sabato 15 marzo 2014

L'attentato fallito - 1

Cap. 1 - Venerdì


- Non pretenderai che ti creda, vero ? - disse il giudice Stockton, sbuffando.
- Io non “pretendo” niente, John. Ti dico solo che è vero. - replicò Lionel Simmons posando il bicchiere di scotch.
- Non può essere vero. Sarebbe troppo bello ! - continuò Stockton fissando il compagno - E poi non l’ho ancora sentito dire da nessuno.
Simmons scrollò il capo, comprensivo. Lui stesso era rimasto di stucco quando aveva saputo che Anthony Webb, sindaco uscente di Bristow, non si sarebbe ricandidato di nuovo. Se lo era fatto ripetere due volte, tanto per essere sicuro di non avere capito male. E adesso che si trovava fronte all'incredulità di Stockton, ne prendeva atto senza stupirsene. Anzi, provandoci addirittura un po' di innocente soddisfazione.
- A me l’ha detto direttamente il "boss". Quindi è vero per forza.
Il "boss" era Rex Chapman, governatore dello Stato nonchè leader incontrastato del loro partito a livello locale.
- Ah beh, se l’ha detto il “boss”…
Era la tarda mattinata di un venerdì di fine ottobre. Il tempo a Bristow era nuvoloso, ma non troppo freddo. Nonostante l'aria un po' frizzante del mattino, l'inverno si poteva considerare ancora lontano. John Stockton, giudice anziano del Tribunale di Bristow, e Lionel Simmons, consigliere di minoranza del consiglio comunale di Bristow, stavano prendendo un drink nel silenzio ovattato dell' "Old England Club", il circolo privato di cui erano soci. Un posto riservato e costoso, pieno di mobili d'epoca, parquet lucidissimi coperti da tappeti pregiati, quadri d'autore alle pareti e morbide tende di velluto. Il tutto completato da cibo gustoso, ottimi liquori e personale efficiente e discreto.
Quello che serviva, insomma, per consentire alle persone importanti e facoltose di Bristow di ritrovarsi in un ambiente esclusivo per fare buona conversazione e bere un buon whisky in santa pace. Lontano dai rumori della strada e da orecchie indiscrete. John Stockton si appoggiò comodamente allo schienale della poltrona, la sua poltrona preferita e un sorriso radioso spuntò sulle sue labbra.
- Non avrei mai pensato che quella mezza calzetta di Webb decidesse di mollare...
Ovviamente Anthony Webb, sindaco in carica di Bristow, non era propriamente una mezza calzetta. Era un uomo in gamba, onesto e dinamico, stimato da gran parte della cittadinanza. Ma era un fatto che la sua statura era decisamente modesta, un metro e 62 centimetri appena. Perciò per Stockton, che apparteneva al partito politico rivale, e non aveva molta compassione, in genere, per il suo prossimo, quella definizione offensiva era automatica e praticamente inevitabile. Anche perchè l'onestà e la capacità amministrativa dimostrate da Webb durante il suo mandato erano, ovviamente, uno degli elementi che più davano lustro al partito che lo sosteneva. E quindi diventavano il primo nemico per le prospettive di riscossa della parte rivale. Purtroppo in politica il bene della collettività è una gran bella cosa, ma viene sempre un po' dopo gli interessi del proprio partito.
- Hai un’idea del perché ? – chiese Stockton al compagno. 
- Pare che ci siano di mezzo ragioni di salute.
- Ragioni di salute ? - disse beffardo il giudice - Probabilmente ha il sedere consumato a furia di strisciarlo per terra, tappo com'è.
- Dai, non dire così, John. - disse Simmons, che, nonostante la rivalità politica, aveva almeno l'onestà di riconoscere le qualità dell'avversario - Tutto sommato Anthony Webb non è stato male, come sindaco.
- Pfui... Che ne dice Rex ?
- Gli ho parlato ieri - disse Simmons - ed era al settimo cielo. Questo è davvero un bel colpo per il nostro partito. Se Webb si ricandidava ad aprile era quasi sicuro della rielezione. Così invece la lotta è di nuovo aperta.
- Più che aperta - disse Stockton con un lampo di malizia negli occhi - Quei presuntuosi non hanno alternative a Webb, ecco la verità. Chi altri potrebbero candidare, al suo posto ? Robert Pack ? Corliss Williamson ? Sono tutte mezze figure.
- Hai ragione - disse Simmons ridacchiando - E gli altri sono ancora peggio. Erano così convinti di poter puntare ancora su Webb per la rielezione che non si sono mai preoccupati di allevarsi qualcun altro abbastanza in gamba.
