domenica 27 ottobre 2013

Il caso Golden Trust - 3

Cap. 3 - Lunedì


Il lunedì mattina il caldo continuava ad allietare Bristow, con una sorta di estate anticipata. Il sole campeggiava placido nel cielo sereno e molta gente se ne andava in giro in maniche di camicia godendosi quel delizioso tepore. I volti delle persone erano distesi e tutti sembravano un po' più allegri del solito. Tutti meno Esther Hawkins, naturalmente.
La donna aveva poco più di cinquant'anni, ma ne dimostrava almeno dieci di più, per via di quel modo acido e sgarbato di fare che l'avevano invecchiata di dentro e di fuori. Però era a suo modo una dipendente affidabile, assolutamente onesta, per cui nessuno, alla Golden Trust , aveva mai pensato di mandarla via. Oltretutto, facendo la segretaria responsabile della direzione, controllava il lavoro di tutte le altre segretarie dell'azienda, per cui quel carattere un po' brusco sembrava proprio adatto alla sua mansione di cerbero. Le altre ragazze, ovviamente, la odiavano cordialmente, ma non si poteva negare che sapesse tenere la situazione sotto controllo.
Forte dell'autorizzazione scritta di Kurt Thomas, che dovette esibire per vincere l'ostilità della donna, Ben Wallace riuscì a convincerla a rispondere alle sue domande. La Hawkins, però, dopo aver squadrato da capo a piedi il suo visitatore, con espressione inequivocabilmente ostile, si rifiutò di lasciare la sua scrivania, per cui l'interrogatorio avvenne lì, nel bel mezzo del corridoio. Ben era un po' a disagio, perchè doveva parlare a bassa voce, per evitare che tutti sentissero tutto. Inoltre c'era il rischio di essere interrotti di continuo, o per via del telefono o da altre persone. Ma anche se aveva provato ad insistere, non c'era stato verso di convincerla.
- Siete proprio sicura, signorina Hawkins, che non ci siano stati altri visitatori, giovedì pomeriggio tra le due e un quarto e le sei e venti ?
- Certo. L'ho già detto. - rispose piccata.
- Nemmeno il dottor Perkins ?
- Nemmeno lui.
- E voi, per caso, non siete entrata nell'ufficio del dottor Thomas ?
La donna ebbe un sussulto.
- Certo che no. L'avrei detto, altrimenti.
- Beh, sì - disse Ben conciliante - però sa com'è... alle volte uno non ricorda bene...
- Come vi permettete ? Io ricordo benissimo. Ho una memoria di ferro.
Ben fece fatica a non sorridere. Più che farlo arrabbiare, quella povera donna gli faceva pena.
- Non lo metto in dubbio.
Squillò il telefono e la Hawkins sollevò la cornetta. Parlò per qualche minuto, mentre Ben, senza mostrare impazienza, se ne stava seduto tranquillamente, guardandosi intorno. Finalmente la telefonata terminò.
- E le tre persone che sono entrate, lo hanno fatto una volta sola ?
- Sì.
- In che ordine l'hanno fatto ? Lo ricordate ?
- Certo che lo ricordo.
Ben tirò fuori il blocco per gli appunti.
- Dunque - continuò la donna - la prima è stata la signorina Dehere.
- A che ora ?
- Saranno state le tre.
- Come era vestita ?
Esther Hawkins ebbe un gesto di disappunto.
- Come al solito, quella svergognata.
- Cioè - chiese Ben fingendo di non aver capito bene, tanto per saperne di più.
- Fa la civetta con tutti gli uomini della società, solo perchè crede di essere bella. Per cui gira sempre con certi vestiti...
- Immagino... corti, molto scollati, aderenti... dico bene ?
- Proprio così - confermò la donna acida - Vestiti che andrebbero meglio su una spiaggia di Westphal che non in un ufficio.
Ben represse un sorriso di comprensione.
- Fa la civetta proprio con tutti ?
- Certo.
- Ma non ha un fidanzato ?
- C'è Barry, il ragazzo addetto alla manutenzione, che le fa un po' la corte. E lei mostra di accettarla. Ma non per questo cessa di fare la smorfiosa con chiunque altro le capiti nei dintorni.
- Anche con il signor Thomas, il suo capo ?
La Hawkins restò un attimo a riflettere, poi scosse il capo.
- No. Con lui no. Il signor Thomas è una persona seria e non le dà confidenza. La Dehere ha capito subito che con lui sarebbe stata fatica sprecata e ha lasciato perdere. Ma per il resto...
- Quindi anche giovedì, Terry Dehere aveva il solito abitino succinto e attillato. - continuò Ben ritornando al punto.
- Esatto. Era rosso fuoco con dei fiori gialli. Un vero obbrobrio.
- Me lo immagino - mentì Ben fingendosi comprensivo. Una bella ragazza come la Dehere, vestita così, doveva essere un vero bocconcino. Ma certo la Hawkins non era la persona più indicata per apprezzarlo.
