il mandato di comparizione emesso il mattino stesso, quello che era successo era fin troppo evidente: Baker aveva percepito il pericolo ed era fuggito per evitare l'arresto.
Ma quando se ne era andato, esattamente ? E con quale mezzo ? E dove poteva trovarsi ora ? Tutte domande senza risposta, dicevano i cronisti che avevano parlato con la polizia. Comunque la macchina della legge si era messa in moto con tutta la forza della sua organizzazione. Tutti i poliziotti della regione erano in stato di allerta. Avevano messo posti di blocco alle strade, controllato i mezzi pubblici di trasporto, interrogato gli impiegati delle biglietterie ferroviarie, aeree e degli autobus, verificato le navi in partenza, messo in allarme i loro informatori. Era una caccia all'uomo in piena regola, quella, e tutti erano convinti che la preda, trattandosi oltretutto di una preda famosa, non avrebbe potuto avere scampo. Era solo una questione di tempo, poi anche Vim Baker sarebbe caduto nella rete.

domenica 19 gennaio 2014

La tana della volpe - 6

CAP. 6 - Lunedì


- Ovviamente, il completamento dei lavori non potrà avvenire prima di Natale - disse l'uomo biondo con gli occhiali.
- E allora ? - disse Vim Baker con voce stanca, stringendosi nelle spalle - Non è mica un problema.
- No ?
- No. Basta che sia tutto finito prima della visita del Governatore.
- Che sarebbe... ?
- Il 14 o il 15 di Gennaio.
- Allora ce la facciamo di sicuro - confermò il biondo - Continuo ad occuparmene io ?
- Certo, perchè non dovresti ? - rispose Baker - Però tienimi informato.
- O.K. Ne parlerò oggi stesso col direttore dei lavori. Conto di farti sapere qualcosa entro la fine della settimana.
- D'accordo.
L'uomo biondo con gli occhiali, che altri non era se non l'assessore ai lavori pubblici, raccolse i suoi incartamenti e lasciò la stanza del sindaco. Baker socchiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia. La sua mente abbandonò rapidamente il problema dei lavori per il Governatore, di cui a quel punto non gli importava più un "fico secco" e ritornò al suo pensiero dominante.
Dunque, si disse, cerchiamo di stabilire il giorno giusto. Oggi ovviamente no. E' già troppo tardi. Domani nemmeno. C'è l'incontro con l'associazione degli industriali, il pranzo con il presidente vicario, la conferenza stampa. Troppi impegni e tutti importanti. Non posso mancare, convenne Baker, se ne accorgerebbero subito tutti.
Mercoledì... Ecco, mercoledì sarebbe andato benissimo. Nessun impegno particolare, che si ricordasse a memoria, il che voleva dire che non c'era niente di veramente importante. Poteva rinviare gli appuntamenti e andarsene alla chetichella. Prima che qualcuno si fosse accorto di qualcosa sarebbe stato giovedì. Troppo tardi per pescarlo. Perfetto. Baker schiacciò il pulsante dell'interfono.
- Dite dottor Baker - disse una voce femminile.
- Che appuntamenti ho per mercoledì ?
- Un attimo solo - disse la segretaria.
Restò qualche istante in silenzio, poi rispose.
- Non c'è molto. Alle 9 c'è una riunione con l'assessore e il direttore della nettezza urbana per il problema della raccolta differenziata. Alle 11,30 sarete alla scuola elementare Kennedy per incontrare i bambini. Questo per quanto riguarda il mattino. Al pomeriggio...
- Un attimo, Susan. - la interruppe il sindaco - Sono a pranzo con qualcuno ?
- No.
- Bene. Continua.
- Alle 15,30 viene il tipografo con le bozze di stampa dei depliant illustrativi per la Fiera del Libro. Infine alle 17,15 dovrebbe venire il parroco della parrocchia di St. Joseph per quegli aiuti alla mensa dei poveri, ma deve confermare.
- Niente altro ?
- Niente altro.
- Ok. Allora disdici tutto.
La ragazza non fece una piega. Susan Elliott era la segretaria personale di Vim Baker ormai da due anni, ed era abituata a quei cambiamenti improvvisi. Guadagnava bene, niente da dire. Però doveva occuparsi delle questioni più delicate, come ad esempio disdire gli appuntamenti senza che le altre persone si offendessero. Non era facile e nemmeno piacevole, ma faceva parte del suo lavoro.
- Sposto tutto più avanti ?
- Sì. Vedi tu quando.
- D'accordo.
Baker spense l'interfono e guardò l'orologio: le quattro meno un quarto. Speriamo che sia ancora a casa, si disse. Prese il telefono e compose un numero che conosceva a memoria. Rispose una voce d'uomo.
- Sì ?
- Vermont a South Dakota - disse Baker.
- Sono io.
- Ho deciso. E' per mercoledì.
- Va bene.
- E' arrivato il pacco ? - chiese Baker.
- E' arrivato.
- Perfetto.