Stockton rimase un attimo a fissare il bicchiere, poi rialzò lo sguardo verso il suo compagno.
- E... su chi punterà il nostro partito ?
- Beh, lo sai come la penso, io, no ? Tu sei il migliore di tutti.
- Ti ringrazio, ma non mi basta. Bisogna che lo pensi anche il “boss”. Ne avete già parlato ?
- Un poco.
- E... ?
Lionel Simmons bevve un altro sorso di whisky, poi posò il bicchiere e fissò l'amico con un sorriso intrigante.
- Forse lo sto convincendo a candidare Te. Ti solletica la cosa, eh ?
- Adesso sì, accidenti ! Prima ci tenevo, ma fino a un certo punto, perchè a competere con Webb c'era solo da restare con le ossa rotte. Adesso invece...
I due amici scoppiarono a ridere, poi John Stockton ridivenne serio.
- Di', Lionel. Ma sei sicuro che Webb si ritirerà davvero dalla politica ?
- Cribbio, John, te l'ho detto, no ? Ci conosciamo da tanto tempo, ormai. Ti ho mai contato una balla ?
- Beh, qualche volta sì. - disse Stockton con un sorrisetto beffardo. Simmons arrossì violentemente.
- Voglio dire, John... su cose importanti.
- Ma dai, che scherzavo.
- Ah ecco. Beh, ti assicuro che è proprio vero. Devi credermi.
Stockton emise un profondo sospiro. Si versò ancora del whisky e alzò il bicchiere verso l'amico.
- Alle nostre fortune.
- Alla tua elezione - rispose Simmons.
I due amici si toccarono i bicchieri in segno di brindisi, poi li vuotarono con una rapida sorsata. Il giudice restò un po' in silenzio rigirandosi il bicchiere ormai vuoto tra le mani. Poi guardò di nuovo il suo compagno.
- Senti, Lionel, quando pensi che il capo deciderà il candidato finale ?
- E chi lo sa ? Sappi comunque che io sono con te e farò di tutto per convincerlo.
- Lo so, lo so. Ma cosa potrei fare, nel frattempo, per aumentare le mie possibilità ?
- Beh, ci vorrebbe qualche bel caso giudiziario che ti metta in luce.
- Magari. Ma quelli non me li posso mica fabbricare io, sai. - replicò Stockton.
- Lo so, John. Ci vorrebbe un po' di fortuna.
- Già.
- E poi, vacci piano con la tua mulatta.
Questa volta fu il turno di Stockton ad arrossire.
- Cosa c'entra Jessica ?
- Sai che un buon candidato deve avere una vita familiare irreprensibile.
Stockton si strinse nelle spalle.
- Quella di Jessica è una cosa che non sa nessuno. L'ho detto solo a te, perchè di te mi fido. Ma non lo sa nessuno, te lo giuro.
- Nemmeno Janet ?
- Nemmeno mia moglie.
- Meglio per te, ma non farci troppo conto sopra. Fino ad ora non è stato difficile. Tu sei un tipo importante, però, tutto sommato, non sei sotto i riflettori. Ma prova ad immaginare cosa succederebbe se tu fossi candidato ?
- Avrei tutti addosso, vero ? - convenne Stockton con tono mesto.
- Tutti addosso ? Non riusciresti nemmeno ad andare in bagno senza qualche giornalista alle calcagna, credimi.
- Sì, hai ragione, amico mio. Ma Janet è una tale rompiballe, che se non avessi Jessica...
- Comunque, se speri di farti candidare da Rex, dovresti allentare i rapporti con la tua amante e riprenderli un po' con tua moglie.
Stockton sospirò. Era un grosso sacrificio, ma sapeva che Simmons aveva ragione. Un po' di facciata non guastava mai. Però, accidenti, sarebbe stata una bella impresa.
- Sarà dura.
- Beh, vedi tu. Io cercherò di sostenerti come sempre. E poi tu, se sarai eletto, mi darai l'assessorato ai lavori pubblici, come ti avevo chiesto.
- Questo è ovvio, amico mio. Ne abbiamo già parlato e non intendo rimangiarmi la parola.
Simmons alzò gli occhi sul grande orologio a muro che segnava le 12 e 40.
- Che ne diresti di andare a pranzo, John ?
- Ma sì, Lionel, andiamo. Oggi ho un'udienza alle due e mezzo e non voglio arrivare in ritardo.
- Che roba è ?
- Un killer della malavita che forse si è fatto pizzicare. Ma ci sono pochissime prove a suo carico. Mi si rivolta lo stomaco solo a pensarlo, ma temo proprio che dovrò metterlo fuori.
- Insufficienza di prove ?
- Proprio così.
- Eh, caro mio, sono cose che succedono...
I due amici si alzarono dalle poltrone di morbidissimo cuoio nero e si incamminarono, chiacchierando tranquillamente, verso la sala da pranzo.