- Cosa teneva in mano, quando è uscita ?
- Pochi fogli tenuti insieme con un fermaglio.
- E null'altro ?
- Null'altro.
- E quanto tempo è rimasta dentro ?
- Ah, poco. Pochi minuti al massimo.
- Quanti, più o meno - insistette Ben.
- Mah, non so. Quattro o cinque.
- E vi sembrano pochi ?
La donna lo guardò piccata. Come si permetteva un estraneo di stabilire se i minuti che una delle segretarie passava in un ufficio erano tanti o pochi. Era lei che doveva controllare il loro lavoro. Mica lui.
- La signorina Dehere stava lavorando. - rispose stringendo le labbra - Il tempo che ha trascorso nell'ufficio del suo superiore era pienamente giustificato.
- Certo, certo - si affrettò a dire Ben, battendo prudentemente in ritirata.
Squillò di nuovo il telefono e la Hawkins prese rapidamente la comunicazione. Mentre la donna parlava, Ben restò a rimuginare sui movimenti della ragazza. Cinque minuti non erano poi troppo pochi per combinare qualcosa, ma neanche molti. E poi, combinare che cosa, visto che non poteva avere i soldi nascosti su di sé ? Per fortuna la telefonata fu breve e l'interruzione si concluse in pochi minuti.
- Proseguiamo, signorina Hawkins. - disse Ben rivolgendosi di nuovo alla donna.
- Prego.
Le parole che la donna usava erano spesso cortesi, ma il suo tono lo era molto meno. Si vedeva che era seccata per il tempo che Ben le faceva perdere e non faceva nulla per nasconderlo. Ma Ben aveva la suo indagine da portare avanti e non aveva nessuna intenzione di lasciarsi intimidire da quella sottospecie di manichino vestito da donna. Ne aveva viste ben di peggio nel suo lavoro.
- Stavamo parlando della signorina Dehere. La ragazza ha per caso le chiavi della cassaforte del signor Thomas ?
- No.
- Vi risulta che conosca la combinazione ?
- Non credo proprio. Perchè dovrebbe conoscerla, se non ha la chiave ?
- Mah, dicevo così, per scrupolo...
La donna non si curò di ribattere.
- OK. - continuò Ben riguardando i suoi appunti - Con la Dehere, per il momento, avrei finito. Passiamo ora a Nick Van Exel.
L'espressione della donna si addolcì leggermente, pur senza diventare cordiale. Evidentemente erano le donne in cima alla sua lista di antipatie.
- Il signor Van Exel è un funzionario importante, alla Golden Trust . – disse la Hawkins.
- Sì, so già di cosa si occupa. A che ora è entrato nella stanza?
- E' stato l'ultimo. E' entrato verso le cinque.
- Aveva qualcosa in mano ?
- Sì. Quando è entrato aveva un plico di fogli. Ma quando ne è uscito non li aveva più.
- Quindi è andato nell'ufficio di Thomas per consegnarli.
- Evidentemente sì - disse la donna stizzita, come se Ben fosse un po' tardo di mente.
- Quanto tempo è rimasto dentro ?
- Un minuto o poco più.
- Presumo che fosse vestito con la giacca.
- Esatto.
- Una giacca ampia ? - chiese Ben. Il suo problema, ovviamente, era sempre lo stesso: stabilire come aveva fatto il colpevole a portare fuori quei benedetti soldi.
- Beh, il signor Van Exel è piuttosto grasso. Per cui le sue giacche sono sempre un po' ampie.
Ah, questo era già un buon indizio.
- E scommetto che il signor Van Exel ha anche la chiave della cassaforte.
- Certo. Ma non vorrete mica sospettare di lui ?
- Perchè no ?
- E' una persona molto a modo. Non farebbe mai qualcosa di men che corretto.
- Certo, capisco - rispose in fretta Ben, che non voleva inimicarsi troppo la fonte delle sue notizie. Tra sé, però, Ben pensava che nessuna persona è troppo per bene, almeno dal di fuori, da non poter essere sospettata. Troppe volte nella sua carriera si era trovato di fronte a situazioni simili.
- Sapete per caso se il signor Van Exel ha degli hobby ? - continuò Ben cercando di prenderla più alla larga.
- Mi sembra che giochi a bridge in un circolo qui vicino. Credo anche che sia molto appassionato.
- E' bravo ?
- Beh, so che fa delle gare.
E gioca di soldi, magari, continuò Ben tra sè. Questo poteva essere un buon indizio.
- E dell'ultimo dei tre, George Lynch, cosa mi dite ?
Esther Hawkins tornò a contrarre il viso come se avesse mangiato del limone. Evidentemente, anche se maschio, l'egregio signor Lynch non era troppo ben visto dalla signora.
- Se c'è uno che può essere colpevole è proprio lui.
- E perchè ?
