Cap. 1 – Venerdì
Kurt
Thomas e Sam Perkins si guardarono sconsolati, mentre l'ispettore
Ferry, della polizia di Bristow, raccoglieva i suoi fogli e si
alzava, pronto ad andarsene. Erano le sei e mezza del pomeriggio, un
caldo pomeriggio di fine maggio. Ferry aveva fatto il suo onesto
lavoro, dando un'occhiata attenta ai locali della società, la Golden
Trust, e raccogliendo le testimonianze di tutte le persone coinvolte
nella faccenda. Ma si vedeva lontano un miglio che non era uno degli
ispettori più preparati che la polizia di Bristow avesse a sua
disposizione.
Bastava
guardarlo. Era giovane, col viso acqua e sapone del ragazzo per bene,
ma lo sguardo era privo di quella scintilla indefinibile, tipica
delle persone intelligenti e perspicaci. Una specie di "Forrest
Gump", insomma. Un tipo onesto ed ottimo per tante cose, ma non
certo adatto a risolvere un caso complicato come quello che gli
avevano affidato. Ferry rivolse un sorriso smagliante ai due uomini
davanti a lui e strinse loro la mano.
- Signori,
per oggi il mio compito è finito.
- Bene -
borbottò Thomas, cupo.
In realtà
avrebbe voluto dire "male", vista la situazione, ma la
buona educazione glielo impediva. Come direttore generale della
Golden Trust, Kurt Thomas aveva assistito ai primi interrogatori che
si erano svolti in azienda, e non era stato un bello spettacolo
vedere Ferry al lavoro. Sam Perkins, il vice direttore, che stava di
fianco a lui, la pensava allo stesso modo.
- Se avrò
ancora bisogno di voi, ritornerò a trovarvi - continuò Ferry.
- Sì,
certo. Venite pure quando volete - rispose Perkins.
Ma
sapevano benissimo tutti e due che non l'avrebbero più rivisto per
un pezzo. E d'altra parte, cos'altro potevano aspettarsi, visto
quello che stava succedendo in quei giorni a Bristow ? Tutti i
migliori poliziotti e investigatori della città, infatti, erano
impegnati a tempo pieno in un altro caso, molto clamoroso, che aveva
coinvolto la figlia di un noto industriale della città. C'erano di
mezzo un sequestro di persona, un giro di droga e probabilmente una
violenza sessuale di gruppo. E così, invece che uno in gamba, gli
avevano mandato Forrest Gump.
Purtroppo,
quello che era successo, rappresentava per loro un grosso guaio. La
Golden Trust era una piccola finanziaria, abituata a trattare il
denaro con cautela, sempre sul filo del rasoio per quanto concerneva
i propri conti. Non poteva certo permettersi di rinunciare a 200 mila
dollari così, a cuor leggero. A tanto infatti ammontavano i soldi
spariti improvvisamente il giorno prima. Rubati, ovviamente.
Per loro
era una bella somma, ma non era solo questo. Le circostanze
indicavano che il colpevole era quasi sicuramente uno della ditta e
questo, a Thomas e Perkins, riusciva assolutamente intollerabile. Per
questo desideravano con tutto il cuore catturare al più presto il
colpevole, chiunque esso fosse: per sapere qual era la serpe che li
aveva derubati sotto il loro naso con tanta abilità.
L’ispettore
Ferry uscì dalla sala dove si trovavano, la grande sala riunioni del
terzo piano, ed entrò nell'ascensore, scortato da Esther Hawkins,
"prima segretaria" della direzione e responsabile del
piano. Thomas e Perkins lo osservarono mentre saliva sull'ascensore,
attesero che le porte si chiudessero e poi si guardarono sconsolati,
scrollando il capo. Quindi, senza dire una parola, si diressero
nell'ufficio di Thomas per sfogare della loro amarezza lontano da
orecchie indiscrete.
* * * * *
La Golden
Trust limited era una piccola società finanziaria di Bristow e
occupava i primi tre piani di una bella palazzina nel centro della
città. Al primo piano c'erano gli uffici aperti al pubblico, la sala
dei fattorini e gli archivi. Al secondo tutti gli uffici dei vari
impiegati. Al terzo infine le stanze dei dirigenti, quelli delle
relative segretarie e la grande sala-riunioni.
La
società era specializzata nel credito al consumo, ma, se capitava,
faceva credito a chicchessia, sempre, beninteso, restando nei limiti
della legge e cercando di non immischiarsi mai, nemmeno per
leggerezza, in affari poco puliti. Era una strada apparentemente
facile, quella, perchè consentiva facili e rapidi guadagni, ma
pericolosa e piena di rischi.
Per
questo, per gestire la loro società, avevano sempre scelto persone
abili e intraprendenti, ma assolutamente corrette. Kurt Thomas,
l'attuale direttore generale della Golden Trust, era un uomo alto e
robusto. Era molto scuro di carnagione, essendo originario dei
Caraibi, ma aveva il naso sottile e i lineamenti poco marcati. I
capelli, che teneva tagliati molto corti, erano scuri e ricci e gli
occhi nerissimi.
