domenica 30 marzo 2014

L'attentato fallito - 3

Cap. 3 - Lunedì


Lunedì sera il tempo incominciò a peggiorare rapidamente e si mise a fare piuttosto freddo. La temperatura si era abbassata di colpo di parecchi gradi e un forte vento spazzava impietoso le vie della città.
Alle dieci in punto, un'auto sportiva di colore scuro si fermò di fianco al grande cancello, sempre aperto, che delimitava l'uscita nord del parco centrale di Bristow.
Vista la temperatura, il giudice Stockton si limitò a mettere in folle il motore, ma non lo spense per poter mantenere in funzione il riscaldamento. Si guardò intorno nel buio, ma non c'era nessuno in vista. Guardò l'orologio: era in orario perfetto, ma Ruffin non si vedeva. Probabilmente è un tipo ritardatario, pensò. Strano, perchè chi fa il killer di professione deve essere abituato alla massima precisione. Anche Stockton era un tipo preciso che amava la puntualità, ma quella sera non aveva fretta. Mai mettersi nelle condizioni di avere fretta, quando si devono concludere affari importanti: si rischia soltanto di combinare dei disastri.
Si sistemò più comodamente sul sedile, si accese con gesti calmi e tranquilli una sigaretta e si preparò ad aspettare. Passò un vecchio ubriaco, poi una coppia di fidanzati, che camminavano svelti, abbracciati stretti stretti uno all'altra, come per ripararsi dal vento freddo della sera. Dopo dieci minuti una figura alta, avvolta in un pesante giaccone di pelle marrone, uscì da dietro un grosso albero e si avvicinò all'auto. La faccia di Stockton era in ombra e Ruffin non lo riconobbe subito.
- Non siamo molto puntuali, eh ? - lo apostrofò il giudice, comunque disturbato da quel ritardo.
- Certo che sono puntuale. - replicò sprezzante il killer - Ma sono anche prudente.
- Che vuoi dire ? - chiese Stockton, leggermente irritato. Ruffin fece un gesto con la mano, ad indicare il grande parco che si stendeva dietro di loro.
- E' da mezz'ora che sono qui. Ma prima di farmi vedere ho voluto essere tranquillo, che non ci fossero movimenti strani in giro.
- Ah.
- Senza prudenza non si va lontano, nella vita. Meno che mai nel mio lavoro.
- OK. - convenne il giudice rabbonito - Tutto tranquillo ?
- Direi di sì.
- Allora sali.
Ruffin fissò la figura del giudice avvolta nella penombra. Poteva intravedere il colletto della camicia, la cravatta e persino il mento dell'uomo, ma non il resto del viso, per cui non riusciva proprio a riconoscerlo.
- La tua voce non mi è nuova, amico. Ci conosciamo, forse ?
- Certo che ci conosciamo. Ma adesso muoviamoci.
Ruffin fece il giro dell'auto, salì sul sedile e richiuse rapidamente la portiera. Stockton mise in moto e ripartì.
- Sono il giudice Stockton, Ruffin, quello del tuo ultimo processo.
- Maledizione ! - esclamò Ruffin, mentre un lampo di paura attraversava i suoi occhi.
Istintivamente, mise la mano nella tasca del giaccone per prendere la pistola, ma la voce di Stockton lo fermò.
- Lascia stare la pistola, Trevor. Non è una trappola questa.
- No ? E chi me lo dice ? - replicò Ruffin guardingo con la mano ancora infilata nella tasca.
- Te lo dico io. Sarebbe ben puerile come trappola, non credi ? Ti ho appena assolto. Come potrei incriminarti di nuovo ?
- E che ne so ? Non sono un avvocato io.
- Ecco, appunto. Allora stai tranquillo e ascolta quel che ho da dirti.
L'uomo si rilassò un poco e tolse la mano dalla tasca. L'auto viaggiava a velocità moderata verso la parte più periferica della città. Stockton doveva fare un lungo discorso al suo passeggero e preferiva evitare le strade strette e piene di traffico del centro. Molto meglio i lunghi ed ampi viali della periferia, che non richiedevano un'attenzione di guida particolare.
- Allora, perchè mi vuoi parlare ? - chiese Ruffin dopo qualche minuto.
- Te l'ho già detto, no ?
- Un contratto ?
- Proprio così.
- Tu ? Un giudice ?
- Perchè no ? Sono un uomo anch'io, non ti pare ?
- Ok, Ok. E chi sarebbe il bersaglio ?
- Mia moglie.
Trevor Ruffin ebbe un sorriso. La solita storia di tante altre volte. Sembrava che la gente corresse a sposarsi tutta contenta, solo per poi scoprire, dopo un po' di anni, di non poter assolutamente sopportare la persona che si era scelta. Fino al punto, alle volte, di volerla ammazzare. Molto meglio fare come lui. Quando trovava una ragazza che gli piaceva, la pigliava e se la portava a letto. Poi, quando era stufo, le diceva semplicemente di andarsene e se la levava di torno dal mattino alla sera, senza tante complicazioni. Ma la gente era così stupida...
