sabato 23 novembre 2013

Il caso Golden Trust - 7

Cap. 7 - Venerdì


Il mattino dopo, Ben Wallace arrivò alla sede della Golden Trust volutamente in ritardo. Avrebbe finto di scusarsi dando la colpa al traffico caotico di Bristow, ma in realtà voleva semplicemente che il colpevole restasse un poco sotto pressione, in attesa delle sue rivelazioni. Ormai aveva ricostruito con precisione quello che era avvenuto, ma sapeva anche che non c'erano prove sicure contro quell'individuo, per cui avrebbe dovuto tendere una trappola e sperare che il colpevole finisse per caderci da sè. Mica facile !
Ovviamente Ben non poteva sapere fino a che punto il suo antagonista sarebbe riuscito a mantenere il suo sangue freddo. Certo comunque che un po' di attesa prima di incominciare, non lo avrebbe sicuramente aiutato a mantenersi calmo e tranquillo. Per gli altri il suo ritardo sarebbe forse stato una noia, ma non ci si poteva sempre comportare come "gentlemen" inglesi.
Quando Ben entrò nell'atrio della Golden Trust , pertanto, erano già le undici e venti. Trovò ad aspettarlo Kurt Thomas in persona, alto e imponente, elegantissimo come sempre, che si aggirava nervosamente davanti al bancone della "reception". Non appena vide Ben, gli si fece incontro con un gran sorriso.
- Ah eccovi, finalmente. Siete in ritardo.
Con Thomas non c'era motivo di fare la commedia.
- Sapete com'è... - disse strizzando l'occhio - il traffico.
- Ah certo - disse Thomas. E poi, a voce più bassa. - L'avete fatto apposta ?
- Sì. Voglio innervosire un po' il mio avversario.
Thomas annuì.
- Ottima idea.
- Ci sono tutti ? - chiese Ben.
- Sì, tutti.
- Molto bene. Andiamo.
Thomas si diresse verso l'ascensore, facendo segno a Ben di seguirlo. I due uomini entrarono nell'ascensore e Kurt Thomas schiacciò il pulsante del terzo piano.
- Vi sentite pronto a scoprire il colpevole ?
- Direi di sì. Ma sono le prove, che non ci sono. Quindi cercherò di improvvisare, per farlo cadere in un tranello.
Kurt Thomas sospirò appena.
- Non sarà facile.
- No. Non sarà facile. – confermò Ben un po' teso - Avremo bisogno di molta fortuna.
L'ascensore si fermò al terzo piano e i due uomini uscirono, dirigendosi verso la sala riunioni, che era a pochi passi. Ben Wallace respirò a fondo. Adesso spettava a lui prendere nella rete il suo pesciolino. Era una guerra psicologica piuttosto difficile e l'esito era tutt'altro che scontato.

