sabato 22 marzo 2014

L'attentato fallito - 2

Cap. 2 - Sabato


Era già quasi mezzogiorno passato quando Elliot Perry uscì dall'ufficio di Ben Wallace al numero 125 di Market Street. Nero, robusto, alto un metro e novantacinque, con i capelli tagliati corti gli occhi neri penetranti, Ben Wallace era uno dei migliori investigatori privati di Bristow. Mentre l'uomo scendeva le scale, Ben guardò l'orologio e decise che la settimana di lavoro era durata abbastanza. Erano stati giorni piuttosto intensi e non vedeva l'ora di rilassarsi un po'.
Ripensò al cliente che era appena venuto a trovarlo: era la solita storia di corna. Perry temeva che la moglie lo tradisse con qualcun altro e aveva bisogno dell’aiuto di Ben per averne conferma. Elliot Perry in fondo sembrava un povero diavolo. Era un nero come lui, e aveva poco più di trent'anni, ma sembrava più vecchio perchè faceva un lavoro duro. Era caposquadra in una fonderia e faceva anche un mucchio di straordinari per poter guadagnare abbastanza per tutti e due. Non era un colosso, ma aveva una muscolatura di tutto rispetto. Però non sembrava un violento.
La moglie invece si chiamava Tina Marshall. Perry gli aveva lasciato delle foto ed era proprio una bella ragazza. Sembrava anche un tipo dispendioso, però, che amava la bella vita. Non era impossibile che tradisse il povero Perry con uno più ricco di lui. Lui amava molto sua moglie e aveva il terrore che potesse avere un amante, ma non era disposto a mettere la testa sotto la sabbia. Non poteva vivere con quella angoscia e voleva sapere la verità, qualunque fosse. Difficile dire cosa avrebbe fatto se Ben avesse scoperto che lei lo tradiva. Probabilmente avrebbe tentato in tutti i modi di riconquistarla, ma Ben aveva fieri dubbi che ci sarebbe riuscito. Lei sembrava un tipo terribilmente frivolo ed Elliot Perry non gli sembra l'uomo adatto per lei. Comunque non era affari suoi. Come al solito, lui avrebbe fatto il suo lavoro e basta.

