<< Film di grande spessore. (...) La trama è tosta, solida, da far paura. Il conclave, la designazione del nuovo papa, è quasi il ‘pretesto’ per la narrazione, l’idea-base da cui partire ma che poi si allarga cosmicamente fino a divenire un’indagine sull’uomo,sulla sua capacità di fingere e di essere,soprattutto se riferita ad un uomo che, come il Cristo – e la metafora percorre tutto il film – è ‘solo’ uomo,ma è anche divino, è il santo padre–come lo definisce uno dei prelati parlando con moretti-psicanalista che lo ‘chiama’ solo uomo.
Ma è uomo con grande, troppo peso sulle spalle, quello del mondo ecumenico,la cattolicità intera,così come il Cristo aveva nel destino la salvezza del genere umano. (...)
E’ il Woytila della gioventú, quello che scriveva poesie e pièces teatrali e recitava, quello che fugge dopo la sua elezione – uno stupendo ottantacinquenne, mostro sacro in sempre ottima forma, il grande Michel Piccoli – l’uomo che rifiuta la sua umana condizione, troppo pesante da affrontare, troppo umana-mente insopportabile,troppo onesto per continuare a mentire a se stesso ed a quel miliardo di persone che si aspettano da lui cose che non è in grado di dare. E l’uno nessuno e centomila di pirandelliana memoria sempre meno si confanno alla solitudine dell’uomo moderno,novello Cristo di un quotidiano sempre più faticoso da vivere.
La leggerezza al rigoroso spessore del film viene, quasi paradossalmente, dalla stessa interpretazione di Nanni,la parte che si è scelta non è casuale, giocata com’è sul filo di un surrealismo a tratti buňueliano ma che, in realtà, fa parte della serie delle sue consuete auto-glorificazioni che però ci stanno e benissimo ,usate stavolta in maniera–ancora paradossalmente, mèta-paradossalmente–auto-ironica, per creare un equilibrato contraltare, esaltandola sottovoce, alla enorme vicenda umana che si dipana davanti ai nostri occhi.
E’il Moretti maturo che ha ritrovato il miglior se stesso raggiungendo con Habemus papam un’eleganza formale ed una raffinatezza di sintesi che san quasi di perfezione, di eternità. Persino commovente il finale:l’autenticità di comportamento nell’accettarsi nella propria impotenza di essere umano,ammessa pubblicamente, alla finestra del Vaticano di fronte al virtuale-vero miliardo di fedeli che lo attendevano, e coerentemente ed onestamente sottrarsi, accettando responsabilità e conseguenze di quanto fatto, è sentimento e dichiarazione d’intenti impensabile e, quindi, ancor più encomiabile, proprio in questa nostra società odierna. >>
<< Con Habemus Papam, un film sorprendentemente empatico con il sentire comune della gente cristiana, Nanni Moretti lancia un messaggio chiaro e deciso alla Chiesa: l’invito a riflettere e guardarsi allo specchio per analizzare i propri errori, fare autocritica, e poi magari tornare a scendere in campo per venire - davvero - incontro alla gente.
Stupisce che a lanciare un messaggio di tale portata e di tale levatura sia un ateo - dichiaratamente non credente - come il regista romano.
L’accostamento reale alla gente comune è probabilmente il lato mancante della Chiesa contemporanea: Habemus Papam lo sottolinea in modo magistrale, e Le lancia un invito, quasi un accorato appello, ad uscire dalle proprie mura, dai propri dogmi, e ad andare incontro ai veri bisogni della gente, che la Chiesa, da secoli rinchiusa nelle sue alte mura, non è forse più in grado di riconoscere e capire. (...)
Il Papa Morettiano dipinto nella pellicola è forse il miglior Papa della storia, il Papa che non c’è mai stato... il Papa che decide di scendere dal suo trono per camminare tra la gente, carpirne gli umori e capirne le necessità.
Tutto il film è una metafora in tal senso: quando il Papa entra in crisi (una grandiosa metafora della crisi di incapacità di comunicare della chiesa contemporanea) tutti in Vaticano, dal primo dei Cardinali al responsabile della comunicazione, si preoccupano soprattutto di salvare le apparenze con stampa e tv, fermandosi alle classiche frasi di rito, per continuare a sentirsi protetti ed al sicuro, non avendo il coraggio di provare a fare un passo in avanti per cercare di capire quale sia la reale natura del problema.
Di fronte alla improvvisa debacle del neo Papa, si viene a creare una sorta di sospensione temporale nei confronti del mondo, simboleggiata dalle alte mura Vaticane, con lo scopo di poter mostrare alla gente, alla fine della vicenda, solo la faccia colma di giubilo al momento del tanto atteso annuncio solenne che dà il titolo al film, come se non fosse mai successo nulla.
Il neo-Papa in crisi, che gira di notte tra la gente, è uno splendido ritratto della Chiesa che forse la gente vorrebbe, una Chiesa più vicina alle difficoltà, alle paure, ai disagi ed alle incertezze delle persone.
Fortemente simbolico il finale: il Papa che finalmente trova il coraggio di mettersi in discussione, rinuncia alla carica, consapevole che la Chiesa attuale, forse, non può esistere così.
Da sottolineare, infine, un altro aspetto degno di nota della pellicola: la critica all’eccesso di fede nella psicoanalisi, da sempre rivale della fede mistica: un lato dell’ironia viene infatti riservato, a garanzia della par condicio di una visione globale, agli stessi psicoanalisti protagonisti del film (lo stesso Moretti e Margherita Buy), che tendono a ripetere sempre le stesse cose a prescindere dalla situazione. >>
MYMOVIES.IT
Nessun commento:
Posta un commento