* * * * *

Kurt Thomas aprì la porta per fare entrare Ben e tutti i presenti si alzarono, più per una sorta di riflesso condizionato che per reale deferenza nei confronti dell’investigatore. Ben Wallace comunque torreggiava nella stanza dall’alto della sua statura ed il suo sguardo penetrante lasciava chiaramente intendere che il gioco lo stava conducendo lui. Diede un'occhiata circolare nella stanza, quasi interamente occupata dal grande tavolo rettangolare che serviva per le riunioni direzionali della Golden Trust, e vide che c'erano proprio tutti.
Li passò rapidamente in rassegna da sinistra verso destra. C'era Nick Van Exel, corpulento e un po' impacciato, in giacca marrone e cravatta in tinta; poi Esther Hawkins, con un vestito lungo blu scuro e la faccia decisamente seccata, forse per aver dovuto abbandonare il suo preziosissimo posto di lavoro nel corridoio; quindi Michael Finley, con la sua testa lucida, in jeans e maglietta, muscoloso e sorridente come sempre. All'estremità opposta del tavolo era seduto l'ispettore Ferry, col suo solito sorriso ebete, accompagnato da due agenti che però, per discrezione, se ne stavano in piedi in fondo alla sala.
Dopo Ferry, Ben vide George Lynch, completo di orecchino regolamentare, con una camicia scozzese degna di un cow-boy e un'espressione tra l'annoiato e l'indifferente; poi ancora Terry Dehere, sempre bellissima e sempre poco vestita, con una minigonna verde da infarto e una maglietta gialla aderentissima, che toglieva il fiato a lei a agli uomini che la guardavano. Infine, quasi alla sua destra, Sam Perkins, in un elegante completo grigio con cravatta rossa. Teneva le lunghe braccia conserte, in una posa apparentemente tranquilla, ma denotava palesemente un certo nervosismo.
- Signori - esordì Kurt Thomas. - Il signor Wallace è arrivato.
Un lieve brusio di saluto si levò dagli astanti.
- Mi scuso con voi per il ritardo. - disse Ben con un sorriso disarmante - ma il traffico di Bristow è davvero terribile.
Altro leggero brusio.
- Bene - disse Thomas facendo un gesto alla piccola platea - quel che è stato, è stato. Ormai il signor Wallace è arrivato e direi che possiamo cominciare.
Andò a sedersi di fianco a Sam Perkins, nell'ultimo posto libero, e fece cenno a Ben di mettersi a capo tavola, dove sedeva normalmente il presidente. Un posto un po' impegnativo, per un semplice investigatore privato, pensò Ben. D'altra parte era il posto più adatto per poter dominare con lo sguardo tutti gli altri. Ben fece un breve, generico cenno di saluto e si sedette sulla poltroncina di testa. Fece ruotare lo sguardo sui presenti, quindi, dopo essersi schiarito appena la gola, cominciò.
- Gentili signori, voi tutti sapete chi sono e per quale motivo siamo qui riuniti.
Ci fu un breve mormorio di assenso.
- La Golden Trust, in persona del suo direttore generale, il qui presente dottor Thomas, mi ha assunto per scoprire la verità sul furto di 200.000 dollari avvenuto nella sua cassaforte la scorsa settimana.
Ben guardò Ferry, per vedere se aveva qualcosa da obbiettare sul fatto che Thomas si fosse rivolto ad un investigatore privato, ma "Forrest Gump" non battè un ciglio.
- Si tratta di una cifra piuttosto rilevante della quale, a tutt'oggi, sembra proprio che si siano perse le tracce.
Diede un altro sguardo a Danny Ferry per vedere se reagiva a quella piccola frecciata, ma continuò a non vedere nessuna reazione.
- Le indagini, ad un primo esame sommario, si presentavano per un verso semplici e per un altro complesse. Semplici in quanto tutto si era svolto indiscutibilmente dentro l'azienda, per cui non era necessario cercare il colpevole fuori di essa. Complesse perchè, purtroppo, non c'erano tracce certe che conducessero ad una persona determinata, ma a più persone contemporaneamente.
Ben appoggiò i gomiti sul tavolo e unì la punta delle dita.
- Permettetemi, per maggiore chiarezza, di ricapitolare i fatti così come sono stati ricostruiti dalla polizia.
Tutti i presenti erano in rispettoso silenzio e, per lo più, lo seguivano sinceramente interessati.
- Dunque i 200.000 dollari, in 20 mazzette da 10.000 dollari ciascuno, sono stati messi nella cassaforte principale del direttore verso le 16,30 di mercoledì. Vi ha provveduto il dottor Thomas personalmente e, almeno su questo punto, non vi possono essere dubbi di sorta. Le 20 mazzette hanno vissuto sonni tranquilli per tutta la notte e alle 14,15 del giorno successivo, giovedì, sono ancora state viste dal signor Perkins. Alle 18,20, invece, quando il vice-direttore ha nuovamente aperto la cassaforte per prenderle, puf... erano sparite.
Ben fece un rapido gesto con le mani, per mimare i dollari che prendevano il volo.
- Date queste premesse, è stato ragionevole giungere a una prima conclusione basilare: che i dollari fossero spariti appunto tra le 14,15 e le 16,20 di giovedì pomeriggio. Abbiamo fatto i nostri bravi interrogatori, io e la polizia, e abbiamo appurato che in quel periodo solo tre persone avevano avuto accesso alla stanza: in ordine cronologico la signorina Dehere, il signor Lynch e il signor Van Exel.
Ciascuna delle tre persone citate, rispose al proprio nome con un impercettibile cenno del capo.
- Sembrava inevitabile concludere - continuò Ben - che solo una di queste persone potesse essere colpevole del furto. Tutto sommato una situazione meno difficile di tante altre, quando non si neppure da che parte incominciare per cercare il colpevole.
Ben si rivolse al poliziotto.
- Non è vero signor Ferry ?
Danny Ferry lo guardò con un sorriso mite.
- Sì, certo. Anche se purtroppo, in questo caso...
- Appunto. - proseguì Ben - In questo caso, purtroppo, le cose non si sono rivelate semplici come apparivano. E perchè ? Perchè nessuna delle tre persone che sono entrate nella stanza era nelle condizioni di trasportare fuori tutte quelle mazzette di dollari. In altre parole, nessuno aveva in mano contenitori o pacchi voluminosi e nessuno poteva avere i dollari nascosti su di sè.
Ben si appoggiò allo schienale della poltroncina e allargò le braccia in un gesto di impotenza.
- A questo punto sembrava proprio che il problema fosse insolubile e, se non vado errato, la polizia aveva in animo di archiviare il furto come opera di ignoti. Dico bene, signor Ferry ?
Danny Ferry annuì senza perdere il suo sorriso tranquillo.
- Allora mi sono detto: – continuò Ben - è possibile che le cose siano andate in modo un po' diverso da come sembrano ? E' possibile che il colpevole abbia seguito una strada diversa da quella che appare ai nostri occhi, visto che quest'ultima non conduce da nessuna parte ?