* * * * *

Terminata l'udienza, verso le quattro, il Giudice Stockton ritornò nel suo ufficio del Tribunale con un diavolo per capello. Sbattè il codice processuale sulla scrivania, come per sfogarsi un po' e si mise a guardare fuori dalla finestra. Come temeva, quel mascalzone di Trevor Ruffin si era rivelato più furbo dei poliziotti che l'avevano arrestato ed era riuscito a evitare la galera. Come al solito. Stockton era fermamente convinto della sua colpevolezza. Aveva troppa esperienza di queste cose per non essere giunto alla conclusione più ovvia; e alla stessa conclusione, ne era sicuro, erano giunte tutti le altre persone presenti al processo.
Ma la legge era la legge, e lui, dopo tanti anni di tribunale, sapeva benissimo che non poteva farci niente. Le prove erano insufficienti, ecco il punto. Rimaneva il "ragionevole dubbio" che Ruffin non fosse colpevole di quel delitto, che si fosse trattato di qualcun altro. E così lui, da bravo giudice, pur con la morte nel cuore, aveva dovuto rispettare la legge e metterlo fuori. Niente galera per Trevor Ruffin. Assolto ancora una volta. Accidenti, imprecò il giudice tra sè. Che potessa crepare una buona volta all'inferno ! Con quel suo ghigno strafottente, tipico di chi è cosciente di essere colpevole, ma si fa beffe della giustizia perchè "sa" che la farà franca.
Stockton si tolse la toga con gesto nervoso, aprì il mobile bar e si versò una dose abbondante di cognac. Era un cognac francese di altissima qualità che si faceva mandare direttamente dalla Francia, da un piccolo produttore di provincia, e custodiva gelosamente solo per sè. Non lo offriva mai a nessuno, perchè non voleva dividere quel nettare divino con chicchessia. Per cui era costretto a tenerlo nascosto in ufficio e berlo soltanto quando era da solo. Ma ne valeva la pena. Adesso un bicchiere di quel cognac era proprio quello che ci voleva per rimetterlo in sesto.
Un sorso abbondante di liquore e il pensiero di Ruffin fu subito sostituito da quello, molto più piacevole, della sua carriera politica. Ripensò a quello che gli aveva riferito poche ore prima il suo amico Simmons, al club, e la cosa lo rimise subito dell'umore giusto. Ormai era venerdì sera e la settimana di lavoro era finita. Al diavolo quel mascalzone di Ruffin e la sua assoluzione per insufficienza di prove. Dopo le belle notizie del mattino non aveva nessun diritto di avvelenarsi l'esistenza.
Si slacciò il colletto della camicia, allentò il nodo della cravatta e si sedette sulla sua poltroncina personale, rilassandosi completamente. E la sua mente cominciò a fantasticare. John Stockton era un uomo di quasi sessant'anni, 58 per la precisione, dall'aspetto piuttosto giovanile. Il merito era in gran parte dovuto all'assoluta mancanza di calvizie e al colore ancora quasi completamente nero dei folti capelli. Colore che non era frutto di una qualche miracolosa tintura, ma era proprio una dote naturale. Infatti Stockton sfoggiava anche una bellissima barba, nera anch'essa, e si sa che mentre tingere i capelli non è poi troppo difficile, tingere la barba è tutt'altra faccenda.
Tutto ciò, unito alla sua figura un po' robusta ma non grassa, contribuivano a dargli quell'aspetto sano e vigoroso che lui curava molto e che gli toglieva, nel giudizio della gente, almeno una decina d'anni. D'altra parte, un tipo giovanile Stockton lo era davvero anche sotto il profilo sessuale. Aveva sposato una donna un po' scialba, Janet, principalmente per i suoi soldi, ma non aveva mai smesso di correre dietro alla belle ragazze. E adesso che se lo poteva permettere le sceglieva sempre più giovani e le manteneva in appartamenti discreti, in periferia, in modo che fossero sempre disponibili, apposta per lui.
