Cap. 2 - Sabato
Era già quasi
mezzogiorno passato quando Elliot Perry uscì dall'ufficio di
Ben Wallace al numero 125 di Market Street. Nero, robusto, alto un
metro e novantacinque, con i capelli tagliati corti gli occhi neri
penetranti, Ben Wallace era uno dei migliori investigatori privati
di Bristow. Mentre l'uomo scendeva le scale, Ben guardò l'orologio
e decise che la settimana di lavoro era durata abbastanza. Erano
stati giorni piuttosto intensi e non vedeva l'ora di rilassarsi un
po'.
Ripensò al cliente che
era appena venuto a trovarlo: era la solita storia di corna.
Perry temeva che la moglie lo tradisse con qualcun altro e aveva
bisogno dell’aiuto di Ben per averne conferma. Elliot Perry in
fondo sembrava un povero diavolo. Era un nero come lui, e aveva poco
più di trent'anni, ma sembrava più vecchio perchè faceva un
lavoro duro. Era caposquadra in una fonderia e faceva anche un
mucchio di straordinari per poter guadagnare abbastanza per tutti
e due. Non era un colosso, ma aveva una muscolatura di tutto
rispetto. Però non sembrava un violento.
La moglie invece si
chiamava Tina Marshall. Perry gli aveva lasciato delle foto ed era
proprio una bella ragazza. Sembrava anche un tipo dispendioso, però,
che amava la bella vita. Non era impossibile che tradisse il povero
Perry con uno più ricco di lui. Lui amava molto sua moglie e aveva
il terrore che potesse avere un amante, ma non era disposto a
mettere la testa sotto la sabbia. Non poteva vivere con quella
angoscia e voleva sapere la verità, qualunque fosse. Difficile dire
cosa avrebbe fatto se Ben avesse scoperto che lei lo tradiva.
Probabilmente avrebbe tentato in tutti i modi di
riconquistarla, ma Ben aveva fieri dubbi che ci sarebbe riuscito.
Lei sembrava un tipo terribilmente frivolo ed Elliot Perry non
gli sembra l'uomo adatto per lei. Comunque non era affari suoi. Come
al solito, lui avrebbe fatto il suo lavoro e basta.
* * * * *
Appena finito di
pranzare con la moglie, un pranzo silenzioso interrotto da rari
monosillabi, il giudice Stockton lasciò la sala da pranzo con una
scusa e si infilò nel suo studio. Aveva voluto una stanza da
lavoro anche lì, perchè era un uomo scrupoloso. C'erano cause
semplici e cause complicate e Stockton voleva essere sempre
all'altezza della sua fama. Così, se lo riteneva necessario,
poteva portarsi a casa qualche fascicolo, per studiarselo con
calma anche oltre l'orario d'ufficio. Poi, da quando aveva
incominciato a non andare più d'accordo con Janet, quella stanza
tutta sua era diventata una benedizione. Poteva estraniarsi dalle
grane di casa e rintanarsi nel suo mondo, tra le sue cose, senza
avere sempre tra i piedi quella rompiscatole di Janet. Un paradiso.
E poteva anche fare le sue telefonate personali in totale
solitudine. Come adesso, per esempio.
Stockton prese una
sigaretta dalla scatola di legno pregiato che teneva sulla
scrivania, la accese e ne aspirò il fumo per qualche secondo,
rimuginando tra sè. Poi aprì un cassetto e ne tirò fuori un
fascicoletto smilzo che aveva portato dal Tribunale qualche
giorno prima. Era il fascicolo del caso Ruffin, o meglio una
copia dei documenti più importanti. Se lo era portato a casa
per studiarselo meglio, nella speranza di poter finalmente
incastrare quel mascalzone. Ma era stato tutto inutile, perchè
Trevor Ruffin aveva finito per cavarsela ugualmente.
Purtroppo. O per
fortuna.
Con un sorriso
Stockton aprì il fascicoletto, trovò quello che cercava e alzò
il telefono. Trevor Ruffin rispose al quarto squillo.