* * * * *

Appena finito di pranzare con la moglie, un pranzo silenzioso interrotto da rari monosillabi, il giudice Stockton lasciò la sala da pranzo con una scusa e si infilò nel suo studio. Aveva voluto una stanza da lavoro anche lì, perchè era un uomo scrupoloso. C'erano cause semplici e cause complicate e Stockton voleva essere sempre all'altezza della sua fama. Così, se lo riteneva necessario, poteva portarsi a casa qualche fascicolo, per studiarselo con calma anche oltre l'orario d'ufficio. Poi, da quando aveva incominciato a non andare più d'accordo con Janet, quella stanza tutta sua era diventata una benedizione. Poteva estraniarsi dalle grane di casa e rintanarsi nel suo mondo, tra le sue cose, senza avere sempre tra i piedi quella rompiscatole di Janet. Un paradiso. E poteva anche fare le sue telefonate personali in totale solitudine. Come adesso, per esempio.
Stockton prese una sigaretta dalla scatola di legno pregiato che teneva sulla scrivania, la accese e ne aspirò il fumo per qualche secondo, rimuginando tra sè. Poi aprì un cassetto e ne tirò fuori un fascicoletto smilzo che aveva portato dal Tribunale qualche giorno prima. Era il fascicolo del caso Ruffin, o meglio una copia dei documenti più importanti. Se lo era portato a casa per studiarselo meglio, nella speranza di poter finalmente incastrare quel mascalzone. Ma era stato tutto inutile, perchè Trevor Ruffin aveva finito per cavarsela ugualmente.
Purtroppo. O per fortuna.
Con un sorriso Stockton aprì il fascicoletto, trovò quello che cercava e alzò il telefono. Trevor Ruffin rispose al quarto squillo.
- Chi parla ? - chiese con voce sgarbata.
- Devo vederti. - disse il giudice Stockton.
- E tu chi sei ?
- Un cliente. Ho un contratto da proporti.
Stockton conosceva benissimo il linguaggio della malavita e sapeva usarlo in modo appropriato. Ne aveva viste tante, nella sua carriera giudiziaria. E questa volta la sua esperienza gli sarebbe tornata utile.
- Chi ti manda ?
- Nessuno.
- Allora come fai a conoscermi ?
- Andiamo. Sei in gamba, nel tuo lavoro. Chi ha bisogno di te, ti conosce.
Quel piccolo tentativo di adulazione fece il suo effetto e Ruffin si raddolcì un poco.
- OK, ma come faccio a fidarmi ?
- Di cosa hai paura ?
- Potresti essere un poliziotto che tenta di incastrarmi. Sono appena uscito per miracolo da una brutta storia.
- Lo so.
- Ah sì ? E come lo sai ?
- L'ho letto sui giornali. - mentì Stockton per tranquillizzare il suo interlocutore.
- Comunque non voglio rischiare ancora.
- Sai bene che è impossibile. Una trappola del genere non avrebbe nessun valore legale e il poliziotto che avesse la brutta idea di provarci finirebbe per passare i suoi guai.
Ruffin sapeva che era vero. Il suo avvocato gli aveva raccontato una volta di un caso analogo, finito molto male per il poliziotto che ci aveva provato.
- Un contratto da quanto ? - chiese.
- Ne discuteremo con calma. Ma si tratta di un lavoro pulito e senza rischi, per cui il tuo guadagno sarà più che soddisfacente.
- Non esistono lavori senza rischio.
- Invece questo lo è.
- Vedremo.
- Allora accetti ?
Ruffin ci pensò un po' su, poi decise che poteva anche accettare. Era appena uscito di galera e aveva un disperato bisogno di soldi. Tina, la sua amante, era una ragazza molto dispendiosa e se voleva tenerla legata a sè doveva essere sempre pronto a spendere. Per fortuna faceva un lavoro molto ben pagato.
- D'accordo, accetto. - disse infine.
- Ottimo. - concluse Stockton.
- Quando ci vediamo ?
- Lunedì sera va bene ?
- Per me va bene.
- Diciamo verso le dieci. Passo a prenderti con la mia auto. Facciamo un giretto e ne discutiamo in tutta tranquillità.
- Ok. Dove ci troviamo ?
- All'ingresso nord del parco centrale. Sai dov'è ?
- Sì.
- E' quello davanti alla stazione ferroviaria.
- Ho detto che lo so.
- Ok, era solo per sicurezza. - disse Stockton senza scomporsi. Era un tipo deciso, il giudice, sicuro di sè, e non si lasciava certo smontare da così poco – Allora, ci vediamo lunedì sera.
- Aspetta. Che auto avrai ?
- Una Maserati verde scuro.
- Ti tratti bene, eh ? - disse Ruffin sarcastico.
- Mi piace la bella vita. A te no ? - tagliò corto Stockton.
- Certo, certo. - ridacchiò Ruffin.
- Allora a lunedì.
Stockton posò il telefono e si appoggiò soddisfatto contro lo schienale della poltrona, socchiudendo gli occhi. Il primo contatto con Ruffin era andato bene. Era riuscito ad agganciarlo e lo aveva convinto a parlargli. Da lì in poi sarebbe stato tutto più semplice. Il sorriso si allargò sulle labbra di Stockton: più ci pensava, più il suo piano gli sembrava davvero perfetto. Riaprì gli occhi e si accese un'altra sigaretta, aspirandone il fumo avidamente. Adesso avrebbe telefonato a Jessica. Quella storia lo eccitava e lui moriva dalla voglia di rivederla.

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