* * * * *
Alle quattro e dieci Ben era ancora nello studio intento a lavorare con l’aiuto di Pico. La sede della Atlantic Trust non era lontana e poteva arrivarci a piedi in meno di un quarto d'ora. Era nel bel mezzo di una relazione quando il telefono squillò.
- Agenzia Wallace.
- Il signor Ben Wallace ? - chiese una voce d'uomo.
- Sono io.
- Sono Christian Laettner.
- Signor Laettner, buongiorno ! Stavo giusto preparandomi per venire da voi.
- C'è un piccolo contrattempo - disse l'uomo con voce stanca.
- L'appuntamento è rinviato ?
- No. E' che non mi sento molto bene e stamattina non sono andato in ufficio. Sono a casa mia, ma preferisco non rimandare. Potete venire da me, anzichè in Banca ?
- Certo. Non c'è problema. Datemi l'indirizzo.
- Dunleavy Road 59.
- Ma è fuori città... - scappò detto a Ben.
- La disturba la cosa ?
- Ho la macchina dal meccanico. In banca sarei venuto a piedi.
- Non vi preoccupate. - disse Laettner - Prendete un taxi e mettete la spesa in conto.
- D'accordo.
Ben guardò l'ora: le quattro e venticinque.
- Volete che venga subito ? - chiese.
Laettner ci pensò sopra un attimo.
- Se non vi dispiace. Non mi sento tanto in forma e preferisco levarmi il pensiero il più presto possibile.
- Allora ci vediamo fra poco.