- Volete dire che ci sono state altre persone che sono entrate nella stanza quel giovedì pomeriggio ? - chiese Perkins.
- No, questo no. - disse Ben girandosi verso di lui - Abbiamo delle testimonianze incrociate che ci confermano quello che ho detto poc'anzi. Sono solo tre le persone che sono entrate nel pomeriggio e questo è un fatto.
Ben si voltò di nuovo verso gli altri.
- Quello che mi sono chiesto è un'altra cosa: è possibile che i dollari non fossero stati portati fuori dalla stanza, ma semplicemente nascosti ? Che fossero stati occultati in qualche modo, in maniera da sembrare spariti, per poi essere recuperati più tardi con tutta calma ?
Un mormorio di sorpresa percorse i presenti, visto che nessuno di essi, probabilmente, aveva pensato a una cosa simile.
- Ma, signor Wallace, - lo interruppe Ferry - la polizia ha fatto una perquisizione accurata. Non c'era nulla nascosto nella stanza, ve lo posso assicurare.
Ben annuì lentamente.
- Lo so, lo so. So che avete guardato dappertutto, anche nell'inceneritore. E proprio l'inceneritore, ma ne parleremo più avanti, ha avuto un ruolo decisivo nel farmi venire, alla fine, l'idea giusta.
- In che senso, scusate ? - chiese Perkins.
- Un attimo e ci arriveremo. L'idea del nascondiglio, comunque, anche se infondata, era pur sempre una possibilità nuova. Uno stimolo a guardare le cose in modo diverso da quello più ovvio. E allora decisi di proseguire su questa strada e mi misi a pensare a un'altra ipotesi: e cioè che i dollari fossero stati buttati dalla finestra per essere raccolti da un complice.
- Ma le finestre... - obbiettò Thomas.
- Sì lo so. Le finestre sono bloccate per via dell'aria condizionata, per cui anche questa soluzione era impraticabile. Comunque tutto mi è servito per allontanarmi dalla soluzione più ovvia e avvicinarmi alla verità. E infatti, riflettendo sull'inceneritore, mi è venuta in mente un'altra cosa ancora. Una cosa un po' meno ovvia, ma, a modo suo, piuttosto evidente.
Ben girò lo sguardo su tutti i presenti sorridendo appena, ma nonostante l'accenno specifico di Ben, nessuno diede mostra di essere turbato da quelle parole. Molti erano incuriositi, altri semplicemente indifferenti. Era evidente che il colpevole stava controllandosi piuttosto bene. Forse tranquillizzato dalla mancanza di prove, anche se non poteva davvero essere certo che Ben non ne avesse trovate. O forse confidava nella perfetta cura di tutti i particolari che aveva seguito nell'esecuzione del colpo. Si sarebbe visto al momento buono.
- Vedete - continuò Ben - quando ho pensato a un nascondiglio per i dollari, ho chiesto in giro quando veniva normalmente svuotato l'inceneritore, e se era stato perquisito anche quello. Mi è stato riferito che il contenitore veniva svuotato ogni sera e che comunque la polizia aveva controllato anche quello. Questo, ovviamente, rendeva improponibile la mia supposizione. Però mi è stata detta anche un'altra cosa curiosa: e cioè che la polizia aveva dovuto guardare bene, perchè il contenitore era pieno di cenere.
- Beh... - commentò Perkins come se fosse una cosa ovvia.
- Una banalità, forse. Però la cosa mi ha incuriosito e mi ha portato a domandarmi: perchè l'inceneritore era pieno di cenere se quel giorno il dottor Thomas era assente ed il contenitore era stato regolarmente svuotato la sera prima ?
Un nuovo mormorio, questa volta più forte, si diffuse nella stanza.
- Accidenti - si levò la voce di Ferry - non ci avevamo pensato.
Ben non potè trattenere un sorriso. Povero Ferry ! Ovvio che non ci aveva pensato. Se c'era un tipo al mondo negato per le intuizioni geniali, quello era proprio Ferry. E poi, ad essere sinceri, era stata un'idea così sottile che anche a lui era venuta quasi per caso.
- E questo cosa cambia ? - chiese Thomas con tono pratico.
- Beh, questo cambia molte cose. Rende possibile un gioco di prestigio ad alto coefficiente di difficoltà, che il nostro personaggio ha messo in pratica con grande intelligenza. Purtroppo questo piccolo dettaglio ha finito per tradirlo.
- Ma insomma - intervenne Perkins - Io ancora non ho capito cosa è successo.
- Non vi arrabbiate, signor Perkins. Ve lo spiego subito.
I due agenti in fondo alla stanza si stavano agitando nervosamente, perchè capivano che da un momento all'altro avrebbero dovuto darsi da fare per arrestare il colpevole. Ma non sapevano ancora chi sarebbe stato e dal loro capo, il buon Ferry, non veniva ovviamente nessuna indicazione al riguardo. Ben si appoggiò tranquillamente allo schienale e proseguì.
- Non sto qui ad esporvi la sequenza di ragionamenti che l'inceneritore ha provocato nella mia mente, perchè il processo mentale è stato piuttosto caotico e, in un primo momento, confuso. Però il disegno del colpevole ha incominciato a diventare sempre chiaro ai miei occhi, e quando ho potuto verificare alcuni fatti, non ho più avuto dubbi.
Ben si rivolse alla sua destra e guardò Perkins.
- Il primo tassello importante me lo ha fornito il signor Perkins. Vedete, lui era fondamentale nel piano del nostro colpevole.
- Come sarebbe ? - sbottò Perkins con voce alterata - Io non c'entro niente con questa storia !
- Signor Perkins, vi prego... - tentò di calmarlo Ben.
- Non vorrete mica coinvolgermi in questa faccenda ? Io che rubo dei soldi alla Golden Trust ? Ma siamo impazziti ?
- Ma nessuno ha detto questo, ci mancherebbe.
- Voi avete detto che...
- Lo so benissimo cosa ho detto. - replicò Ben divertito - Ho detto che le azioni del signor Perkins erano fondamentali nel piano del nostro colpevole. Ma era una collaborazione, diciamo così, involontaria.
- Involontaria ? - chiese Thomas stupito.
- Sì. Il signor Perkins aveva uno scopo ben preciso: far credere a tutti che i dollari erano stati rubati nel pomeriggio.
- Ma è vero ! - protestò Perkins - Quando ho aperto la cassaforte, alle 14,15, le mazzette c'erano ancora.
- In effetti, era proprio quello che il colpevole voleva da voi.
- E non era forse vero ?
- No. Non era vero.
Un mormorio di sorpresa percorse i presenti e Ben dovette chiedere il silenzio con un gesto della mano. Poi si rivolse di nuovo a Perkins.
- Signor Perkins, che cosa avete visto voi, esattamente quando avete aperto la cassaforte ? Vi ricordate certamente che ieri abbiamo parlato proprio di questo particolare.
- Sì.
- Allora ? Avete preso in mano i dollari ? Li avete guardati uno per uno ? Oppure avete solo notato le mazzette impilate mentre prendevate gli altri documenti per la signorina Dehere ?
- Beh, ecco, - disse Perkins sulla difensiva - ho visto le mazzette impilate. Non le ho prese in mano. Ovviamente non ce n'era nessun motivo.