Sam
Perkins, invece, era il vice-direttore. Di media statura, magro,
dinoccolato, con le braccia molto lunghe e le mani grandi, era stato
un discreto giocatore di basket, in gioventù, ai tempi
dell'università. Finito il college, aveva tentato la strada del
campionato professionistico, ma senza fortuna, perchè, a quei
livelli, non aveva la statura o un fisico sufficientemente agile e
potente per poter emergere. Il basket comunque gli era rimasto nel
sangue, e ancora adesso, quando poteva, si divertiva a giocare in
piccoli tornei amatoriali.
Perkins
aveva quarantadue anni, cinque in meno di Thomas, ma l'attività
fisica gli consentiva di esibire un fisico ancora asciuttissimo, da
trentenne. Aveva l'ufficio a fianco di quello del Direttore Generale
ed era a tutti gli effetti il numero due dell'azienda. Il suo ufficio
ospitava gli schedari più riservati della società, mentre nella
stanza di Kurt Thomas era installata la cassaforte principale. Si
trattava di un modello recente, piuttosto robusto, di media
grandezza, dove spesso transitavano somme di denaro anche ingenti.
Molti prestiti, infatti, su richiesta degli stessi clienti, venivano
fatti direttamente per contanti, e sempre per contanti venivano
ricevuti anche molti pagamenti.
Proprio
la cassaforte principale della ditta era, quel pomeriggio, al centro
dei tristi pensieri dei due dirigenti. Una cassaforte che era rimasta
per anni inviolata, fino a che, proprio il giorno prima, giovedì,
era successo il fattaccio che aveva portato la polizia, per la prima
volta nella sua storia ormai più che decennale, dentro le stanze
della Golden Trust . Quel giovedì, infatti, la cassaforte aveva
contenuto, oltre al solito deposito di poche migliaia di dollari,
anche la bella somma in contanti di 200.000 dollari e, prima che
fosse sera, i soldi non c'erano più: puff, spariti.
I
duecentomila dollari, in 20 mazzette di diecimila dollari ciascuna,
erano stati ritirati dalla loro Banca principale, la First National,
il mercoledì pomeriggio, verso le quattro. Vista la cifra, il
prelievo era stato effettuato da Kurt Thomas personalmente, e lo
stesso Thomas aveva poi riposto con cura le mazzette dentro la
cassaforte, insieme alle poche migliaia di dollari che già vi si
trovavano, per poterle poi utilizzare il giorno dopo per un cliente
speciale. La Golden Trust aveva infatti erogato un forte prestito,
per quell'importo, a un allibratore di Nelson, un certo Gary Payton.
Payton si
occupava da anni di scommesse ippiche, e pur essendo un tipo un po'
avido, non era mai uscito dai limiti della legalità. Seguiva tutte
le corse dei cavalli dell'ippodromo di Nelson ed era piuttosto
competente in materia. Conosciutissimo nell'ambiente, anche per la
sua sostanziale onestà, accettava puntate da chiunque e pagava a
pronta cassa. In genere le cose gli andavano bene, ma una serie
incredibile di corse sfortunate, nel corso dell'ultima settimana, lo
avevano messo un po' all'asciutto. Così aveva deciso di rivolgersi
alla Golden Trust che aveva accettato il prestito, da effettuare
ovviamente in denaro contante, visto che l'attività di Payton si
svolgeva esclusivamente con lo scambio di denaro, da mano a mano, con
i vari scommettitori.
Le
mazzette di dollari, dunque, erano regolarmente entrate nella
cassaforte della società il mercoledì nel tardo pomeriggio. Il
giovedì, Thomas, a causa di impegni di lavoro, non era andato in
ufficio, per cui sarebbe stato compito di Sam Perkins personalmente,
una delle poche altre persone in possesso della chiave della cassa,
erogare i soldi del finanziamento a Payton. Senonché quando giovedì
pomeriggio, verso le sei e venti, Sam Perkins era andato ad aprire la
cassaforte... le mazzette non c'erano più.
La
reazione di Gary Payton, ad essere sinceri, non era stata esattamente
quella di un gentleman. L'allibratore era andato su tutte le furie
perchè quella sera c'erano di nuovo delle corse e per lui quei soldi
erano indispensabili. Perkins però, nonostante lo shock subito
dalla sparizione dei soldi, era riuscito a mantenere un sufficiente
sangue freddo e a calmare il suo cliente. Gli aveva anticipato
qualcosa in contati, prendendoli dalle piccole casse degli impiegati
del primo piano, e lasciandogli poi il saldo con un assegno. Non era
la stessa cosa, certo, però, a quell'ora del pomeriggio, non poteva
di certo fare diversamente. Così l'allibratore se ne era andato
borbottando, ma tutto sommato tranquillizzato.
Sistemato
Payton, Perkins aveva poi rintracciato telefonicamente il suo
direttore generale, Thomas, per informarlo della faccenda e subito
dopo, aveva chiamato la polizia. Due poliziotti in divisa erano
venuti rapidamente, dopo neppure un quarto d'ora, per fare i primi
rilievi. Erano rimasti un'oretta a prendere impronte e altre cose del
genere, e poi se ne erano andati con la promessa di ritornare il
giorno dopo. Il venerdì mattina, come promesso, erano ritornati,
questa volta più numerosi, e avevano provveduto agli interrogatori
preliminari di tutti quelli che potevano essere coinvolti nella
faccenda.