* * * * *

Non c'era molto traffico, quel giorno. In poco più di venti minuti il taxi chiamato da Ben si lasciò alle spalle il centro della città, arrivò alla periferia nord di Bristow e svoltò in Dunleavy Road. Era quella una delle più belle zone residenziali della città, piena di ville e villette, ben distanziate tra loro e circondate da ampi giardini. Un posto per gente ricca. La strada, piuttosto stretta ma molto lunga, si snodava sinuosa partendo dall'estremità nord della città e si dirigeva per alcuni chilometri verso l'aperta campagna.
Dietro le villette si vedevano distese di campi, ora verdi ora coltivati, e boschi fitti di alberi d'alto fusto, per lo più latifoglie. Era stagione di caccia e la quiete della campagna era rotta ogni tanto da spari isolati. Ben non era mai venuto in quella zona e stava ammirando le splendide ville e gli altrettanto splendidi giardini. La numerazione era irregolare, come spesso succede nelle strade di periferia in mezzo alla campagna, ma il tassista sapeva il fatto suo e procedeva sicuro. Ben vide il numero 43, seguito dal 47 e dal 49. Poi il 55, subito dopo l'incrocio con una stradina sterrata. Probabilmente la numerazione proseguiva nella stradina. Il panorama affascinante e la giornata splendida fecero venire voglia a Ben di scendere prima per camminare un po'. Quando vide il 57 si rivolse al tassista.
- Ok, lasciatemi pure qui. Faccio due passi a piedi.
- Come volete. Sono 25 dollari.
Ben pagò la corsa, si fece dare la ricevuta e scese dall'auto. Il taxi fece una difficoltosa inversione di marcia e ritornò verso la città. Ben si guardò intorno soddisfatto, respirando avidamente l'aria pura della campagna. Che bei posti, si disse, l'ideale per un pic-nic. Se il tempo bello continua, voglio tornarci una domenica. Passerei una giornata splendida. Si incamminò lentamente e passò davanti alla cancellata del n.57. Era una bella villa, di stile antico, piuttosto piccola, ma molto ben fatta.
Sul prato davanti alla casa c'era un signore, non più giovane, seduto davanti ad un cavalletto, che dipingeva. Ben Wallace amava molto la pittura e la curiosità lo fece avvicinare ancora di più. L'uomo era piuttosto robusto, con il viso rasato e i capelli screziati di bianco. Stava dipingendo un paesaggio. Piuttosto ben fatto, a dire il vero, anche se non lo si poteva certo definire un capolavoro. In quel momento dalla boscaglia dietro alla villa si levarono due colpi di fucile ravvicinati e l'uomo voltò il capo indispettito. Evidentemente non gli piaceva la caccia, oppure teneva solamente alla propria tranquillità.
Ben vide fugacemente in viso il pittore sconosciuto ed ebbe l'impressione che gli ricordasse qualcuno. Notò anche che l'uomo portava uno strano aggeggio sull'orecchio sinistro: un apparecchio acustico, probabilmente. Ma non era proprio il caso di mettersi a fare il ficcanaso con uno sconosciuto. Ben alzò lo sguardo davanti a lui e a un centinaio di metri di distanza, proprio prima che la strada svoltasse ancora verso destra, vide la villetta successiva. Era sicuramente la numero 59, quella di Laettner. Riprese a camminare e si diresse deciso verso la villa di Laettner.