- E' un poco di buono, capite ? Uno di quei tipi moderni che girano con un orecchino all'orecchio e i capelli lunghi. Non può che essere lui, lo sento.
- Un poco di buono, certo - ripetè Ben senza convinzione.
- Non mi credete ? Chiedetelo in giro.
- Non è molto stimato, immagino.
- Da nessuno.
- E allora perchè non lo licenziano ?
La Hawkins allargò le braccia come se si trovasse di fronte a un fenomeno inspiegabile.
- E chi lo sa ? Certo, non è uno che abbia tanta voglia di lavorare.
- E di cosa si occupa ?
- Di computer.
Ah, ecco, si disse Ben. Forse è solo un geniaccio un po' eccentrico. Poi un esperto di computer non sembra proprio il tipo di persona che va d'accordo con una vecchia gallina come questa.
- A che ora è entrato nell'ufficio, Lynch ?
- Alle cinque meno un quarto, poco prima del signor Van Exel.
- Aveva qualcosa in mano ?
- Niente quando è entrato. Quando è uscito invece aveva una piccola cartellina.
- Piccola ?
- Sì, piuttosto sottile. So già cosa pensate.
- Cioè ? - chiese Ben divertito.
- Che se la cartellina è troppo piccola non poteva nascondere i soldi.
- Beh, in effetti... Non lo credete anche voi ?
La donna si strinse nelle spalle.
- Può darsi. Ma il colpevole è lui, ne sono certa. Cosa volete aspettarvi da un uomo che porta un orecchino ?
- Ah, certo, - concluse Ben - mi sembra una prova decisiva.
Per fortuna la donna non si accorse del suo sarcasmo, per cui Ben potè proseguire.
- Quanto tempo è stato dentro ?
- Oh, almeno un paio di minuti.
- Come era vestito ? Aveva la giacca pure lui ?
- La giacca... pfui... Non l'ho mai visto con la giacca in vita mia, quell'individuo. Era in maniche di camicia, come al solito.
- In maniche di camicia nell'ufficio del direttore ? - chiese Ben perplesso.
- Il signor Lynch ha sempre un abbigliamento molto discutibile. - commentò la donna arricciando il naso - E non mai fa niente per nasconderlo. Mi chiedo come facciano a tollerare la sua presenza qui.
Povero Lynch, si disse Ben, quasi quasi incomincia a diventargli simpatico.
- Com'è fisicamente ? Grasso come Van Exel ?
- No. E' magro come un chiodo, quell'individuo.
Ben scrollò il capo deluso. Difficile che George Lynch potesse essere il colpevole, nonostante i sospetti della donna. Dove mai avrebbe potuto nascondere tutti quei dollari rubati ?
- Ovviamente Lynch non possiede una copia della chiave, vero ?
- Santo cielo, no ! - rispose la Hawkins inorridita.
Figuriamoci, si disse Ben reprimendo un sorriso, dare la chiave della cassaforte a uno con l'orecchino. Ma siamo diventati matti ? Il telefono della Hawkins suonò ancora e Ben ne approfittò per dare una ricontrollata al suo bloc-notes. Ormai era fitto di appunti, e per il momento poteva anche decidere di averne abbastanza. Certo avrebbe dovuto ritornare alla Golden Trust per interrogare i tre principali sospetti, la Dehere, Lynch e Van Exel, ma avrebbe potuto farlo tranquillamente nel pomeriggio. Prima era meglio che se ne tornasse a casa e riordinare un po' le idee. La nuova telefonata fu piuttosto lunga, ma ormai Ben aveva finito e non aveva più troppa fretta. Attese senza impazienza che la Hawkins avesse finito e si alzò in piedi per accomiatarsi.
- Bene, signorina, io avrei finito.
- Prego.
- Vi ringrazio per la vostra cortesia.
- L'ho fatto solo perchè me l'ha chiesto il signor Thomas. - rispose lei piccata.
Alla faccia della cortesia, si disse Ben. Si alzò, salutò la donna con un breve cenno del capo e si diresse verso l'uscita.

* * * * *

Dopo aver fatto un salto a casa per mangiare un boccone, nel primo pomeriggio Ben Wallace tornò alla Golden Trust per continuare i suoi interrogatori. D'accordo con Perkins, si installò in uno dei salottini del primo piano, riservati ai visitatori, e fece chiamare, tanto per cominciare, George Lynch, l'impiegato con l'orecchino che tanto aveva disgustato Esther Hawkins.
L'uomo arrivò dopo pochi minuti, per nulla sorpreso. Sam Perkins, infatti, onde evitare equivoci, aveva avvertito tutti i dipendenti che la Golden Trust aveva ingaggiato un investigatore privato per scoprire l'autore del furto dei 200 mila dollari e che tutti dovevano essere pronti a rispondere alle sue domande. Lynch, orecchino a parte, non era effettivamente una persona che, ad una prima occhiata, ispirasse particolare fiducia. Era piuttosto magro, un po' curvo, quasi malaticcio, con l'aspetto della persona che non ha mai fatto sport in vita sua. Indossava un paio di jeans stinti e una camicia a quadrettoni senza cravatta. Ai piedi scarpe da ginnastica abbondantemente consunte.