- Appunto. Quindi il denaro avrebbe potuto non esserci più, no ?
- Ma allora cosa ho visto, io ?
- Delle mazzette di denaro falso, mi sembra ovvio.
- Quindi il denaro era già sparito... - intervenne Thomas.
- Proprio così. Il denaro non è sparito nel pomeriggio, come il colpevole voleva farci credere per confonderci le idee, ma al mattino. Con questo piccolo trucco, però, nessuno si sarebbe interessato veramente ai suoi movimenti dentro e fuori la stanza e lui sarebbe rimasto al sicuro.
- Accidenti ! - commentò Ferry.
- Ecco perchè sembrava impossibile che qualcuno avesse portato fuori il denaro nel pomeriggio. - concluse Ben - Perchè "era" impossibile. In effetti nel pomeriggio non è più uscito niente dall'ufficio del dottor Thomas. L'unica cosa che doveva sparire erano i dollari falsi e quelli, essendo privi di valore, sono stati tranquillamente buttati nell'inceneritore.
- Ma allora - chiese Thomas - chi è il vero colpevole ?
- Assodato questo punto, non mi è stato difficile ricostruire le cose. E’ bastato chiedere alla signorina Hawkins di riferirmi i movimenti della mattinata. Quello che nessuno si era mai preso la briga di domandargli, visto che il colpevole, molto astutamente, era riuscito ad attirare l’attenzione di tutti soltanto sul pomeriggio.
Tutti si volsero verso Esther Hawkins, che, forse per la prima nella sua vita professionale, si stava guardando intorno un po’ impacciata, quasi intimidita da tutta quella attenzione non voluta sulla sua persona.
- Signorina Hawkins, vorreste gentilmente ripetere quello che mi avete riferito ieri circa i movimenti di giovedì mattina ?
- Ehm, ecco... certamente. Alle 9,40 è entrata la signorina Dehere con una serie di pratiche piuttosto grandi tra le braccia.
- Portava le stesse pratiche anche quando è uscita ?
-.No. Non aveva più niente. Le ha lasciate tutte dentro l'ufficio.
- Bene. E dopo ?
- Verso le dieci è entrato il signor Finley e ha portato fuori un pacco marrone.
- Piuttosto voluminoso ?
- Direi di sì.
- E' entrato nessun altro ?
- No. Nessun altro.
- Bene signori: direi che la cosa sia ormai evidente.
Danny Ferry si alzò sorridente e si rivolse a Michael Finley, il fattorino, che lo guardava stupito.
- Siete in arresto per furto, signor Finley. Vi prego di non fare resistenza.
Si girò verso i due agenti dietro di lui e fece cenno di avvicinarsi al colpevole.
- Ma siete matti ? - protestò il ragazzo negro, con espressione atterrita - Che cosa c'entro io con questa storia ?
Danny Ferry scrollò il capo, tutto soddisfatto.
- Non cercate di farci fessi un’altra volta, signor Finley, non funziona più. Avete sentito cosa ha detto il signor Wallace, no ? Il colpevole non potete essere che voi.
- Non è vero, accidenti, non è vero ! - continuò a protestare il ragazzo.
Ben Wallace, che stava sogghignando seduto a capo tavola, non potè trattenersi oltre. Ormai il povero Ferry la sua figuraccia l'aveva già fatta ed era inutile accanirsi contro quel povero ragazzo. Non è che l'avesse studiato apposta, quel piccolo intermezzo fuori programma, però era successo ugualmente e lui non aveva fatto niente per evitarlo. Anzi, ad essere sincero, ci si era anche divertito.
- Ma io non ho mai detto questo. - intervenne con voce stupita.
Tutti si voltarono verso di lui.
- Come no ? – intervenne Thomas – L’avete detto voi che il colpo è avvenuto al mattino.
- Certo – confermò Ben.
- E l'unico che è uscito dal mio ufficio al mattino, con un pacco voluminoso, è stato Finley. Perciò....
- Ma Finley è solo un fattorino.
- E allora ?
- Se gli dicono di prendere un pacco lui lo prende. E' il suo mestiere.
- Sì, ma... - continuò Thomas perplesso.
- E poi come poteva Finley avere le chiavi della cassaforte e conoscere la combinazione ?
- Io non ci capisco più niente. - disse il povero Ferry guardandosi in torno sconsolato.
- Volete dire che il colpevole è il signor Van Exel ? - chiese Perkins - E' l'unico che possiede la chiave, oltre a me e Thomas.
Ben scrollò il capo.
- No. Van Exel non è mai entrato al mattino. Ed è il mattino che conta.
Ormai, finalmente, era tutto chiaro. Thomas e Perkins si volsero quasi insieme verso Terry Dehere e la fissarono con odio.
- Voi ! Siete stata voi !
- Sì, signori. – concluse Ben soddisfatto - E' stata la signorina Dehere.
- E' un sopruso ! - protestò la ragazza, parlando per la prima volta - Non potete accusarmi di questo.
- Possiamo, possiamo - disse Ben placido, col suo vocione.
Ferry fece un cenno ai due poliziotti che si misero di fianco alla ragazza, pronti ad intervenire.
- Io non ho fatto niente. Non ho nemmeno la chiave della cassaforte.
- Ah, - disse Ben improvvisando - Quella l'ho trovata io, dove voi ben sapete. E ci sono le vostre impronte digitali sopra. Quindi abbiamo anche le prove.
- Non è possibile - scattò la ragazza.
- Invece sì. Eccola qua. - fece Ben mettendosi una mano in tasca come per prendere la chiave.
- Non è possibile - ripetè la ragazza con voce isterica - L'avevo buttata in un cassone dell'immondizia. Non potete averla trovata.
Terry Dehere tacque all'improvviso, consapevole di aver commesso il passo falso che mai avrebbe dovuto permettersi. Ben tirò fuori la mano chiusa a pugno e la allargò sorridendo sotto lo sguardo fisso e attento di tutti i presenti. Nel palmo non c'era nulla, ma ormai la ragazza si era tradita. Adesso era davvero finita.
- E' vero, - disse Ben - non abbiamo potuto ritrovarla. Ma voi ormai ci avete detto quello che volevamo. Ed è più che sufficiente, visti i testimoni presenti in questa stanza.
- Maledetto ficcanaso ! - sibilò la ragazza.
- Cercatevi un buon avvocato, signorina Dehere. Ne avrete bisogno.
- Maledetto ! - ripetè con odio.
- E ricordatevi che se restituisce spontaneamente la refurtiva, il giudice potrà essere più clemente con lei. Dico bene ispettore Ferry ?
- Penso proprio di sì.
Ferry si avvicinò a Terry Dehere e ripetè la dichiarazione di arresto, ma la ragazza non si diede nemmeno la pena di rispondere, rinchiudendosi in un ostinato e indispettito mutismo. Ormai però era tardi. Le cose erano già andate troppo oltre, e una parola in più o in meno, non faceva più molta differenza per lei.
I due agenti ammanettarono la ragazza con gesti rapidi, mentre Ferry, li osservava, soddisfatto di sè. Questa volta il colpevole era quello giusto. Il suo volto da bravo ragazzo un po' ingenuo si distese in un indefinibile, candido sorriso. Finalmente anche lui era riuscito, per la prima volta nella carriera, ad arrestare un colpevole. Chissà che la buona sorte non fosse davvero incominciata per il "Forrest Gump" di Bristow ...