* * * * *

Christian Laettner accolse Ben indossando una vestaglia da camera marrone di seta leggera ed un foulard color crema annodato al collo. Si capiva che non stava troppo bene per via dello sguardo un po' febbricitante, ma emanava ugualmente la sua consueta forza interiore. Ben era vestito impeccabilmente, come al solito, con una camicia bianca e una cravatta blu, quasi unita.
- Accomodatevi - disse l'anziano banchiere a Ben, sedendosi a sua volta su una delle poltrone del suo studio - Preferisco stare seduto, mi stanco di meno. Uno scotch ?
- Veramente non bevo liquori.
- Un vero virtuoso.
Laettner suonò un campanello, poi si versò un mezzo bicchiere di whisky e incominciò a centellinarlo. In un attimo comparve la cameriera.
- Dite voi quello che desiderate - chiese Laettner.
- Una birra andrà benissimo.
Laettner fece un cenno alla cameriera che annuì e se ne andò.
- E' proprio bello, qui, sa ? - disse Ben con sincera ammirazione.
- La casa ?
- Anche, ma soprattutto il posto. C'è una pace incredibile, da queste parti.
- Sì. E' una zona magnifica.
- Pensate che mi sono fatto lasciare un po' prima dal taxi, solo per il piacere di guardarmi un po' attorno.
- Peccato solo che sia stagione di caccia e che ogni tanto si sentano questi orribili colpi.
- Non vi piace la caccia ?
- Non mi piace il rumore.
- Vi capisco - convenne Ben con un sorriso - A proposito, nella villa prima della vostra ho visto uno strano tizio, in giardino.
- Ah sì. Il pittore.
- E' proprio un pittore ? - chiese Ben incuriosito.
- Non so. Sono io che lo chiamo così.
- In effetti l'ho visto dipingere.
- Lo fa spesso, ma non so nulla di lui. So che si chiama Cris Webber perchè l'ho letto sulla targhetta del campanello. Ma niente altro.
- E’ arrivato da poco ? – chiese Ben.
- Neanche tanto. E qui da circa due anni. Il fatto è che è un misantropo incredibile. Sta sempre chiuso in casa, salvo qualche volta, quando è bel tempo. Allora esce in giardino e si mette a dipingere. Ma sempre senza dire mai una parola con nessuno.
- Forse è in imbarazzo perchè è sordo.
- Sì è vero. Come fate a saperlo ?
- Mi sono accorto per caso che portava l'apparecchio.
- Complimenti per lo spirito di osservazione - disse Laettner sinceramente ammirato.
- Beh, è il mio mestiere. Non esce mai fuori dalla villa ?
- Si, ogni tanto. Ma solo in macchina. Poi se ne sta giorni e giorni chiuso in casa, senza farsi vedere.
- Sempre da solo ?
- Sempre da solo.
Ben scrollò il capo.
- Probabilmente è proprio un pittore in pensione che non ha più tutte le rotelle a posto.
- Possibile - ammise Laettner.
In quel momento entrò la cameriera, con un vassoio d'argento su cui portava un boccale di birra chiara. La ragazza posò il bicchiere sul tavolino e uscì di nuovo dalla stanza. Ben prese la sua birra e incominciò a sorseggiarla con soddisfazione. Era deliziosamente fresca, con la schiuma al punto giusto e il gusto era ottimo.
- Allora, signor Laettner, parliamo di lavoro adesso.
- Giusto. Bene, ho un incarico per voi. Ma vi dico subito che è una cosa delicata.
In poche parole, col suo tipico modo di fare conciso ed esauriente, Laettner raccontò a Ben Wallace la storia di Sam Cassell. Delle sue proposte per entrare nella banca come nuovo socio, della convenienza economica della sua offerta ma anche delle sue perplessità sulla sua persona.
- Quell'uomo non mi convince, ecco tutto. Ma non posso accontentarmi di una sensazione. E' una scelta troppo importante, questa, per il futuro della nostra banca, e voglio avere qualche elemento concreto su cui basarmi, prima di decidere. Vorrei capire come ha fatto la sua fortuna. A tutti noi è capitato qualche volta di scendere a compromessi. Nel campo degli affari, sono cose che capitano. Ma c'è modo e modo. Se avesse fatto ricorso a comportamenti scorretti o addirittura illegali per arrivare al successo, non potrei mai accettarlo.
- Capisco.
- E poi - continuò Laettner - mi interessa sapere quale grado di affidabilità si può attribuire a quell'individuo come socio. Dovrà cercare di parlare con qualcuno che è stato in affari con lui e capire se è un alleato affidabile o no. Se è un tipo leale, che cerca di perseguire il bene della società o se è un lupo solitario, che tira sempre e comunque solo l'acqua al suo mulino.
Ben continuò a sorseggiare la sua birra, mentre rifletteva su quello che gli aveva detto Laettner.
- Magari - disse pensieroso - si può vedere se ha tuttora dei legami con persone poco raccomandabili, che possano ricattarlo.
- Ecco sì, anche questo può essere utile - convenne Laettner.
- Cosa potete dirmi di Cassel ? - chiese Ben - Tanto per avere una base da cui partire.
Laettner prese una piccola busta bianca che teneva nella tasca della vestaglia.
- Ecco, qui dentro c'è il poco che so. Dove è nato, quanti anni ha, dove abita, il nome della sua società finanziaria e poco altro.
Ben prese la busta senza aprirla, per delicatezza nei confronti del suo cliente. L'avrebbe fatto in ufficio.
- Tocca a voi scoprire tutto il resto - concluse Laettner - Non ci sono limiti particolari di tempo. Ma avrei piacere di sapere qualcosa già per la fine della settimana.
- Farò il possibile.
Ben uscì dallo studio e chiese alla cameriera di chiamargli un taxi. Poi si fece accompagnare al cancello e senza aspettare che l'auto arrivasse, uscì fuori sulla strada per godersi gli ultimi raggi di sole. Si incamminò lentamente verso la città e ripassò davanti alla cancellata del numero 57. Guardò dentro spinto dalla sua irrefrenabile curiosità, ma il pittore sordo non c'era più. Probabilmente era rientrato in casa. Improvvisamente gli venne in mente a chi assomigliava quel tipo, nonostante la differenza di età: a Shawn Bradley, l'attore che faceva il marito cornuto nella commedia di Nelson. Poteva sembrare suo padre.