- Sarà un lavoretto pulito e senza rischi. - stava dicendo Stockton.
- Me l'hai già detto al telefono, questo, ma non ci credo.
- Invece devi crederci, Trevor, perchè ho già programmato tutto. E poi ci sarò io, a sviare le indagini. In fondo sono un giudice importante, qui a Bristow, e la mia parola vale pur qualcosa. Se darò le indicazioni adatte, tu sarai l'ultima persona la mondo che potranno sospettare.
Ruffin borbottò qualcosa tra sè, ma non fece commenti.
- Non sei convinto ? - insistette Stockton.
- Ok, diciamo che potrei convincermi.
- Così va meglio.
- Dipende anche dal prezzo.
- Certo, certo.
- Quanto sarebbe ?
- 20 mila dollari.
- Troppo pochi.
- Andiamo, Trevor... - disse il giudice con tono bonario - Ti ho detto che è una cosa sicura.
- Me l'hai detto, ma non me l'hai ancora dimostrato.
Stockton sorrise. Si aspettava di arrivare a questo punto, e questo voleva dire che Ruffin avrebbe finito per accettare. Si voltò a guardare il suo interlocutore.
- Allora facciamo così: io ti spiego per bene come intendo organizzare la cosa e tu valuti il rischio. Se davvero il rischio è minimo accetti i 20 mila dollari.
- Altrimenti ?
- Altrimenti, - disse Stockton stringendosi nelle spalle - tu rifiuti l'incarico e io mi cerco qualcun'altro un po' meno schizzinoso.
Ruffin ci pensò su un poco e dovette convenire che Stockton non aveva poi tutti i torti. Certo lui era uno dei migliori, sulla piazza, ma non era neppure l'unico che facesse certi lavoretti. Se davvero era una cosa facile, il giudice poteva sempre cercarsi qualcun altro e lui avrebbe perso l'incarico.
- D'accordo. - disse Ruffin a denti stretti. - Sentiamo un po' questa storia.
Stockton imboccò un lungo viale alberato e incominciò a raccontare con voce tranquilla.
- Io abito in Lincoln Street, proprio nel centro della città. Davanti al mio palazzo c'è l'agenzia principale di Bristow del First National Bank. Quindi di sera, dopo la chiusura degli uffici, in quel tratto di strada non c'è praticamente nessuno e non è neppure illuminato molto bene.
Ruffin ascoltava attento, senza parlare.
- Tu arrivi in auto, verso sera - continuò Stockton - e parcheggi lì davanti, approfittando del buio. Quando io e mia moglie usciremo, tu dovrai spararle. Hai un fucile di precisione ?
- Posso procurarmelo.
- Allora usa quello. La strada è piuttosto larga e l'arma deve essere potente e precisa.
- Non c'è' problema.
- Poi fuggirai in auto. Io dirò di aver visto l'auto fuggire, ma di non aver potuto prendere il numero della targa. Segnalerò alla polizia solo il tipo di auto e il colore, e, per maggior sicurezza, indicherò dei dati completamente diversi da quelli veri. Così nessuno potrà risalire fino a te.
- Mmm, non mi convince del tutto.
- Perchè ?
- Tua moglie lavora ?
- No. Sta in casa.
- Ha una vita sociale particolarmente intesa ?
- Beh, no. Perchè ?
- Perchè non credo che chi fa una vita simile possa avere dei nemici.
- E allora ?
- E allora chi vuole che possa volere la sua morte ? La polizia non lo penserà nemmeno per un momento e sospetterà subito di te, che sei il marito. Metteranno in dubbio la tua testimonianza, dopodichè anche io potrò trovarmi nei guai.
Il giudice Stockton si concesse un sorriso.
- Infatti, ci avevo già pensato anch’io, Ruffin. Ma la soluzione c’è ed è piuttosto semplice.
- Sentiamo.
- Faremo in modo che mia moglie non sembri il vero obbiettivo dell'attentatore, ma solo una vittima casuale.
- E chi sarebbe il vero bersaglio ?
- Io.
- Mmm. Mica male come idea. - ammise Ruffin.
- Non è una cosa frequente, ma è già successa. Il killer si organizza per uccidere Tizio e invece ci va di mezzo Caio. Una bella sfortuna, ma la vita è piena di episodi sfortunati. Mia moglie sarà solo una povera donna, dalla vita irreprensibile, che ha avuto la sfortuna di trovarsi al fianco di suo marito in un momento drammatico. Nient'altro.
- Mmm... - fece Ruffin, dubbioso. Era abituato a ponderare molto, prima di accettare un'idea, e analizzava sempre le varie ipotesi con grande attenzione - Siamo sicuri che la polizia crederà a questa storia ?
- Perchè no ?
- Tu sei più credibile, come bersaglio, siamo d'accordo. Ma non si uccide un giudice senza un motivo. E la polizia dovrà cercare un movente.