Kurt
Thomas, che nel frattempo si era affrettato a ritornare in sede,
aveva cercato di dare una mano, per quanto poteva. Ma i risultati
non erano sembrati molto incoraggianti. Infine nel pomeriggio era
venuto quel genio dell’ispettore Ferry a terminare la prima parte
delle indagini, dando la sensazione che una bella coltre di nebbia
avrebbe coperto ben presto tutta la faccenda. E con essa, le loro
speranze di trovare il maledetto colpevole e recuperare i loro soldi.
* * * * *
- Cosa ne
dici, Sam ? Caverà mai un ragno dal buco, quel bel tomo di Ferry ?
-
Figuriamoci.
Sam
Perkins e Kurt Thomas se ne stavano nell'ufficio di quest'ultimo,
seduti su due comode poltrone, con un bicchiere di whisky in mano, ma
erano tutto meno che rilassati.
-
Accidenti che guaio.
Thomas
bevve un altro sorso, poi si alzò e si diresse verso la finestra.
L'ufficio era dotato di aria condizionata, per cui la finestra era
bloccata e non si poteva aprire per fare entrare dentro un po' di
quello splendido sole. La vetrata però era molto ampia e la vista
era piuttosto bella. Ma Kurt Thomas, lo sguardo perso davanti a sè,
non stava osservando nè il sole nè il panorama.
- Chi
accidenti potrebbe essere quel bastardo ? - disse indicando la
cassaforte.
- E chi lo
sa ?
-
Possibile che non ci sia un sistema ?
- Beh,
abbiamo chiamato la polizia, no ? - disse Perkins con un sorriso
beffardo.
- Sì, fai
lo spiritoso.
- Come non
detto, Kurt.
Thomas
ritornò alla scrivania, vide un appunto ormai inutile sulla
scrivania e, da perfetto amante dell'ordine e della precisione quale
era, lo buttò subito nell'inceneritore di fianco a lui. Poi riprese
in mano il bicchiere e guardò Perkins.
- E se ci
mettessimo ad indagare per nostro conto ?
- Indagare
come ?
-
Interrogando le persone coinvolte. Potremmo cercare di scoprire
qualcosa di più…
- Abbiamo
già assistito agli interrogatori della polizia, no ? Quindi cosa è
successo, a grandi lineee, lo sappiamo già, Kurt.
- Voglio
dire, insistere ancora.
- Se
fossimo del mestiere, forse. Ma non lo siamo.
Kurt
Thomas si strinse nelle spalle e non replicò. Sam Perkins si grattò
una guancia pensieroso e fissò l'amico.
- E se ci
rivolgessimo a un investigatore privato di professione ?
Thomas si
allontanò dalla scrivania e si mise a camminare per la stanza.
- Mmm, perché no. Potrebbe essere una buona idea. Conosci qualcuno qui a Bristow.
- Mi hanno parlato bene di un certo Ben Wallace. Sta in Market Street.
- Non lo conosco, che tipo è ?
- E’ una specie di gigante nero con due spalle così. Ma mi hanno detto che, nonostante le apparenze, è un tipo dalla testa fina.
- Non ci serve un gigante. Non dobbiamo mica fare a botte con qualcuno… - obbiettò Thomas un po’ perplesso.
- Qui a Bristow è molto quotato, Kurt. – continuò Perkins – E comunque andare a parlagli non ci costa niente.
- Ok, Sam, andiamo da questo Wallace.
- Mmm, perché no. Potrebbe essere una buona idea. Conosci qualcuno qui a Bristow.
- Mi hanno parlato bene di un certo Ben Wallace. Sta in Market Street.
- Non lo conosco, che tipo è ?
- E’ una specie di gigante nero con due spalle così. Ma mi hanno detto che, nonostante le apparenze, è un tipo dalla testa fina.
- Non ci serve un gigante. Non dobbiamo mica fare a botte con qualcuno… - obbiettò Thomas un po’ perplesso.
- Qui a Bristow è molto quotato, Kurt. – continuò Perkins – E comunque andare a parlagli non ci costa niente.
- Ok, Sam, andiamo da questo Wallace.
- Cosa
dici, lo facciamo venire qui ?
- Meglio
andare noi da lui. - rispose Thomas - Non mi sembra il caso di dare
troppo nell'occhio.
- Giusto.
-
Telefonagli e fissa un appuntamento. Anche domattina, se è
possibile. Prima gli diamo l'incarico e meglio è.
Sam
Perkins guardò l'ora: le sette e cinque. Il pomeriggio era volato in
un attimo.
- E' un
po' tardi, speriamo che sia ancora in ufficio.
Perkins
prese la guida telefonica di Bristow, cercò il numero di Ben Wallace
e alzò il telefono. L'agenzia Wallace rispose dopo pochi squilli.
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