* * * * *

Finito di cenare, Ben prese il telecomando e accese la televisione. Era appena iniziato il telegiornale. Il giornalista dallo studio stava annunciando, con la faccia seria di circostanza, un collegamento importante con la sede di Nelson.
La sensazione diffusa – stava dicendo l’inviato - è che la denuncia presentata la settimana scorsa contro il sindaco Baker non solo abbia un suo fondamento, ma rappresenti soltanto la punta dell’iceberg. Un iceberg che rischia di rivelarsi molto più grande di quanto ci si possa immaginare. Vim Baker, da parte sua, ostenta una grande tranquillità, ma sappiamo che oggi pomeriggio è stato ascoltato dal procuratore distrettuale. "
"Ci sono state dichiarazioni ufficiali, al termine del colloquio ? " - chiese l'annunciatore dallo studio centrale.
" No." - rispose l'inviato - " Il procuratore non ha voluto rilasciare commenti, anche se aveva la faccia più seria e "tirata" del solito."
" E il sindaco Baker ? "
" Vim Baker si è limitato a due parole di circostanza. Ha detto che si era trattato di un semplice incontro tra amici e che era assolutamente certo che tutto si sarebbe risolto positivamente."
" Quali saranno i prossimi sviluppi, secondo quanto si può prevedere ? " - chiese ancora lo studio centrale.
" Difficile dire " - continuò l'inviato - " Secondo alcune voci che abbiamo raccolto, il procuratore distrettuale avrebbe ordinato altri interrogatori e forse qualche perquisizione, ma sul punto non abbiamo conferme ufficiali. Certo se dovesse saltare fuori qualcosa di concreto potrebbe anche scapparci una comunicazione giudiziaria a Baker. "
" E questo tra quanti giorni ? "
" Secondo alcuni giornalisti, che ritengono fondate le accuse contro Baker, il mandato di comparizione potrebbe arrivare già per la fine di questa settimana. A voi la linea."
Il collegamento con Nelson venne chiuso e l'immagine ritornò sullo studio centrale.
"Si tratta di una vicenda che, in ogni caso, lascerà strascichi per parecchio tempo. Ringraziamo il collega di Nelson e vi promettiamo nuove notizie su questa inchiesta nel notiziario di domani. E passiamo ora alle notizie sportive”.