- Niente paura, Trevor. Ho pensato anche a questo. Non farò altro che prepararli psicologicamente.
- Cioè ?
- Nei prossimi giorni mi invierò una lettera anonima di minaccia e poi andrò a denunciarla alla polizia. Loro non avranno motivo di non crederci e... "voilà", il gioco è fatto.
Ruffin restò di nuovo in silenzio, soppesando i vari aspetti di quella storia. Sì, tutto sommato il rischio era davvero ridotto. Non c'erano motivi ragionevoli per cui dovesse andare storto. E, d'altra parte, nel suo mestiere una parte di rischio era ineliminabile. Non si poteva sempre dubitare di tutto, altrimenti si finiva per non fare più niente.
- Ok, giudice, mi hai convinto.
- Oh, molto bene.
- Adesso scendiamo nei dettagli. Che giorno e che ora ?
- Non lo so ancora. Sicuramente ho bisogno ancora di un po’ di tempo, perchè devo preparare la lettera minatoria, mandarmela e fare un po’ di scena con la polizia. Comunque sarà di sera, perchè abbiamo bisogno che faccia buio. Diciamo una sera di questa o della prossima settimana. Alla prima occasione in cui ci capiterà di uscire per andare a cena da qualche parte.
- Per me un giorno vale l'altro. Ma devo programmarmi per tempo.
- Sì, certo. Lo so. Te lo farò sapere per telefono appena possibile.
- Ok, proseguiamo. - continuò Ruffin con voce decisa – Qual è il numero del portone di casa Tua ?
- L'89.
- Quale sarà il segnale per muovermi ?
- L'accendino.
Ruffin ascoltava attentamente, senza prendere appunti. Aveva l'abitudine di non scrivere mai niente di quello che gli serviva per il suo lavoro, perchè non voleva correre il rischio di lasciare delle tracce pericolose in giro. Un suo collega era finito all'ergastolo per un semplice biglietto finito in mani sbagliate, e lui non aveva nessuna intenzione di imitarlo. Molto meglio limitarsi a memorizzare tutto. Tanto più che lui aveva un'ottima memoria, bel allenata, e non aveva mai dimenticato niente.
- Io scenderò dalle scale per primo, - stava dicendo Stockton - tanto mia moglie è sempre l'ultima a essere pronta. Uscirò dal portone e quando sentirò che sta per raggiungermi, tirerò fuori l'accendino come per accendermi una sigaretta. L'accendino però mi scapperà di mano e io mi chinerò per raccoglierlo. In quel momento mia moglie sarà proprio dietro di me e tu sparerai. Poi scapperai a tutta velocità. Che auto userai ?
- Non lo so. Ne ruberò una per maggior sicurezza.
- Meglio. - disse Stockton - Comunque farò in modo di dare indicazioni false ugualmente. "Melius est abundare quam deficere".
- Che cos'è ? - chiese Ruffin sospettoso.
- Latino. - disse Stockton con un sorriso - Un vecchio vezzo di noi giudici. Vuol dire che in certi casi è meglio abbondare con le cautele, che non risparmiarsi.
Ruffin sbuffò, leggermente a disagio, conscio che l'altro aveva tirato fuori la sua cultura solo per fargli pesare la propria superiorità. Ma poi lasciò perdere e tornò rapidamente al problema che lo interessava.
- E per i soldi ?
- Abbiamo detto ventimila, no ?
- Sì, certo. Ma pagati come ?
- Metà come anticipo. Il resto a lavoro finito.
- A quando l'anticipo ?
- Anche subito, se vuoi. - disse Stockton con un sorriso. Mise una mano in tasca, ne estrasse un grosso fascio di banconote e lo porse a Ruffin.
- Ecco qua, Trevor.
Senza parlare, il killer prese il mazzo di banconote e le infilò nel giaccone senza contarle.
- Per il saldo ci vedremo tre giorni dopo l'attentato – continuò Stockton - Ci ritroveremo allo stesso posto e alla stessa ora di stasera.
- Per me va bene. - concluse il killer.
Era davvero un lavoretto pulito e Ruffin poteva esserne soddisfatto. Senza contare che, in quel momento, i ventimila dollari gli facevano maledettamente comodo. Stockton guardò l'orologio sul cruscotto. Si era fatto piuttosto tardi e aveva appuntamento con Jessica, quella sera.
- Direi che siamo a posto. Dove ti lascio ?
Ruffin guardò fuori dal finestrino e vide che erano vicini a una stazione della metropolitana.
- Lasciami pure qui.
- Ok. Allora Ti telefono appena posso.
- D'accordo.
L'auto si fermò accostando al marciapiede. Trevor Ruffin fece un breve cenno di saluto e scese dalla vettura, allontanandosi rapidamente in direzione della metropolitana. Il giudice Stockton restò per qualche secondo a guardare il suo uomo che si dileguava nel buio della notte, poi ripartì con una rapida accelerazione. Jessica lo aspettava, e lui non vedeva l'ora di trovarsi tra le sue braccia.


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