CAP. 4
- Giovedì
Davanti
alla sede centrale di Nelson della EASTERN NATIONAL BANK c'era
un bar-caffetteria che sembrava fatto apposta per le esigenze di
Ben. Grande, pieno di gente, con un'ampia vetrata che consentiva
alle persone sedute ai tavolini di guardare fuori. La via non era
molto larga e per di più era a senso unico, per cui non c'era
nemmeno troppo traffico che potesse disturbare la visuale. Ben era
arrivato alle cinque e venti, si era seduto a un tavolino vicino
alla vetrata e aveva ordinato una birra.
Il
grande portone della Eastern National Bank era proprio davanti
a lui. Ben poteva vedere le due guardie giurate, ai lati della
porta, che sorvegliavano l'ingresso, e osservava con cura tutte le
persone che entravano e uscivano. Victoria gli aveva dato una foto
del marito e Ben era sicuro che non avrebbe mancato di
riconoscerlo quando fosse uscito: statura media, capelli biondicci
tagliati corti, baffetti chiari, naso affilato e occhialini con
la montatura leggera di metallo dorato.
Ben
guardò l'ora: le sei e cinque. Stando a quello che le aveva detto
Victoria l'orario normale di uscita degli impiegati era le
17,30, ma i funzionari, come Matt Bullard, uscivano sempre più
tardi, mezz'ora, un'ora dopo. Matt, in particolare, aveva
l'abitudine di uscire più o meno verso le sei, sei e un quarto.
Salvo casi particolari, naturalmente. O salvo avventure.
Ben
aveva visto uscire il grosso del personale proprio pochi minuti
dopo essere arrivato. Poi aveva notato altra gente che usciva alla
spicciolata, a distanza di cinque, dieci minuti una dall'altra.
Magari a gruppetti di tre o quattro persone insieme. Matt, però,
ne era sicuro, non era ancora uscito.
Le 18,15.
Ben si guardò intorno. La birra erano finita da un po' e si stava
chiedendo se prendere qualcos’altro, tanto per giustificare il
fatto che se ne restava ancora lì seduto. Ma non c’era nessun
cameriere nei dintorni, e lasciò perdere. Le 18,20. Il grosso
portone della banca si aprì un'altra volta e ne uscì un uomo
biondo, con gli occhiali e il naso affilato, che camminava con
passo elastico e la schiena dritta. Ben lo riconobbe in un attimo.
E' lui, pensò, alzandosi con movimento rapido. Lasciò una
banconota sul tavolino e uscì velocemente dal locale.
Ben
cominciò a seguire Matt Bullard, tenendosi a una cinquantina di
metri di distanza. Il marciapiede era abbastanza affollato per cui,
nonostante la sua statura, non aveva paura di farsi notare. Nè
aveva paura di perdere il suo uomo, perchè dall'alto del suo metro
e 95 poteva vedere sopra le teste dei passanti davanti a lui. E poi
Bullard non andava troppo veloce e aveva un modo di camminare
talmente tipico, con la schiena rigida e la testa eretta, da essere
assolutamente inconfondibile, anche a qualche decina di metri di
distanza.
Nella
tasca destra della giacca Ben teneva una micro-macchina
fotografica che aveva la forma e le dimensioni di un
piccolo accendino. Bastava un attimo e l'avrebbe avuta in mano
pronta per scattare ottime foto. Un gioiellino della tecnica
che costava piuttosto cara, ma che valeva ampiamente il suo
prezzo. La usava di rado, ma non lo aveva mai tradito.
Bullard
camminava con passo regolare, ignorando le vetrine, che
evidentemente doveva aver già visto sino alla nausea, dal momento
che faceva sempre quella strada, e sembrava apparentemente diretto
verso casa. Ma ovviamente non si poteva mai sapere. Invece, per
quel giorno, non c'erano proprio sorprese. Bullard arrivò al
portone di casa, inserì la chiave ed entrò. Ben alzò le
spalle, rassegnato ma non deluso. Non poteva certo aspettarsi
di beccarlo subito il primo giorno, sarebbe stato troppo bello.
Guardò l'orologio: le sei e quaranta. Avrebbe aspettato ancora un
quarto d'ora, nell'improbabile ipotesi che Bullard fosse uscito
subito dopo per andare da qualche altra parte, poi sarebbe andato
a teatro.
Per
fortuna il Teatro Civico di Nelson non era molto lontano dalla casa
di Bullard e poteva andarci tranquillamente a piedi. Cercando
magari di arrivare un po' prima delle sette e mezza, orario di
inizio dello spettacolo. Ben ci teneva a prendere uno dei posti
migliori.
* * * * *
Finito lo
spettacolo Ben si concesse un buon pasto al Ristorante Milano, a
pochi passi dal Teatro. Il "Milano" era un locale
tranquillo e discreto, non molto grande, ma abbastanza bello,
pur senza essere di lusso. Andava giustamente famoso per la sua
cucina italiana e Ben aveva avuto modo di conoscerla in altre
occasioni, apprezzandola sinceramente.
Si
sentiva allegro e senza pensieri. A Teatro era riuscito a
trovare un ottimo posto in seconda fila e si era divertito come
un matti. La commedia era stata davvero spassosa e gli attori,
anche se non li conosceva, erano stati tutti decisamente
all'altezza. Victoria era stata bravissima, ma anche l’attore che
faceva il “marito” non era stato da meno. Come si chiamava, già
? Ben si frugò nelle tasche e ne estrasse l'opuscolo con il
programma dello spettacolo: Shawn Bradley, ecco come si chiamava.
Poi c’era
l'attrice che faceva la servetta maliziosa: una biondina tutto
pepe, di quelle che si fanno notare per forza. Anzi, adesso che ci
pensava gli ricordava qualcun’altra: una giornalista bionda che
lavorava al telegiornale di TELESIX. Ed anche Shawn Bradley, a
pensarci bene, gli ricordava qualcun altro: nientemeno che Vim Baker,
il sindaco di Nelson nei guai per le tangenti. Bradley era più
magro, non era pelato e non aveva i bei baffoni di Baker, però in
qualche modo glielo ricordava. Mentre l’altro attore giovane,
quello che faceva l'amante, gli ricordava un giocatore di basket dei
Bristow Falcons.
Era uno
dei suoi passatempi preferiti quello di accostare persone diverse per
la loro somiglianza, più o meno marcata. Un passatempo perfettamente
in carattere con il suo mestiere di ficcanaso. Ben si godette la
serata sino mezzanotte e poi se ne tornò a casa.
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