giovedì 11 novembre 2021

Paradosso Maori

C’è un mio personale corollario al “paradosso di Jevons”, quello che ho definito “paradosso Maori”, la cui formulazione di base può essere questa: 

“qualunque pratica messa in campo per stabilizzare l’economia e migliorare il benessere diffuso di una popolazione (ivi inclusa una riduzione pianificata dei consumi, o il controllo demografico) otterrà il solo risultato di rendere la società che la metta in pratica appetibile per il desiderio di conquista da parte di altre realtà meno benestanti”.

 Marco Pierfranceschi


lunedì 8 novembre 2021

Diritto naturale

L’ideale illuministico dei diritti dell’uomo è figlio di un’altra illusione: il “diritto naturale”. Cosa di cui si cominciò a parlare in quell’epoca e che, dai tempi di Grozio, è rimasto un sogno di molti. 
Il diritto naturale ha una strana caratteristica: tutti credono di sapere che cos’è e tutti l’approvano, prima ancora di conoscerne il contenuto. Ed inoltre – ulteriore illusione – pensano che, se si adottasse, il Paese funzionerebbe benissimo. In realtà, in primo luogo gli interrogati non sanno  dire che cos’è; in secondo luogo – e soprattutto - non saprebbero esporne il contenuto. 
Lo stesso Grozio, che del diritto naturale è stato il teorico,  si è limitato a tre o quattro norme. Ciò significa che un Paese in cui le uniche leggi fossero quelle “naturali” previste da Grozio sarebbe un Paese anarchico. Non si può governare un Paese stabilendo soltanto che è meglio non uccidere il prossimo e non molestare chi possiede qualcosa. 

Il diritto naturale non esiste. Esiste soltanto il diritto positivo. Ed anzi non basta che le leggi siano scritte e promulgate: il diritto esiste quando esistono anche le strutture (forza pubblica e amministrazione giudiziaria) che lo applicano.

GIANNI PARDO

sabato 6 novembre 2021

Povera scuola

Da alcuni mesi mia moglie sta facendo delle supplenze in una scuola media ed il bestiario nel quale si trova coinvolta è qualcosa che fa pensare di non potere più usare la parola scuola.
Solo per esempio: al fine di non traumatizzare i poveri ragazzi non bisogna usare la penna rossa nelle correzioni, per le interrogazioni (ammesso che di interrogazioni si possa parlare) non chiamare in ordine alfabetico perché potrebbero non reggere alle emozioni. Non continuo per carità di patria…
Metà delle classi sono “bes” (bisogni educativi speciali), sigla di cornice che contiene poi al suo interno una miriade di altre sigle più o meno impronuciabili di difficoltà o patologie presunte, un tempo inesistenti (in realtà, si tratta perlopiù di ragazzi che non hanno voglia e che disturbano, che anziché essere raddrizzati come si faceva una volta, ora vengono invece trasformati in vittime da comprendere). Risultato della proliferazione dei “bes”: verifiche facilitate (essere 'bes' paga, per così dire) ed una pletora di insegnati di sostegno che nella maggior parte dei casi fanno poco o nulla, salvo percepire lo stipendio pubblico e non perdersi uno sciopero o una assemblea sindacale.
Tralascio il livello dell’apprendimento dei delicatissimi ragazzi di cristallo, perché è anche peggio (molto peggio) di quello che si può immaginare.

dal BLOG di GIANNI PARDO