Anche lo sguardo non sembrava quello di una persona diretta e sincera, ma non lo si poteva definire ingannatore. Insomma, un tipo non facile da inquadrare, per Ben Wallace, nonostante la sua esperienza in materia. Ben, seduto a un lato del tavolo, si alzò quando entrò il suo interlocutore e gli stinse la mano. Lynch borbottò qualcosa in risposta al saluto di Ben e sedette senza dar mostra di nessuna cordialità.
- Bene signor Lynch, immagino che sappiate chi sono io.
L'uomo si limitò ad annuire.
- E sapete anche per quale motivo mi trovo qui, ora.
Lynch annuì ancora. L'uomo non aveva ancora aperto bocca, e guardava l'investigatore con un atteggiamento tra il nervoso e l'indolente. Accidenti che chiacchierone, si disse Ben, mentre cercava di capire un po' meglio il suo uomo.
- Voi vi occupate di computer, se non sbaglio.
- Sì.
Oh, finalmente l'oracolo aveva parlato.
- Di che cosa esattamente ?
George Lynch restò un attimo in silenzio, come se dovesse valutare se doveva proprio rispondere oppure no, poi si decise.
- Mi occupo dei nostri personal computer e dei collegamenti in rete.
- Un lavoro interessante...
L'uomo rispose con una specie di smorfia, ma non fece commenti. Ben era un po' stupito, perchè si era fatta una certa idea di quell'individuo.
- Non vi piace lavorare con i computers ?
- Sì.
Ancora monosillabi. Non sarebbe stato facile interrogare quel tipo.
- E qui alla Fim-Trading non lavorate con i computers ?
- Sì, ma in un altro modo.
Adesso capisco, si disse Ben. Probabilmente aspira a un lavoro più qualificato e non è ancora riuscito ad ottenerlo. Programmatore, magari, o qualcosa di simile. Bene, buono a sapersi.
- Voi avete spesso contatti con il signor Thomas, il direttore generale ?
- No.
- Però giovedì siete andato nel suo ufficio.
- Sì.
- Anche se lui non c'era.
- No.
- Come mai ?
- Dovevo ritirare un fascicolo.
- Succedeva spesso che il dottor Thomas vi passasse dei fascicoli ?
- No. Mai.
- Giovedì invece sì.
- No. Non era suo. Era mio.
- Il fascicolo ?
- Sì.
- E cosa conteneva ?
Lynch fece un mezzo sospiro. Probabilmente si era reso conto che doveva fare uno sforzo e spendere qualche parola in più per spiegarsi.
- Avevo fatto un breve studio per l'acquisto di lettori di CD Rom.
- Ah. E il dottor Thomas l'aveva già visto ?
- No.
- E allora come mai l'avete ripreso ?
Altra pausa, altro mezzo sospiro.
- Mi erano arrivate delle altre informazioni importanti sull'argomento.
- E quindi... ?
- Ho approfittato del fatto che il direttore non c'era per riprendere il fascicolo e completarlo.
- E poi glielo avrebbe riportato il giorno dopo... - concluse Ben.
- Già.
Ben continuava a restarsene placidamente appoggiato allo schienale della poltroncina, per nulla disturbato da quello strano tipo.
- Voi sapevate che nella cassaforte c'erano 200 mila dollari in contanti ?
Lynch si strinse nelle spalle.
- No. Non m'interesso di queste cose.
- Volete dire che vi occupate solo dei computer e non sapete nulla del lavoro della società ?
L'uomo annuì.
- Non avete la chiave della cassaforte ?
- Cosa me ne farei ?
- L'avete mai vista aperta ?
- Non credo proprio.
- Che ora era quando siete entrato nell'ufficio di Thomas per prendere il fascicolo ?
Lynch si strinse di nuovo nelle spalle. Sembrava il suo gesto abituale o forse era solo un atteggiamento di autodifesa.
- Non me lo ricordo.
Ben tirò fuori il bloc-notes e consultò un attimo gli appunti che aveva preso al mattino parlando con Esther Hawkins.
- La signorina Hawkins dice che voi siete entrato verso le cinque meno un quarto.
- Se lo dice lei, sarà vero.
- E quanto tempo siete rimasto dentro la stanza ?
Lungo silenzio.
- Non saprei.
- Un paio di minuti ? - insistette Ben.
Altro silenzio.
- Può darsi.
- Non sono un po' troppi per prendere semplicemente una cartellina ?
L'uomo si strinse nelle spalle.
- Non era il mio ufficio, quello. Non riuscivo a trovarla subito.
