domenica 13 ottobre 2013

Il caso Golden Trust - 1

Cap. 1 – Venerdì


Kurt Thomas e Sam Perkins si guardarono sconsolati, mentre l'ispettore Ferry, della polizia di Bristow, raccoglieva i suoi fogli e si alzava, pronto ad andarsene. Erano le sei e mezza del pomeriggio, un caldo pomeriggio di fine maggio. Ferry aveva fatto il suo onesto lavoro, dando un'occhiata attenta ai locali della società, la Golden Trust, e raccogliendo le testimonianze di tutte le persone coinvolte nella faccenda. Ma si vedeva lontano un miglio che non era uno degli ispettori più preparati che la polizia di Bristow avesse a sua disposizione.
Bastava guardarlo. Era giovane, col viso acqua e sapone del ragazzo per bene, ma lo sguardo era privo di quella scintilla indefinibile, tipica delle persone intelligenti e perspicaci. Una specie di "Forrest Gump", insomma. Un tipo onesto ed ottimo per tante cose, ma non certo adatto a risolvere un caso complicato come quello che gli avevano affidato. Ferry rivolse un sorriso smagliante ai due uomini davanti a lui e strinse loro la mano.
- Signori, per oggi il mio compito è finito.
- Bene - borbottò Thomas, cupo.
In realtà avrebbe voluto dire "male", vista la situazione, ma la buona educazione glielo impediva. Come direttore generale della Golden Trust, Kurt Thomas aveva assistito ai primi interrogatori che si erano svolti in azienda, e non era stato un bello spettacolo vedere Ferry al lavoro. Sam Perkins, il vice direttore, che stava di fianco a lui, la pensava allo stesso modo.
- Se avrò ancora bisogno di voi, ritornerò a trovarvi - continuò Ferry.
- Sì, certo. Venite pure quando volete - rispose Perkins.
Ma sapevano benissimo tutti e due che non l'avrebbero più rivisto per un pezzo. E d'altra parte, cos'altro potevano aspettarsi, visto quello che stava succedendo in quei giorni a Bristow ? Tutti i migliori poliziotti e investigatori della città, infatti, erano impegnati a tempo pieno in un altro caso, molto clamoroso, che aveva coinvolto la figlia di un noto industriale della città. C'erano di mezzo un sequestro di persona, un giro di droga e probabilmente una violenza sessuale di gruppo. E così, invece che uno in gamba, gli avevano mandato Forrest Gump.
Purtroppo, quello che era successo, rappresentava per loro un grosso guaio. La Golden Trust era una piccola finanziaria, abituata a trattare il denaro con cautela, sempre sul filo del rasoio per quanto concerneva i propri conti. Non poteva certo permettersi di rinunciare a 200 mila dollari così, a cuor leggero. A tanto infatti ammontavano i soldi spariti improvvisamente il giorno prima. Rubati, ovviamente.
Per loro era una bella somma, ma non era solo questo. Le circostanze indicavano che il colpevole era quasi sicuramente uno della ditta e questo, a Thomas e Perkins, riusciva assolutamente intollerabile. Per questo desideravano con tutto il cuore catturare al più presto il colpevole, chiunque esso fosse: per sapere qual era la serpe che li aveva derubati sotto il loro naso con tanta abilità.
L’ispettore Ferry uscì dalla sala dove si trovavano, la grande sala riunioni del terzo piano, ed entrò nell'ascensore, scortato da Esther Hawkins, "prima segretaria" della direzione e responsabile del piano. Thomas e Perkins lo osservarono mentre saliva sull'ascensore, attesero che le porte si chiudessero e poi si guardarono sconsolati, scrollando il capo. Quindi, senza dire una parola, si diressero nell'ufficio di Thomas per sfogare della loro amarezza lontano da orecchie indiscrete.