domenica 12 gennaio 2014

La tana della volpe - 5

CAP. 5 - Venerdì


Per il secondo giorno di pedinamento, Ben decise di lasciar perdere il bar della sera prima. Ci sarebbe tornato ancora, nei giorni successivi, ma preferiva non andarci per due giorni di fila, per non farsi notare troppo. Non si poteva mai sapere. Posteggiò l'auto all'angolo della strada e vi rimase sopra, fingendo di leggere un giornale, ma senza mai perdere di vista il portone della Eastern National Bank. Poco dopo le cinque e mezzo incominciò la solita uscita in massa degli impiegati. Ben cercava di non perdersi una faccia, perchè Bullard poteva anche decidere di uscire prima del solito.
Alle sei meno venti le uscite incominciarono a diradarsi. Una, due persone al massimo, alla spicciolata. Qualche ritardatario che si era fermato per terminare un lavoro urgente, o semplicemente a finire di chiacchierare con i colleghi. Ben stava già preparandosi mentalmente ad un'altra mezz'oretta di attesa, quando vide spuntare la figura caratteristica di Matt Bullard che usciva impettito come suo solito, salutando con un cenno le guardie giurate. Con calma, per non farsi troppo notare, Ben scese dalla vettura e si inserì tra la folla sul marciapiede per seguire Bullard.
Il suo uomo era uscito prima del solito e Ben sentiva che quello poteva essere il giorno buono. Oltretutto aveva l'impressione che l'uomo camminasse con passo più spedito del giorno prima, come se fosse impaziente di arrivare a destinazione. Arrivato al secondo isolato, Bullard anzichè proseguire diritto, come doveva fare per recarsi a casa, svoltò a sinistra e si diresse verso il centro della città. Certo non voleva dire niente. Magari doveva solo andare a fare compere. Ma Ben sentiva uno strano formicolio sulla schiena, segno che stava per succedere qualcosa.
L'uomo continuò a camminare per la strada principale, poi svoltò ancora, a destra questa volta, verso il dedalo di viuzze che caratterizzavano la zona vecchia della città. Il traffico delle auto non era intenso, ma quello dei pedoni sì, per cui Bullard non poteva andare troppo veloce. Perciò Ben non aveva difficoltà a tenere il contatto visivo, senza correre il rischio di avvicinarsi troppo. Arrivato a metà di Golden Street, Bullard attraversò rapidamente la strada e si infilò sotto i vecchi portici dalla parte opposta. Ben si accorse in tempo della manovra e riuscì a non perderlo.
L'uomo percorse ancora poche decine di metri, poi rallentò il passo, quasi di colpo, si guardò un attimo intorno con un certo imbarazzo, e infine entrò in un grosso portone illuminato alla sua sinistra. Ben, che era sul marciapiede dietro di lui e camminava molto accostato al muro, non poteva vedere bene il posto dove Bullard stava entrando. Però dalla luminosità che usciva dall'ingresso e dall'insegna a colori vivaci che la sovrastava, capì subito che doveva trattarsi di un locale pubblico, un cinema probabilmente. Ben accellerò il passo e in pochi secondi fu davanti al locale. Si trattava proprio di un cinema. Un cinema a luci rosse, per essere precisi.