Ben restò un attimo in silenzio anche lui. Come scusa sembrava ragionevole, ma non c'era la controprova. Difficile dire se il signor Lynch faceva la scena o era proprio così come appariva. In ogni caso non sembrava che il colloquio potesse dare altri risultati, quindi tanto valeva piantarla lì e continuare con gli altri. Si alzo dalla poltroncina e tese la mano al suo ospite.
- Bene, per il momento è tutto. Vi ringrazio per la collaborazione.
Lynch strinse svogliatamente la mano di Ben, girò sui tacchi senza dire nulla e se ne andò. Forse è solo un poveretto che si trova a suo agio solo tra i suoi computers, e neppure sempre, oppure è un furbacchione abile e sottile. Chissà ? Ben alzò il telefono, chiamò il centralino e si fece mandare giù Terry Dehere, la bellissima segretaria di mister Thomas. C'era da sperare che fosse un po' più loquace del suo collega. E se no, almeno, avrebbe potuto lustrarsi un po' gli occhi con i suoi vestiti corti ed attillati che tanto "piacevano" ad Esther Hawkins.

* * * * *

Terry Dehere era effettivamente una gran bella ragazza. Abbastanza alta, con i capelli neri che le cadevano sciolti sulle spalle, un fisico veramente notevole, sapientemente sottolineato de un vestito senza maniche, molto corto e molto aderente. Il modo di fare era quello classico della ragazza che sa di essere bella e ammirata e non perde occasione per mettersi in mostra, ma non c'era una particolare sfacciataggine nel suo modo di fare. Dimostrava non più di 24, 25 anni e dava l'idea di avere ben chiaro in mente dove voleva arrivare nella vita. Sicuramente in alto, magari sfruttando, entro certi limiti, la sua bellezza e il suo fascino.
Anche se in lei c'era qualcosa più di istintivo che di calcolato. Insomma, poteva essere una di quelle ragazze di umile famiglia che cercano di fare le ciniche arriviste dando la caccia a un pezzo grosso per sistemarsi. E poi magari finiscono per mollare tutto perchè si innamorano follemente di un ragazzo squattrinato che le piace. Ben la salutò con un bel sorriso, sincero per la verità, e le fece segno di accomodarsi davanti a lui. La ragazza ricambiò il sorriso e si sedette con un movimento aggraziato.
- Spero di non disturbarvi troppo, signorina Dehere.
- No, ci mancherebbe. Chiamatemi pure Terry. Mi chiamano tutti così.
- Bene, signorina Terry. Voi avete qualche idea su chi possa essere stato a fare il colpo alla cassaforte ?
- Oh, proprio non saprei.
- Voi andate spesso, nell'ufficio del dottor Thomas ?
- Beh, sì. Sono la sua segretaria personale.
- Però non avete la chiave della cassaforte.
- No, la chiave ce l'hanno poche persone. E tutto sommato preferisco così.
- Perchè ?
La ragazza fece un gesto vago con la mano.
- Sono responsabilità, queste. Io sono solo una segretaria. Mi va bene così.
- Vi capisco, Terry - disse Ben con un sorriso.
- Guardate cosa è successo col questo furto. Polizia, interrogatori, arrabbiature, complicazioni, responsabilità. Se avessi avuto la chiave della cassaforte sarebbero stati guai grossi anche per me. Invece così... - Terry Dehere lasciò in sospeso la frase e sorrise a Ben, mostrando due file di denti bianchissimi e regolari.
- Quindi non sapete come si apre la cassaforte.
- No. E non voglio saperlo.
- Ma vi sarà successo che il signor Thomas l'abbia aperta in vostra presenza, no ?
La ragazza si strinse nelle spalle. Era quasi lo stesso movimento di George Lynch, ma, ovviamente, risultava molto più aggraziato e simpatico.
- Può darsi. Ma io mi giravo dall'altra parte.
- Niente responsabilità, niente complicazioni - concluse Ben.
- Esatto.
Ben se la prendeva con calma, cercando di inquadrare la ragazza. Non sembrava poi così avulsa dall'assumersi responsabilità, se il gioco valeva la candela. Doveva essere un tipo ambizioso, sotto sotto. E quell'ostentare un rifiuto assoluto di lasciarsi coinvolgere sembrava a prima vista esagerato. Ma era difficile esserne certi. Forse aveva capito che a livello aziendale era più intelligente tenersi fuori da certe cose, e lasciava la sua ambizione per altri obbiettivi. Chissà ?
- Voi avete un fidanzato, signorina ?
Terry Dehere arrossì un poco.
- Più o meno.
- Cioè ?
- Beh, sono buona amica di Brent, ma poco di più.
- Chi è Brent ?
- Brent Barry, il ragazzo addetto alla manutenzione.
Già, adesso si ricordava di quello che gli aveva detto la Hawkins. Certo, sembrava un tipo da puntare più in alto, la ragazza. Ma...
- E' giovane ?
- Oh sì, - disse lei con un sorriso splendente - e balla divinamente.
Ci avrei giurato, si disse Ben sorridendo fra sè e sè.
- E pensate di sposarvi ?
