domenica 5 gennaio 2014

La tana della volpe - 4

CAP. 4 - Giovedì

Davanti alla sede centrale di Nelson della EASTERN NATIONAL BANK c'era un bar-caffetteria che sembrava fatto apposta per le esigenze di Ben. Grande, pieno di gente, con un'ampia vetrata che consentiva alle persone sedute ai tavolini di guardare fuori. La via non era molto larga e per di più era a senso unico, per cui non c'era nemmeno troppo traffico che potesse disturbare la visuale. Ben era arrivato alle cinque e venti, si era seduto a un tavolino vicino alla vetrata e aveva ordinato una birra.
Il grande portone della Eastern National Bank era proprio davanti a lui. Ben poteva vedere le due guardie giurate, ai lati della porta, che sorvegliavano l'ingresso, e osservava con cura tutte le persone che entravano e uscivano. Victoria gli aveva dato una foto del marito e Ben era sicuro che non avrebbe mancato di riconoscerlo quando fosse uscito: statura media, capelli biondicci tagliati corti, baffetti chiari, naso affilato e occhialini con la montatura leggera di metallo dorato.
Ben guardò l'ora: le sei e cinque. Stando a quello che le aveva detto Victoria l'orario normale di uscita degli impiegati era le 17,30, ma i funzionari, come Matt Bullard, uscivano sempre più tardi, mezz'ora, un'ora dopo. Matt, in particolare, aveva l'abitudine di uscire più o meno verso le sei, sei e un quarto. Salvo casi particolari, naturalmente. O salvo avventure.
Ben aveva visto uscire il grosso del personale proprio pochi minuti dopo essere arrivato. Poi aveva notato altra gente che usciva alla spicciolata, a distanza di cinque, dieci minuti una dall'altra. Magari a gruppetti di tre o quattro persone insieme. Matt, però, ne era sicuro, non era ancora uscito.
Le 18,15. Ben si guardò intorno. La birra erano finita da un po' e si stava chiedendo se prendere qualcos’altro, tanto per giustificare il fatto che se ne restava ancora lì seduto. Ma non c’era nessun cameriere nei dintorni, e lasciò perdere. Le 18,20. Il grosso portone della banca si aprì un'altra volta e ne uscì un uomo biondo, con gli occhiali e il naso affilato, che camminava con passo elastico e la schiena dritta. Ben lo riconobbe in un attimo. E' lui, pensò, alzandosi con movimento rapido. Lasciò una banconota sul tavolino e uscì velocemente dal locale.
Ben cominciò a seguire Matt Bullard, tenendosi a una cinquantina di metri di distanza. Il marciapiede era abbastanza affollato per cui, nonostante la sua statura, non aveva paura di farsi notare. Nè aveva paura di perdere il suo uomo, perchè dall'alto del suo metro e 95 poteva vedere sopra le teste dei passanti davanti a lui. E poi Bullard non andava troppo veloce e aveva un modo di camminare talmente tipico, con la schiena rigida e la testa eretta, da essere assolutamente inconfondibile, anche a qualche decina di metri di distanza.
Nella tasca destra della giacca Ben teneva una micro-macchina fotografica che aveva la forma e le dimensioni di un piccolo accendino. Bastava un attimo e l'avrebbe avuta in mano pronta per scattare ottime foto. Un gioiellino della tecnica che costava piuttosto cara, ma che valeva ampiamente il suo prezzo. La usava di rado, ma non lo aveva mai tradito.
Bullard camminava con passo regolare, ignorando le vetrine, che evidentemente doveva aver già visto sino alla nausea, dal momento che faceva sempre quella strada, e sembrava apparentemente diretto verso casa. Ma ovviamente non si poteva mai sapere. Invece, per quel giorno, non c'erano proprio sorprese. Bullard arrivò al portone di casa, inserì la chiave ed entrò. Ben alzò le spalle, rassegnato ma non deluso. Non poteva certo aspettarsi di beccarlo subito il primo giorno, sarebbe stato troppo bello. Guardò l'orologio: le sei e quaranta. Avrebbe aspettato ancora un quarto d'ora, nell'improbabile ipotesi che Bullard fosse uscito subito dopo per andare da qualche altra parte, poi sarebbe andato a teatro.
Per fortuna il Teatro Civico di Nelson non era molto lontano dalla casa di Bullard e poteva andarci tranquillamente a piedi. Cercando magari di arrivare un po' prima delle sette e mezza, orario di inizio dello spettacolo. Ben ci teneva a prendere uno dei posti migliori.

* * * * *

Finito lo spettacolo Ben si concesse un buon pasto al Ristorante Milano, a pochi passi dal Teatro. Il "Milano" era un locale tranquillo e discreto, non molto grande, ma abbastanza bello, pur senza essere di lusso. Andava giustamente famoso per la sua cucina italiana e Ben aveva avuto modo di conoscerla in altre occasioni, apprezzandola sinceramente.
Si sentiva allegro e senza pensieri. A Teatro era riuscito a trovare un ottimo posto in seconda fila e si era divertito come un matti. La commedia era stata davvero spassosa e gli attori, anche se non li conosceva, erano stati tutti decisamente all'altezza. Victoria era stata bravissima, ma anche l’attore che faceva il “marito” non era stato da meno. Come si chiamava, già ? Ben si frugò nelle tasche e ne estrasse l'opuscolo con il programma dello spettacolo: Shawn Bradley, ecco come si chiamava.
Poi c’era l'attrice che faceva la servetta maliziosa: una biondina tutto pepe, di quelle che si fanno notare per forza. Anzi, adesso che ci pensava gli ricordava qualcun’altra: una giornalista bionda che lavorava al telegiornale di TELESIX. Ed anche Shawn Bradley, a pensarci bene, gli ricordava qualcun altro: nientemeno che Vim Baker, il sindaco di Nelson nei guai per le tangenti. Bradley era più magro, non era pelato e non aveva i bei baffoni di Baker, però in qualche modo glielo ricordava. Mentre l’altro attore giovane, quello che faceva l'amante, gli ricordava un giocatore di basket dei Bristow Falcons.
Era uno dei suoi passatempi preferiti quello di accostare persone diverse per la loro somiglianza, più o meno marcata. Un passatempo perfettamente in carattere con il suo mestiere di ficcanaso. Ben si godette la serata sino mezzanotte e poi se ne tornò a casa.


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