Ma guarda, si disse Ben. Alzò lo sguardo sull'insegna luminosa e lesse il nome del locale: "BLUE DEVIL", si chiamava. Tirò fuori dalla tasca la micro-macchina fotografica a forma di accendino e scattò alcune foto: una al locale, una all'insegna e un paio ai manifesti del film in programma quel giorno. Ben si fermò un attimo a guardare i manifesti, come se fosse un potenziale spettatore che stava decidendo se entrare o no. Si rese subito conto che proiettavano roba forte, lì. Roba per guardoni di prima categoria.
Si chiese cosa fare a quel punto, ma la risposta era una sola: doveva entrare. Certo, il cinema da solo poteva ampiamente spiegare il comportamento elusivo di Bullard, ma non poteva fidarsi. E se il cinema fosse stata solo una copertura ? Se Matt se ne fosse approfittato per incontrarsi con una donna ? O magari, visto che per una donna ci voleva un bel coraggio a entrare lì dentro, per incontrarsi con un altro uomo ? Che ne sapeva lui dei gusti di Matt Bullard ? Aveva l'incarico di pedinarlo, e quindi doveva farlo fino in fondo.
Scrollando il capo sconsolato, Ben varcò la porta di ingresso, si diresse alla cassa e fece il suo bravo biglietto. Quindi entrò nella sala di proiezione, guidato dai gemiti e dai sospiri affannosi degli attori, che si sentivano fin da fuori. Ben entrò nella sala buia e attese che gli occhi si adattassero all'oscurità. Dopo qualche minuto fu in grado di vedere intorno a sè e, restando di fianco alla platea, incominciò a percorrerla con gli occhi alla ricerca del suo uomo. Man mano che i secondi passavano la sua vista andava migliorando, e non ci mise molto ad individuare Matt Bullard. Era solo, a metà di una delle file più arretrate e stava fissando affascinato le figure che si agitavano sullo schermo.
Ormai non aveva più dubbi. Bullard era venuto lì solo per quello. Meglio così, tutto sommato. Ben attese che la scena fosse il più luminoso possibile, poi scattò altre foto con la micro-macchina. Non sarebbero state dei capolavori, ma sarebbero state sufficientemente chiare da risultare intelleggibili. Ben sedette sospirando su una poltroncina. Non aveva potuto prendere delle foto mentre Bullard entrava nel locale, ma avrebbe cercato di prenderne qualcuna mentre usciva. Quindi doveva prepararsi ad aspettare e, visto che c'era, tanto valeva aspettare lì dentro, comodamente seduto. Avrebbe tenuto d'occhio Bullard e quando si fosse alzato per uscire, essendo molto più vicino di lui all'uscita, l'avrebbe preceduto senza difficoltà.
Buttò lo sguardo sullo schermo, mentre stavano scorrendo delle scene tra le più spinte che gli riuscisse di immaginare e si chiese come diavolo facessero certe attrici ad accettare di fare cose simili. Boh, affari loro. Certo, per denaro si fa di tutto, a questo mondo. Ben scosse il capo disgustato e appoggiò il capo sullo schienale come per riposare, ma restando sempre con gli occhi fissi sul suo uomo. Non voleva correre il rischio di perderlo di vista. Ma, se aveva capito il tipo, era sicuro che Matt Bullard non si sarebbe più mosso di lì fino alla fine del film. Nemmeno con le cannonate.