La ragazza ebbe una piccola esitazione e un nuovo breve rossore.
- Beh, non credo. Cioè... mi sembra prematuro. In fondo, per il momento, siamo solo buoni amici.
Ben pensò che probabilmente la ragazza voleva semplicemente tenere il piede in varie scarpe. Divertirsi un po' con il simpatico ballerino, senza sentirsi vincolata nel caso che le capitasse qualcosa di meglio. Perchè no ? A vent'anni si poteva anche fare.
- Voi sapevate che quel giorno nella cassaforte c'erano 200 mila dollari ?
- Beh sì. Io so quasi sempre tutto quello che fa il dottor Thomas. Sono la sua segretaria personale.
- Ma li avete visti ?
- No. Non guardo mai dentro la cassaforte.
- E quando il signor Perkins è entrato, nel primo pomeriggio, a prendere quegli assegni ?
- Nemmeno.
- Ma siete stata voi che gli avete chiesto di aprirla no ?
- Sì, perchè dovevo darle a Michael Finley, il fattorino. Però non sono entrata nella stanza.
- E quando siete entrata successivamente nella stanza, cosa avete fatto ?
Terry Dehere fece di nuovo quel suo gesto vago, molto aggraziato.
- Dovevo sistemare della roba sulla scrivania del signor Thomas, archiviare documenti, le solite cose che fanno parte del mio mestiere.
- Avete portato fuori qualcosa ?
- Sì, una relazione che dovevo ribattere perchè c'erano delle correzioni da fare.
- Nient'altro ?
- Direi di no. D'altra parte - aggiunse con un sorriso - la signorina Hawkins mi avrebbe visto e ve lo avrebbe già detto, no ?
- Giusto. - convenne Ben.
E brava la nostra Terry, che teneva conto anche del fattore Hawkins. In una situazione del genere diventava sempre più improbabile che fosse lei la colpevole. Sapeva fin troppo bene che non avrebbe potuto far passare le mazzette di dollari sotto il naso di quella cornacchia. Ben fece ancora quattro o cinque domande, così, per scrupolo, ma non ne ricavò niente di particolare. Salutò la ragazza, la ringraziò, e rimase ad osservarla con sincera ammirazione mentre se ne andava dalla stanza. Comunque fosse andata, era proprio un bel bocconcino. Meno male che non c'era la sua Kate lì, a vedere come la guardava.

* * * * *

Ben si concesse qualche minuto di pausa, stiracchiando un po’ le lunghe braccia, poi chiamò il centralino per farsi mandare Nick Van Exel, il funzionario con la passione del gioco. Chissà che dal suo interrogatorio non ne venisse fuori qualcosa di un po' più utile ? La sua speranza, però, almeno per il momento, andò delusa. La centralinista infatti lo richiamò subito dopo per dirgli che il signor Van Exel era già uscito dalla Golden Trust per lavoro e che non sarebbe rientrato fino all'indomani mattina.
Ben ebbe un gesto di disappunto, lì per lì, poi si mise subito tranquillo. In fondo in quell'indagine non c'era davvero nessuna fretta. Guardò l'ora e decise che per quel pomeriggio ne aveva avuto abbastanza. Meglio tornare in ufficio e mettersi fare qualcos’altro, anche se non aveva nulla di particolarmente importante in sospeso. Ben uscì dalla stanza e si diresse verso l'atrio. Alla Golden Trust sarebbe ritornato comodamente il mattino dopo, per finire i suoi interrogatori a mente più fresca. Tanto il ladro, essendo un dipendente della società, non poteva certo scappare.

sabato 19 ottobre 2013

Il caso Golden Trust - 2

Cap. 2 – Sabato


Sam Perkins e Kurt Thomas arrivarono puntuali nell’ufficio di Ben Wallace, al numero 125 di Market Street,. Erano quasi le nove del mattino e a Bristow c'era già un bel sole alto nel cielo che rallegrava la città. Ben accolse i due uomini con cordialità, quindi sistemò il suo metro e novantacinque sulla poltrona della scrivania e li fece accomodare davanti a lui.
- Bene, se volete raccontarmi i vostri guai... – disse col suo vocione.
Perkins fece per incominciare a parlare, poi esitò un attimo, guardando l'amico, nel timore di sembrare troppo invadente. Ma Thomas lo tranquillizzò subito.
- Parla pure tu, Sam. Sei tu che hai vissuto la faccenda in prima persona, giovedì. Io quel giorno non c'ero.
- Già. Purtroppo.
- Di che si tratta ? - intervenne Ben - Sono spariti dei soldi ?
- Esatto - confermò Perkins - E si tratta di una grossa somma, almeno per noi. – continuò Perkins - Duecentomila dollari in contanti.
- Beh, pochi non sono di certo. Raccontatemi tutto, allora.