domenica 17 novembre 2013

Il caso Golden Trust - 6

Cap. 6 - Giovedì


Erano le nove meno dieci di giovedì mattina quando Ben, che era appena entrato in ufficio, sentì squillare il telefono. Si sedette sulla poltroncina e alzò la cornetta.
- Ben Wallace. Chi parla ?
- Sono Kurt Thomas. Buongiorno
Ben alzò gli occhi al cielo.
- Buongiorno a voi.
- So che ieri siete venuto alla Golden Trust a curiosare nel mio ufficio.
- Spero di non aver combinato disastri.
- No nulla, ci mancherebbe. Solo volevo sapere se avevate trovato qualcosa di utile.
Figuriamoci se Thomas non si aspettava già qualche risultato. D'altra parte era da qualche giorno che si occupava del caso, e non gli aveva ancora detto niente.
- Beh, in effetti qualche idea ce l'ho. Ma nulla ancora di definitivo - disse Ben in modo evasivo, mentendo un po'.
- So che avete parlato con Perkins, per avere altri chiarimenti.
- Sì.
- Non potete dirmi qualcosa di più ? - chiese ancora Thomas.
- Beh, veramente...
Ben non sapeva come uscire da quella domanda, ma per sua fortuna fu lo stesso Thomas a cambiare argomento.
- A proposito... ieri ho parlato con Ferry.
- Oh, bene.
- Male, non bene. - disse Thomas nervosamente - Pare che non riescano a fare progressi e si preparano ad archiviare l'indagine come furto commesso da ignoti.
- Mi dispiace. – comentò Ben con tono di circostanza.
- E così, il tizio che ci ha fatto fessi potrà godersi il bottino indisturbato. A questo punto possiamo solo più sperare in lei, Wallace. Non ci tradisca.
- Ce la sto mettendo tutta. Vedrete che alla fine faremo saltare fuori qualcosa.
- Lo spero proprio. Quando pensate di potermi dire qualcosa di più preciso ?
Ben deglutì. Non aveva la più pallida idea di come risolvere il problema, ma non poteva ammetterlo con Thomas. Non era ancora il caso di arrendersi. Era ancora troppo presto, accidenti.
- Presto, molto presto. Non posso dirvi il giorno preciso, ma avrete presto mie notizie.
- Lo spero. Buongiorno signor Wallace.
- Buongiorno a voi.
Ben posò la cornetta con un gesto stanco e si appoggiò allo schienale della poltroncina. E adesso, cosa doveva fare ? Ovviamente lo sapeva benissimo quello che doveva fare, anche se non gli piaceva per nulla. Doveva ritornare alla Golden Trust e ricominciare ad interrogare quella gente. Ma adesso era troppo nervoso ed inquieto. Doveva fare qualcosa per scaricarsi un po’.
Così si alzò e si diede un po’ da fare nella stanza. Riordinò le pratiche in sospeso e mise a posto l’archivio. Alla fine prese i documenti da buttare e fece per gettarli nel cestino della carta straccia, quando un'idea improvvisa si fece strada nella sua mente. Come una folgorazione. Si fermò a metà strada e rimase immobile per un attimo, con lo sguardo perso nel vuoto. Poi si riscosse e un enorme sorriso illuminò il suo volto. Gli era venuta un’idea. Una grande idea. E poteva essere quella giusta, perchè più ci pensava, più le cose sembravano quadrare. Adesso doveva proprio tornare alla Golden Trust. Eccome se ci doveva ritornare.