* * * * *

Vim Baker uscì dall'ufficio del Procuratore Distrettuale con una mezza smorfia sul viso. Era stato piuttosto bravo e, tutto sommato, se l'era cavata abbastanza bene. Merito della sua abitudine a mentire, maturata in anni e anni di continuo allenamento. Ma non c'era più scampo. Il Procuratore Distrettuale era stato cortese, comprensivo, quasi gentile. Ma aveva capito. Non c'erano dubbi al riguardo. Nemmeno il rapporto di amicizia lo avrebbe fermato. Tutt'al più lo avrebbe reso più prudente, più scrupoloso nel ricercare le prove. Ma ormai il gioco era finito: prima o poi l'avrebbero incastrato.
Adesso non aveva più altro da fare che organizzare per bene la sua uscita di scena. Vim Baker montò in auto e fece cenno all'autista di portarlo a casa. Stava diventando buio e Baker, comodamente sprofondato nel sedile posteriore della vettura, cercava di approfittare del tragitto per riposarsi un poco. Era stata una giornata dura, in municipio, ed il colloquio col procuratore non era stato esattamente rilassante. Appoggiò il capo contro lo schienale e chiuse gli occhi, mentre l'auto di grossa cilindrata, guidata con mano sapiente, scivolava dolcemente nel traffico.
Baker cercava di non pensare a nulla, per rilassarsi un po', ma era impossibile. Senza volerlo la mente funzionava a pieno regime, e rimuginava senza sosta su quello lo aspettava. C'erano un mucchio di cose che doveva fare per chiudere la faccenda e non poteva permettersi il minimo passo falso. Però il "grosso" del lavoro ormai era stato preparato ed era stato tutto così ben programmato che gli sembrava impossibile che qualcosa potesse andare storto.
Alle otto meno dieci Baker scese dall'auto, congedò l'autista dicendogli che fino a lunedì non avrebbe più avuto bisogno di lui, ed entrò nel cancello. Baker viveva in una villetta alla periferia di Nelson praticamente da solo. Con lui viveva una donna, Josephine Dumars, che Baker chiamava semplicemente Josie. Era una signora di colore, di taglia forte, che gli faceva da cuoca e cameriera, e gli teneva in ordine la casa e i vestiti. Era più che sufficiente, perchè Baker non aveva famiglia e, con tutti gli impegni che la sua carica gli imponeva, in casa finiva per starci assai poco. E comunque non era un tipo difficile da accontentare. Il venerdì pomeriggio era giornata di riposo per Josie e infatti Baker si trovò la cena (fredda) già preparata sul tavolo. Comunque non era un ripiego, perchè Josie era molto brava in cucina e anche una semplice cena fredda, preparata da lei, poteva essere assolutamente deliziosa.
Vim Baker sedette subito a tavola, perchè aveva un certo appetito, e si gustò la cena, cercando di concentrarsi sul cibo, senza pensare continuamente a quello che lo aspettava nei giorni successivi. Poi lasciò la sala da pranzo e si rintanò nel suo studio, la sua "tana", come la chiamava lui. Si avvicinò alla scrivania e con mano sapiente toccò una levetta praticamente invisibile, nascosta in una scanalatura sotto il ripiano del mobile. Si sentì un colpo secco e una parte del pannello sulla fiancata della scrivania si aprì. Era la cassaforte segreta di Baker, quella dove teneva la parte più rilevante dei suoi profitti illeciti.
Baker sapeva bene che far passare tutti quei soldi in banca non era prudente. In banca tutto veniva registrato, ogni movimento lasciava tracce evidenti. E Baker aveva sempre cercato di lasciare meno tracce possibili. Così cercava sempre di trasformare in contanti tutto quello che gli passava per le mani, e poi lo metteva al sicuro nella sua cassaforte segreta. Baker estrasse un pacco dal ripostiglio nascosto e lo aprì, per controllare ancora una volta il suo piccolo tesoro. C'erano quasi 2 milioni di dollari in contanti, tutti in biglietti di grosso taglio, e poi Titoli di Stato al portatore, roba anonima e sicura, per altri 3 milioni. In tutto circa 5 milioni di dollari. Non male davvero, per un povero ex grossista di alimentari sull'orlo del fallimento, che si era dato alla politica quasi per disperazione.
Ma adesso la cassaforte non serviva più, doveva andarsene da lì. Prese le banconote e i titoli, li depose con cura in una scatola di cartone che aveva preso da un armadio e la richiuse. La ricoprì con due strati di una spessa carta da pacchi e la legò con un cordino, che fermò con alcuni piombini. Quindi prese un grosso pennarello nero e scrisse in stampatello, in modo bel leggibile, l'indirizzo del destinatario. L'avrebbe spedito l'indomani mattina a mezzo corriere. Vim Baker non si fidava troppo della poste americane. Soprattutto quando c'erano di mezzo 5 milioni di dollari.

* * * * *

Era piuttosto tardi, quasi le nove, quando finalmente Ben potè ritornare a casa. Si abbandonò sulla poltroncina e si rivolse al computer.
- Ci sono state chiamate per me, oggi, Pico ?
- SI’ UNA.
- Un cliente ?
- SI’. HA TELEFONATO IL SIGNOR CHRISTIAN LAETTNER, PRESIDENTE DELLA ATLANTIC TRUST DI BRISTOW.
- Non lo conosco. Che voleva ?
- HA UN INCARICO DA AFFIDARE. DICE CHE E’ PIUTTOSTO DELICATO.
- Bene. Adoro gli incarichi delicati. Sono quelli che danno più soddisfazione. Quando vuole vedermi, il signor Laettner ?
- LUNEDI’ POMERIGGIO ALLE ORE DICIASSETTE. 
- Dov’è l’appuntamento ? Da lui ?
- PRESSO LA SEDE DELLA BANCA.
- So dov’è. D’accordo, ci andrò. Domattina telefonerò per conferma. Mettimelo in agenda per le nove.
- APPUNTAMENTO MEMORIZZATO.