Con un sospiro, Sam Perkins si preparò a riferire tutta la storia, cercando di non tralasciare neppure i minimi particolari. Il suo racconto incominciò dal mercoledì pomeriggio, quando Thomas era andato personalmente alla First National Bank di Bristow per ritirare i duecentomila dollari necessari per il prestito in contanti che avevano promesso a Gary Payton, l'allibratore di Nelson. Kurt Thomas, seduto di fianco a lui, annuiva di tanto in tanto, ma senza intervenire.
- Era frequente, un prelievo in contanti di quell'importo ? - intervenne Ben.
- No, frequente no. Però era già capitato. - rispose Perkins.
- Continuate pure.
Perkins si grattò una guancia, poi continuò.
- Le mazzette, 20 da 10.000 dollari ciascuna, sono state portate alla Golden Trust direttamente da Kurt, e messe dentro la cassaforte da lui personalmente.
- Dove si trova, la cassaforte.
- Nell'ufficio di Kurt.
- E' l'unica che avete ?
- No. Ma è la più grande. Al piano terra gli impiegati che trattano con il pubblico hanno delle piccole casse con chiusura a combinazione, ma appena possono le svuotano trasferendo i contanti in quella grossa.
Ben annuì.
- E' incassata nel muro ?
- Solo parzialmente, perchè è piuttosto grande.
- Come mai è stata installata proprio lì ?
Perkins allargò le braccia.
- Lo abbiamo sempre ritenuto il posto più sicuro.
- E lo era sempre stato, almeno fino a ieri - borbottò Kurt Thomas intervenendo nella discussione.
- Chi possiede le chiavi della cassaforte ?
- Siamo in pochi: Kurt , ovviamente. Io, come vice direttore. E poi Nick Van Exel, un altro funzionario di grado elevato, che si occupa del settore finanziario.
- Nessun altro ?
Perkins scosse il capo.
- Nessun altro.
- Sembra dunque che questo signor Van Exel sia il principale sospetto.
- Sembrerebbe sì, ma non è così semplice. In fondo, delle chiavi si può sempre fare un duplicato, avendo tempo, pazienza ed accesso agli uffici della direzione.
- Anche questo e vero. - ammise Ben.
Perkins continuò la sua narrazione. Parlò del fatto che giovedì Thomas era fuori per lavoro e che quindi, nel tardo pomeriggio, quando l'allibratore Payton era venuto a ritirare i soldi, era stato lui, Perkins, che aveva aperto la cassaforte, accorgendosi con grande stupore che le mazzette non c'erano più. Poi gli raccontò di come aveva affrontato l'emergenza, con Payton e gli altri dipendenti della società, fino all'arrivo della polizia con tutto quello che ne era seguito. Infine riferì a Ben della visita dell'ispettore Ferry e della sensazione, sua e di Thomas, che, viste le circostanze e la persona incaricata, non avrebbero potuto aspettarsi gran che dalle indagini della polizia.
Ben si concesse un mezzo sorriso.
- Sì, conosco di vista l'ispettore Ferry e temo di dover essere d'accordo con voi. Il buon Danny è un bravissimo ragazzo, ma non ha molto intuito, purtroppo.
- Appunto. Per questo siamo venuti da lei. Noi dobbiamo trovare quei soldi. E anche il maledetto bastardo che ce li ha rubati.
- Anche perchè - intervenne Thomas - il colpevole è sicuramente uno della società.
- Poco ma sicuro - confermò Perkins - E, dopo quello che è successo, non possiamo continuare a lavorare con tutti quanti, così, come se niente fosse.
Ben si appoggiò allo schienale della poltroncina e annuì.
- Certo. L'ombra del sospetto calerebbe per sempre tra di voi e non riuscireste più a lavorare con tranquillità, fidandovi l'uno degli altri.
- Esatto, signor Wallace. - disse Perkins - Vogliamo mettere le mani su quel disgraziato che ha tradito la nostra fiducia. A qualsiasi costo.
- Se saremo fortunati ci riusciremo. – disse Ben - E adesso mettiamoci al lavoro.
Ben si rivolse come al solito al fido computer.
- Pico, preparati a prendere appunti.
- SONO PRONTO.
- E voi, signori, – continuò Ben – raccontatemi tutto quello che i poliziotti hanno fatto saltare fuori dalle prime indagini.
- D'accordo. - disse Perkins annuendo - Il primo punto importante è che il furto è avvenuto sicuramente nel pomeriggio.
- Come fanno ad esserne così sicuri ? - chiese Ben.
- Semplice. Nel primissimo pomeriggio ho dovuto aprire la cassaforte per prendere dei documenti e ho visto che le mazzette c'erano ancora.
- Che ora era ?
- Le due e un quarto, più o meno.
- Avete tenuto aperta la cassaforte a lungo ?
- No. La richiesta veniva da Terry Dehere, la segretaria personale di Thomas – disse indicando l’amico e collega di fianco a lui - ed era relativa a due assegni protestati che dovevano essere restituiti al debitore.
- La ragazza era presente, quando voi avete aperto la cassaforte ?