- Chi parla ? - chiese
con voce sgarbata.
- Devo vederti. - disse
il giudice Stockton.
- E tu chi sei ?
- Un cliente. Ho un
contratto da proporti.
Stockton conosceva
benissimo il linguaggio della malavita e sapeva usarlo in
modo appropriato. Ne aveva viste tante, nella sua carriera
giudiziaria. E questa volta la sua esperienza gli sarebbe tornata
utile.
- Chi ti manda ?
- Nessuno.
- Allora come fai a
conoscermi ?
- Andiamo. Sei in
gamba, nel tuo lavoro. Chi ha bisogno di te, ti conosce.
Quel piccolo tentativo
di adulazione fece il suo effetto e Ruffin si raddolcì un poco.
- OK, ma come faccio a
fidarmi ?
- Di cosa hai paura ?
- Potresti essere un
poliziotto che tenta di incastrarmi. Sono appena uscito per
miracolo da una brutta storia.
- Lo so.
- Ah sì ? E come lo sai
?
- L'ho letto sui
giornali. - mentì Stockton per tranquillizzare il suo
interlocutore.
- Comunque non voglio
rischiare ancora.
- Sai bene che è
impossibile. Una trappola del genere non avrebbe nessun valore
legale e il poliziotto che avesse la brutta idea di provarci
finirebbe per passare i suoi guai.
Ruffin sapeva che era
vero. Il suo avvocato gli aveva raccontato una volta di un caso
analogo, finito molto male per il poliziotto che ci aveva provato.
- Un contratto da quanto
? - chiese.
- Ne discuteremo con
calma. Ma si tratta di un lavoro pulito e senza rischi, per cui il
tuo guadagno sarà più che soddisfacente.
- Non esistono lavori
senza rischio.
- Invece questo lo è.
- Vedremo.
- Allora accetti ?
Ruffin ci pensò un
po' su, poi decise che poteva anche accettare. Era appena uscito
di galera e aveva un disperato bisogno di soldi. Tina, la sua
amante, era una ragazza molto dispendiosa e se voleva tenerla
legata a sè doveva essere sempre pronto a spendere. Per
fortuna faceva un lavoro molto ben pagato.
- D'accordo, accetto. -
disse infine.
- Ottimo. - concluse
Stockton.
- Quando ci vediamo ?
- Lunedì sera va bene ?
- Per me va bene.
- Diciamo verso le
dieci. Passo a prenderti con la mia auto. Facciamo un giretto e ne
discutiamo in tutta tranquillità.
- Ok. Dove ci troviamo ?
- All'ingresso nord del
parco centrale. Sai dov'è ?
- Sì.
- E' quello davanti alla
stazione ferroviaria.
- Ho detto che lo so.
- Ok, era solo per
sicurezza. - disse Stockton senza scomporsi. Era un tipo deciso, il
giudice, sicuro di sè, e non si lasciava certo smontare da così
poco – Allora, ci vediamo lunedì sera.
- Aspetta. Che auto
avrai ?
- Una Maserati verde
scuro.
- Ti tratti bene, eh ?
- disse Ruffin sarcastico.
- Mi piace la bella
vita. A te no ? - tagliò corto Stockton.
- Certo, certo. -
ridacchiò Ruffin.
- Allora a lunedì.
Stockton posò il
telefono e si appoggiò soddisfatto contro lo schienale della
poltrona, socchiudendo gli occhi. Il primo contatto con Ruffin
era andato bene. Era riuscito ad agganciarlo e lo aveva convinto a
parlargli. Da lì in poi sarebbe stato tutto più semplice. Il
sorriso si allargò sulle labbra di Stockton: più ci pensava, più
il suo piano gli sembrava davvero perfetto. Riaprì gli occhi e si
accese un'altra sigaretta, aspirandone il fumo avidamente. Adesso
avrebbe telefonato a Jessica. Quella storia lo eccitava e lui
moriva dalla voglia di rivederla.
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