* * * * *

Giovedì pomeriggio la temperatura si alzò ulteriormente e si mise a fare davvero molto caldo. Sembrava che l'estate avesse già fatto irruzione prima del tempo, anche se ovviamente non era vero. Ben Wallace lasciò l’auto nel parcheggio della Golden Trust e si incamminò senza fretta verso la palazzina, mentre rifacendo mentalmente il punto della situazione.
In realtà, anche se aveva capito, o meglio intuito, molte cose, non poteva davvero dire di sapere chi era il colpevole. Forse sapeva come fare per scoprirlo, ma, vista la delicatezza della cosa, non poteva certo permettersi il lusso di sbagliare. Inoltre, se davvero le cose erano andate come pensava lui, anche una volta capito chi era stato, sarebbe stato difficilissimo provarlo. Perciò doveva stare molto attento a cercare la verità senza mettere sull'avviso il colpevole. Per il momento non aveva nessuna idea su come incastrarlo, per cui era indispensabile non commettere passi falsi. Come sempre, bisognava essere prudenti, avere pazienza, e procedere con cautela, facendo con calma una cosa alla volta.
Ben entrò nell'ampio atrio della Golden Trust e si fermò un attimo per asciugarsi il sudore dalla fronte con un fazzoletto. Colpa della giacca. Ben restò un attimo nell'atrio, a godersi il fresco, poi si avvicinò alla ragazza della reception, che era sempre la brunetta dal naso lungo dei giorni precedenti, e chiese di poter parlare con il signor Perkins.
Pochi minuti più tardi, Ben era seduto nell'ufficio di Sam Perkins, con in mano un bel bicchiere di birra gelata da sorseggiare. Il colloquio durò una decina di minuti appena. Parlarono ancora di quelle benedette mazzette e delle diverse volte in cui Perkins aveva aperto la cassaforte, quel giovedì. Ben ebbe modo di sapere quello che si aspettava e ne fu soddisfatto. Ben finì la birra, ringraziò Perkins, senza peraltro lasciarsi sfuggire nulla di quello che aveva intuito e lo ringraziò, dandogli appuntamento appena possibile, per una riunione definitiva.
Uscito dall'ufficio di Perkins, Ben si fermò in corridoio, davanti alla scrivania di Esther Hawkins. La donna sembrava anche più acida e scostante del solito, ma Ben cercò di non farci caso. Le fece un paio di domande sui movimenti di quel benedetto giovedì, soffermandosi in particolare su alcuni particolari di cui non avevano ancora discusso. La Hawkins ricordava perfettamente tutto quello che Ben voleva sapere, visto che la sua memoria era sempre ottima, e rispose alle sue domande. Era proprio quello che Ben si aspettava di sentire ! Adesso tutto quadrava e lui era pronto per il colpo finale.
Ben ringraziò la sua interlocutrice con sincero trasporto, viste le belle notizie che gli aveva dato, e resistette alla tentazione di baciarla solo perchè c'era un limite a tutto. E poi forse la signorina Hawkins non glielo avrebbe nemmeno permesso.