- No, era fuori, insieme con il fattorino, Michael Finley.
- Il fattorino ? – chiese Ben incuriosito.
- Era una cosa urgente. La Dehere li avrebbe messi in una busta sigillata e Finley li avrebbe poi consegnati personalmente al destinatario.
- Poi voi avrete richiuso la cassaforte senza nessun contrattempo, immagino.
- Sì. Non ci sono stati problemi. La polizia non ha dubbio che il furto sia avvenuto più tardi, nel pomeriggio, e quindi ha cercato di ricostruire con la massima precisione quello che è successo dopo. Per la precisione tra le due e un quarto, ora in cui io ho preso gli assegni per la Dehere, e le sei e venti, l'ora in cui, aprendo nuovamente la cassaforte per Gary Payton, l'allibratore, mi sono accorto che le mazzette di dollari erano sparite.
- Uno spazio di quasi quattro ore, quindi. - concluse Ben – E sono riusciti a ricostruire i movimenti ?
- Sì. E' stato abbastanza facile perchè Thomas non c'era, come vi ho già detto, ed io non sono più ritornato nella stanza.
- La stanza era chiusa a chiave ?
- No.
- E allora come fanno fatto a sapere chi ci è entrato e chi no ? - chiese Ben.
- Sfruttando la testimonianza di Esther Hawkins. La segretaria responsabile della direzione.
- Una splendida ventenne bionda con gli occhi azzurri, immagino - scherzò Ben.
Thomas scrollò il capo con un mezzo sorriso.
- Tutto il contrario. E' una vecchia zitella rinsecchita, acida come un limone ma estremamente affidabile e fedele. Lei non sta in un ufficio come le altre, ma ha la sua scrivania proprio nel corridoio davanti agli uffici della direzione. Per cui vede sempre perfettamente chi entra e chi esce, da ciascuna stanza.
- Non si muove mai da lì ?
Perkins scrollo il capo.
- Quel pomeriggio, nelle quattro ore “incriminate”, non si mai alzata dalla sua scrivania, neppure per andare in bagno.
- Una testimone ideale... E chi avrebbe visto, questa specie di cerbero ?
- Solo tre persone. E una sola volta ciascuna delle tre.
- Sentiamo.
- La prima è Terry Dehere, la segretaria di Kurt. Ha l'ufficio a fianco ma, anche in sua assenza, aveva ovviamente bisogno di entrare nel suo ufficio per portare avanti il lavoro. Il secondo è un funzionario, Nick Van Exel, che doveva portare una relazione. Aveva spesso contatti con Kurt, essendo un funzionario di grado elevato, che si occupava del settore finanziario. Perciò anche la sua presenza era frequente nell'ufficio del direttore generale. Il terzo è un semplice impiegato, un certo George Lynch.
- Non mi direte che fosse anche lui "uno di casa", in quell'ufficio. – chiese Ben.
- No, certo. Però dice che doveva recuperare una pratica per un lavoro urgente, e siccome il fascicolo era finito sulla scrivania di Thomas, e lui non c'era...
- ... era andato a prenderselo da solo. - concluse Ben.
- Proprio così.
- Beh, non dovrebbe essere impossibile pescare il colpevole, tra questi tre.
- Loro ovviamente negano.
- Questo è scontato. Però 200.000 dollari non si tengono nella tasca dei pantaloni. - continuò Ben - Chi ha preso quelle mazzette ha dovuto pur nasconderle da qualche parte. Se qualcuno aveva in mano un involucro sufficientemente grande da contenerle, potrebbe facilmente essere il colpevole.
- In effetti è esattamente il ragionamento che ha fatto la polizia. – disse Thomaa allargando le braccia in un gesto di impotenza. – Purtroppo pare che nessuno dei tre sia uscito con un contenitore di quelle dimensioni.
- Oh cribbio ! – esclamò Ben - Nemmeno Lynch, che cercava una pratica ?
- Nemmeno lui. La Hawkins è certa che fosse una cartelletta sottile con pochi fogli .
- Accidenti. Sembra proprio un enigma.
- Lo è, signor Wallace, lo è – disse Perkins.
- Che intenzioni avete, adesso ? – chiese Thomas
- Non ho molte alternative, per cominciare. Lunedì mattina verrò da voi, alla Golden Trust e comincerò ad interrogare di nuovo le persone coinvolte. 
- Ma le ha già interrogate la polizia.
- Appunto. L’unica speranza è che da quegli interrogatori non sia venuto fuori proprio tutto. Che ci sia ancora qualcosa da scoprire che non sappiamo. Magari anche solo per dimenticanza. Un dettaglio, un particolare, una sfumatura... qualcosa a cui attaccarsi, insomma.
- Me lo auguro, signor Wallace, ma sarà difficile. – disse Perkins.
- Sarà difficile, lo so. Ma l’esperienza mi ha insegnato che può succedere più spesso di quanto si pensi.