* * * * *

La Golden Trust limited era una piccola società finanziaria di Bristow e occupava i primi tre piani di una bella palazzina nel centro della città. Al primo piano c'erano gli uffici aperti al pubblico, la sala dei fattorini e gli archivi. Al secondo tutti gli uffici dei vari impiegati. Al terzo infine le stanze dei dirigenti, quelli delle relative segretarie e la grande sala-riunioni.
La società era specializzata nel credito al consumo, ma, se capitava, faceva credito a chicchessia, sempre, beninteso, restando nei limiti della legge e cercando di non immischiarsi mai, nemmeno per leggerezza, in affari poco puliti. Era una strada apparentemente facile, quella, perchè consentiva facili e rapidi guadagni, ma pericolosa e piena di rischi.
Per questo, per gestire la loro società, avevano sempre scelto persone abili e intraprendenti, ma assolutamente corrette. Kurt Thomas, l'attuale direttore generale della Golden Trust, era un uomo alto e robusto. Era molto scuro di carnagione, essendo originario dei Caraibi, ma aveva il naso sottile e i lineamenti poco marcati. I capelli, che teneva tagliati molto corti, erano scuri e ricci e gli occhi nerissimi.
Sam Perkins, invece, era il vice-direttore. Di media statura, magro, dinoccolato, con le braccia molto lunghe e le mani grandi, era stato un discreto giocatore di basket, in gioventù, ai tempi dell'università. Finito il college, aveva tentato la strada del campionato professionistico, ma senza fortuna, perchè, a quei livelli, non aveva la statura o un fisico sufficientemente agile e potente per poter emergere. Il basket comunque gli era rimasto nel sangue, e ancora adesso, quando poteva, si divertiva a giocare in piccoli tornei amatoriali.
Perkins aveva quarantadue anni, cinque in meno di Thomas, ma l'attività fisica gli consentiva di esibire un fisico ancora asciuttissimo, da trentenne. Aveva l'ufficio a fianco di quello del Direttore Generale ed era a tutti gli effetti il numero due dell'azienda. Il suo ufficio ospitava gli schedari più riservati della società, mentre nella stanza di Kurt Thomas era installata la cassaforte principale. Si trattava di un modello recente, piuttosto robusto, di media grandezza, dove spesso transitavano somme di denaro anche ingenti. Molti prestiti, infatti, su richiesta degli stessi clienti, venivano fatti direttamente per contanti, e sempre per contanti venivano ricevuti anche molti pagamenti.
Proprio la cassaforte principale della ditta era, quel pomeriggio, al centro dei tristi pensieri dei due dirigenti. Una cassaforte che era rimasta per anni inviolata, fino a che, proprio il giorno prima, giovedì, era successo il fattaccio che aveva portato la polizia, per la prima volta nella sua storia ormai più che decennale, dentro le stanze della Golden Trust . Quel giovedì, infatti, la cassaforte aveva contenuto, oltre al solito deposito di poche migliaia di dollari, anche la bella somma in contanti di 200.000 dollari e, prima che fosse sera, i soldi non c'erano più: puff, spariti.
I duecentomila dollari, in 20 mazzette di diecimila dollari ciascuna, erano stati ritirati dalla loro Banca principale, la First National, il mercoledì pomeriggio, verso le quattro. Vista la cifra, il prelievo era stato effettuato da Kurt Thomas personalmente, e lo stesso Thomas aveva poi riposto con cura le mazzette dentro la cassaforte, insieme alle poche migliaia di dollari che già vi si trovavano, per poterle poi utilizzare il giorno dopo per un cliente speciale. La Golden Trust aveva infatti erogato un forte prestito, per quell'importo, a un allibratore di Nelson, un certo Gary Payton.
Payton si occupava da anni di scommesse ippiche, e pur essendo un tipo un po' avido, non era mai uscito dai limiti della legalità. Seguiva tutte le corse dei cavalli dell'ippodromo di Nelson ed era piuttosto competente in materia. Conosciutissimo nell'ambiente, anche per la sua sostanziale onestà, accettava puntate da chiunque e pagava a pronta cassa. In genere le cose gli andavano bene, ma una serie incredibile di corse sfortunate, nel corso dell'ultima settimana, lo avevano messo un po' all'asciutto. Così aveva deciso di rivolgersi alla Golden Trust che aveva accettato il prestito, da effettuare ovviamente in denaro contante, visto che l'attività di Payton si svolgeva esclusivamente con lo scambio di denaro, da mano a mano, con i vari scommettitori.
Le mazzette di dollari, dunque, erano regolarmente entrate nella cassaforte della società il mercoledì nel tardo pomeriggio. Il giovedì, Thomas, a causa di impegni di lavoro, non era andato in ufficio, per cui sarebbe stato compito di Sam Perkins personalmente, una delle poche altre persone in possesso della chiave della cassa, erogare i soldi del finanziamento a Payton. Senonché quando giovedì pomeriggio, verso le sei e venti, Sam Perkins era andato ad aprire la cassaforte... le mazzette non c'erano più.
La reazione di Gary Payton, ad essere sinceri, non era stata esattamente quella di un gentleman. L'allibratore era andato su tutte le furie perchè quella sera c'erano di nuovo delle corse e per lui quei soldi erano indispensabili. Perkins però, nonostante lo shock subito dalla sparizione dei soldi, era riuscito a mantenere un sufficiente sangue freddo e a calmare il suo cliente. Gli aveva anticipato qualcosa in contati, prendendoli dalle piccole casse degli impiegati del primo piano, e lasciandogli poi il saldo con un assegno. Non era la stessa cosa, certo, però, a quell'ora del pomeriggio, non poteva di certo fare diversamente. Così l'allibratore se ne era andato borbottando, ma tutto sommato tranquillizzato.
Sistemato Payton, Perkins aveva poi rintracciato telefonicamente il suo direttore generale, Thomas, per informarlo della faccenda e subito dopo, aveva chiamato la polizia. Due poliziotti in divisa erano venuti rapidamente, dopo neppure un quarto d'ora, per fare i primi rilievi. Erano rimasti un'oretta a prendere impronte e altre cose del genere, e poi se ne erano andati con la promessa di ritornare il giorno dopo. Il venerdì mattina, come promesso, erano ritornati, questa volta più numerosi, e avevano provveduto agli interrogatori preliminari di tutti quelli che potevano essere coinvolti nella faccenda.
Kurt Thomas, che nel frattempo si era affrettato a ritornare in sede, aveva cercato di dare una mano, per quanto poteva. Ma i risultati non erano sembrati molto incoraggianti. Infine nel pomeriggio era venuto quel genio dell’ispettore Ferry a terminare la prima parte delle indagini, dando la sensazione che una bella coltre di nebbia avrebbe coperto ben presto tutta la faccenda. E con essa, le loro speranze di trovare il maledetto colpevole e recuperare i loro soldi.