* * * * *

Lasciata la scrivania della donna, Ben si diresse verso la porta dell'ufficio di Kurt Thomas. Bussò con discrezione e, quando sentì la voce del direttore generale che diceva "Avanti !" entrò.
- Ah, Wallace, siete voi.
- Signor Thomas, buongiorno - disse Ben con un sorriso radioso.
- Accomodatevi, prego.
Ben ringraziò con un cenno del capo, prese una sedia e si sedette davanti alla scrivania.
- Allora, ci sono novità ?
Ben annuì lentamente.
- Direi proprio di sì.
- Oh, finalmente ! Sentiamo. - disse Thomas incuriosito
- Beh, adesso è prematuro parlarne. Ho ancora un paio di particolari da mettere a fuoco. Però posso dire di avere finalmente trovato il bandolo della matassa.
- Davvero ? Che meraviglia ! – Thomas era al settimo cielo - E quando potremo sapere qualcosa anche noi ?
- Domani, al massimo. - disse Ben tranquillo.
- Già domani ? Ma bene ! Ma benissimo ! - replicò Thomas fregandosi le mani soddisfatto. Fece per prendere il telefono, ma Ben lo prevenne.
- A chi volete telefonare ?
- A Sam Perkins. Voglio dargli la buona notizia.
- Non mi sembra il caso.
- Glielo avete già detto voi ? - disse Thomas, un po' deluso di non essere stato il primo a saperlo.
- No, no. Non ho ancora detto niente a nessuno. - lo tranquillizzò Ben - E che preferisco che se ne parli il meno possibile, per il momento.
Kurt Thomas si strinse nelle spalle.
- Come volete.
- Piuttosto, ho bisogno del vostro aiuto, per la riunione di domani.
- Quale riunione ?
- Ho intenzione di riunire tutte le persone coinvolte e spiegare come si sono svolti i fatti davanti a tutti.
- E perchè mai ?
- Ho le mie ragioni - disse Ben con un sorriso enigmatico.
Kurt Thomas ricambiò il sorriso e alzò le mani come per scusarsi.
- Per carità, Wallace, mi fido di lei.
- Grazie.
- Vorrebbe farla qui alla Golden Trust, la riunione ?
- Se fosse possibile sì. Penso che sia il posto più adatto. Avrete una sala riunioni un po' grande, no ?
- Certo, la sala del consiglio di amministrazione. Si trova qui, su questo piano, ed è quasi sempre vuota.
- Perfetto. Dovreste fare in modo che tutte le persone coinvolte siano presenti.
Da buon manager abituato ad organizzarsi, Thomas prese carta e penna, per scrivere l'elenco delle persone.
- Chi dovrei avvertire ?
- Dovranno essere presenti la signorina Dehere, George Lynch e il signor Val Exel. Poi Sam Perkins, la signorina Hawkins e Finley, il fattorino. E ovviamente, lei.
Thomas scrisse scrupolosamente tutti i nomi.
- Nessun altro ?
- Poi ci vorrebbe la polizia.
- L’ispettore Ferry ?
Ben trattenne un sorriso.
- Lui o un altro. Meglio lui, però, visto che già si occupa del caso.
- Ma è un incapace... - protestò Thomas.
- Non si preoccupi, dottor Thomas. A giocarmela con il colpevole penserò io. Lui mi serve solo per arrestarlo, quando sarà il momento.
- Allora sarà il caso che si faccia accompagnare da un paio di agenti.
- Sì, sarebbe preferibile.
Kurt Thomas posò la penna.
- A che ora volete fissare la riunione ?
- Voi avete qualche impegno particolare ?
- Signor Wallace, questa storia è più importante di qualsiasi altro impegno.
- Benissimo. Allora facciamo per domattina alle undici.
- D'accordo. - concluse il direttore della Golden Trust - Domani alle undici avrete tutte le persone che avete chiesto.
- E voi, se tutto va bene, avrete il colpevole.

domenica 10 novembre 2013

Il caso Golden Trust - 5

Cap. 5 - Mercoledì


Ben Wallace entrò nella sede della Golden Trust verso le tre e venti del pomeriggio. Salì direttamente al terzo piano, salutò con un bel sorriso il cerbero nel corridoio, al secolo Esther Hawkins, che rispose con uno sguardo a metà tra lo stizzito e il disgustato, e bussò alla porta dello studio di Kurt Thomas.
- Il signor Thomas è fuori ufficio, in questo momento - disse la Hawkins prima ancora che Ben avesse il tempo di accorgersene.
- Ah.
- Se volete parlargli dovete aspettare che rientri. - disse la donna con una qual certa soddisfazione nella voce.
Ovvio, si disse Ben: non può non farle piacere che un estraneo ficcanaso come me trovi delle complicazioni. Invece, per una volta, la donna aveva sbagliato previsione.
- Meglio così. - disse Ben con un sorriso soave - Non devo parlargli. Devo solo dare un'occhiata all'ufficio.
- Beh, fate pure. - disse la donna con tono un po' deluso - Ma non combinate disastri.
- Farò del mio meglio - disse Ben mentre entrava, sempre continuando a sorridere.
Tutto sommato era davvero un vantaggio che il direttore fosse assente. Certo, avrebbe potuto dare un'occhiata in giro anche in presenza di Thomas il quale, ovviamente, non avrebbe avuto nulla da obbiettare. Ma lo avrebbe disturbato nel suo lavoro e questo poteva forse condizionarlo, più o meno inconsciamente. Così invece poteva guardarsi con calma la stanza, molto più tranquillamente.
Ben richiuse cautamente la porta e si guardò intorno. Le idee che gli erano venute erano sostanzialmente due. La prima era che il ladro avesse buttato il pacco dei dollari dalla finestra giù nel cortile, dove un complice avrebbe potuto prenderlo. La stanza era orientata sulla facciata principale della palazzina e aveva un'ampia finestra che dava sul giardino. Non era un posto molto tranquillo e riservato, ma si poteva anche pensare di buttare giù qualcosa senza che nessuno se ne accorgesse. Un po' rischioso, forse, ma fino a un certo punto. Ben si avvicinò alla finestra e rimase subito deluso. Era sigillata, per via dell'aria condizionata, e dava l'impressione di non potersi aprire in nessun modo. La controllò bene, da un lato e dall'altro, ma dovette ammettere che proprio non si poteva aprire. E addio soluzione numero uno.
La seconda si basava sull'idea di nascondere i dollari direttamente dentro la stanza, in un posto impensabile, per poi recuperali più tardi con comodo. Certo, la polizia, che era giunta sul posto subito dopo, aveva già fatto la sua accurata perquisizione. Ma non si poteva mai sapere. Potevano esserci posti ai quali nessuno veniva in mente di pensare. Ben si guardò intorno bighellonando di qua e di là, cercando di farsi venire qualche idea. Aprì cassetti, armadi, portelle, mobili, ma senza nessun risultato. Guardò anche sopra alcuni ripiani, senza trovare niente di particolare.
Finalmente la sua attenzione fu attratta dal cestino dell'inceneritore. Era posto proprio di fianco alla poltrona di Thomas e non era molto grande. Ma neppure piccolo. Sarà stato alto 70, 80 centimetri e aveva un'apertura di circa 25 centimetri per 20. Ecco, quello poteva essere un nascondiglio interessante ! Erano sicuri i poliziotti di aver controllato anche lì ? E ogni quanto veniva svuotato il contenitore ? Provò ad aprire l'inceneritore e si accorse che c'era solo un po' di cenere giù in fondo. Probabilmente lo svuotavano tutte le sere. O forse Thomas era un tipo che lo usava poco.
Visto che il direttore non tornava, Ben uscì dalla stanza e si diresse nell'ufficio di Sam Perkins, lì a fianco. Il vice-direttore c'era, ma non era solo. Stava parlando con un impiegato del piano di sotto.
- Signor Wallace, che piacere. Un attimo e sono a vostra disposizione.
- Non vi disturbate. E' una cosa velocissima.
- Ah, ma io ho quasi finito.
Parlò ancora per qualche secondo con l'uomo che stava davanti a lui, e poi lo congedò. Quindi si rivolse a Ben che era rimasto in piedi a guardarsi intorno.
- Allora, Wallace, cosa mi volevate chiedere ?
- Una cosa velocissima. Con che frequenza vengono svuotati i cestini della carta straccia ?
- Tutte le sere, direi.
- E gli inceneritori ?
- Anche.
Ben si grattò una guancia.
- La sera di giovedì, quando la polizia venne a fare il primo sopralluogo, voi eravate presente, vero ?
- Certo. Kurt non c'era, per cui toccava a me rappresentare la società.
- Immagino che avranno perquisito l'ufficio di Thomas con molta meticolosità. - disse Ben.
- Sì, sono stati piuttosto in gamba.
- Hanno guardato anche dentro l'inceneritore ?
- Perchè me lo chiedete ? - fece Perkins un po' stupito.
- Sto seguendo una certa idea.
Sam Perkins rimase un po' a pensare, poi annuì vigorosamente.
- Sì. Hanno guardato anche lì dentro. Ne sono sicuro.
- E hanno trovato qualcosa di particolare ?
Perkins si strinse nelle spalle.
- No. C'era un bel po' di cenere, ma niente di particolare là dentro.
Ben ebbe un gesto di sconforto. Anche quella pista si era rivelata senza sbocco. Accidenti al tizio che aveva ideato quel colpo.
- Bene, anzi male. Vi confesso che non è proprio facile trovare il bandolo della matassa.
- Lo so, signor Wallace, altrimenti non ci saremmo rivolti a voi.
Ben gli tese la mano e lo salutò.
- Adesso devo rientrare. Mi farò vivo appena avrò qualche novità.
- Speriamo che sia presto.

* * * * *

Danny Ferry era seduto alla scrivania del suo ufficio, alla sede centrale della polizia di Bristow, e stava rimuginando sul caso Golden Trust . Il sole entrava dalle finestre ancora luminoso e il tempo era splendido, ma il buon Ferry non vi badava. Anche lui, così come Ben, aveva cercato di fare il punto della situazione, esaminando tutti gli elementi nelle sue mani. Aveva riesaminato ed ordinato rilievi, verbali, interrogatori, fotografie, relazioni dei periti e tutta la solita documentazione tipica di un'indagine. E anche lui, come Ben, aveva dovuto alzare bandiera bianca.
La cosa, però, non lo amareggiava più di tanto. Sapeva già di non essere un fenomeno, per certe cose; inoltre aveva capito subito che quello dei 200 mila dollari scomparsi non era un caso semplice, e non lo sarebbe stato anche per gente più in gamba di lui. Lui stesso, nonostante la modesta acutezza, si rendeva conto che il colpevole aveva giocato d'astuzia, rendendo la soluzione del problema un vero rompicapo. Uno di quei casi che, in circostanze normali, il capitano Fleming, capo della polizia di Bristow, non avrebbe mai pensato di affidargli.
Ma erano giorni di emergenza, quelli, e quindi Fleming aveva dovuto affidare il caso Golden Trust proprio a lui. Con l'esito scontato che si stava puntualmente verificando. D'altra parte Ferry ci era abituato a collezionare “fiaschi”. Pertanto, si disse il ragazzo con un sospiro di rassegnazione, uno in più o uno in meno non fa poi molta differenza.
Danny Ferry accese il computer e si preparò a buttare giù la relazione per il Procuratore Distrettuale. Se c'era un settore nel quale nessuno poteva rimproverare niente al buon Ferry era quello delle formalità: le sue relazioni erano sempre perfette, almeno dal punto di vista esteriore. E non c'era caso che le presentasse in ritardo o, Dio ne scampi, ne dimenticasse qualcuna.
Anche se i suoi casi si concludevano quasi sempre con un nulla di fatto, i fascicoli erano sempre formalmente impeccabili, con tutti i documenti e le foto al loro posto e la relazione conclusiva che non conteneva mai, nemmeno per caso, neanche il più piccolo errore di battitura. Ferry aprì il "file" e incominciò a scrivere la sua relazione. Avrebbe fatto un breve riassunto delle indagini svolte e avrebbe concluso, immancabilmente, che il reato era stato compiuto da ignoti e che non c'era nessuna possibilità di individuare il colpevole. Dopodichè il Procuratore, seppure a malincuore, avrebbe finito per archiviare anche questa indagine.