* * * * *

- Cosa ne dici, Sam ? Caverà mai un ragno dal buco, quel bel tomo di Ferry ?
- Figuriamoci.
Sam Perkins e Kurt Thomas se ne stavano nell'ufficio di quest'ultimo, seduti su due comode poltrone, con un bicchiere di whisky in mano, ma erano tutto meno che rilassati.
- Accidenti che guaio.
Thomas bevve un altro sorso, poi si alzò e si diresse verso la finestra. L'ufficio era dotato di aria condizionata, per cui la finestra era bloccata e non si poteva aprire per fare entrare dentro un po' di quello splendido sole. La vetrata però era molto ampia e la vista era piuttosto bella. Ma Kurt Thomas, lo sguardo perso davanti a sè, non stava osservando nè il sole nè il panorama.
- Chi accidenti potrebbe essere quel bastardo ? - disse indicando la cassaforte.
- E chi lo sa ?
- Possibile che non ci sia un sistema ?
- Beh, abbiamo chiamato la polizia, no ? - disse Perkins con un sorriso beffardo.
- Sì, fai lo spiritoso.
- Come non detto, Kurt.
Thomas ritornò alla scrivania, vide un appunto ormai inutile sulla scrivania e, da perfetto amante dell'ordine e della precisione quale era, lo buttò subito nell'inceneritore di fianco a lui. Poi riprese in mano il bicchiere e guardò Perkins.
- E se ci mettessimo ad indagare per nostro conto ?
- Indagare come ?
- Interrogando le persone coinvolte. Potremmo cercare di scoprire qualcosa di più…
- Abbiamo già assistito agli interrogatori della polizia, no ? Quindi cosa è successo, a grandi lineee, lo sappiamo già, Kurt.
- Voglio dire, insistere ancora.
- Se fossimo del mestiere, forse. Ma non lo siamo.
Kurt Thomas si strinse nelle spalle e non replicò. Sam Perkins si grattò una guancia pensieroso e fissò l'amico.
- E se ci rivolgessimo a un investigatore privato di professione ?
Thomas si allontanò dalla scrivania e si mise a camminare per la stanza.
- Mmm, perché no. Potrebbe essere una buona idea. Conosci qualcuno qui a Bristow.
- Mi hanno parlato bene di un certo Ben Wallace. Sta in Market Street.
- Non lo conosco, che tipo è ?
- E’ una specie di gigante nero con due spalle così. Ma mi hanno detto che, nonostante le apparenze, è un tipo dalla testa fina. 
- Non ci serve un gigante. Non dobbiamo mica fare a botte con qualcuno… - obbiettò Thomas un po’ perplesso.
- Qui a Bristow è molto quotato, Kurt. – continuò Perkins – E comunque andare a parlagli non ci costa niente.
- Ok, Sam, andiamo da questo Wallace.
- Cosa dici, lo facciamo venire qui ?
- Meglio andare noi da lui. - rispose Thomas - Non mi sembra il caso di dare troppo nell'occhio.
- Giusto.
- Telefonagli e fissa un appuntamento. Anche domattina, se è possibile. Prima gli diamo l'incarico e meglio è.
Sam Perkins guardò l'ora: le sette e cinque. Il pomeriggio era volato in un attimo.
- E' un po' tardi, speriamo che sia ancora in ufficio.
Perkins prese la guida telefonica di Bristow, cercò il numero di Ben Wallace e alzò il telefono. L'agenzia Wallace rispose dopo pochi squilli.


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