Come Jessica, la sua amante attuale. Un'adorabile mulatta, flessuosa come un giunco e bollente come un vulcano, che aveva appena 22 anni. Ma Stockton se la cavava benissimo anche con lei. Con molta cautela, ovviamente. Stockton aveva raggiunto da oltre sei anni il grado di presidente di sezione del Tribunale di Bristow e mai nessuno, a parte due o tre dei suoi amici più intimi, sapeva nulla delle sue piccole avventure. Ma loro tacevano, anche per motivi, diciamo così, di reciproca complicità, e nessun altro ne era informato.
Non lo sapeva sicuramente la moglie Janet, che viveva la sua vita grigia e tranquilla tra le quattro mura del loro appartamento, salvo qualche piccolo impegno mondano di tanto in tanto, ormai abituata agli orari impossibili del marito. E non lo sapevano neppure gli altri giudici, suoi colleghi ma anche rivali, visto che, in caso contrario, non sarebbe mai riuscito fare carriera fino a quel punto. Nemmeno i suoi amici di partito, erano informati, a parte il suo grande amico Simmons.
Adesso Stockton, seduto tranquillamente nel suo ufficio del Tribunale, stava fantasticando sulla sua elezione a sindaco, nel prossimo aprile. Sentiva che se fosse riuscito a farsi candidare avrebbe vinto sicuramente. Se lo sentiva. Ma... come fare per farsi candidare dal suo partito ? Il capo, Rex Chapman, era un tipo molto chiuso e lui non era sicuramente l'unico papabile. Certo, Lionel Simmons era dalla sua parte, e il capo dava sempre molto peso al giudizio di Lionel. Ma non poteva solo basarsi su così poco. Proprio una dannata situazione, si disse Stockton.
E poi, come se non bastasse, c'era la sua immagine familiare da curare. Simmons, ovviamente aveva ragione. Se voleva fare buona impressione sugli elettori doveva tornare a fare la parte del "bravo marito". Avrebbe dovuto diradare i suoi incontri con Jessica, era inevitabile. E per contro cercare di migliorare i suoi rapporti con quella stupida di Janet. Roba da sentirsi male solo a pensarlo. Eppure non aveva scelta. Proprio in quel momento il telefono trillò.
- Sì ? - fece Stockton
- C'è vostra moglie in linea. - disse Geena Howard, la sua segretaria personale – Ve la passo ?
Stockton era tentato di dirle di no, ma ormai era in ballo e doveva ballare. Se doveva mettersi a fare il bravo marito con Janet, tanto valeva incominciare subito.
- Ma sì, Geena - disse stancamente – passamela pure.

* * * * *

La telefonata di sua moglie Janet, nonostante il futile argomento, o, anzi, forse proprio per quello, ebbe il potere di irritarlo di nuovo. Come sempre. Anzi più di sempre, perchè adesso non poteva neanche più limitarsi ad ignorarla, come faceva prima, se ci teneva davvero alla candidatura. Più ci pensava più l'idea gli sembrava assolutamente insopportabile. Eppure non voleva rinunciare a quell'opportunità. Stockton era ambizioso, molto ambizioso. Aveva fatto carriera, sia nella magistratura che nel partito, aveva avuto molte soddisfazioni, ma quella era davvero un'altra cosa. Adesso aveva l'occasione della sua vita, un'occasione irripetibile. Non poteva farsela sfuggire.
Stockton non aveva dubbi che l'abbandono di Webb avrebbe dato la vittoria al loro partito. Nessuno poteva avere dei dubbi su questo. E c'era da scommettere che il loro candidato, una volta eletto, non avrebbe avuto davanti solo quattro anni, la durata in carica di un mandato, ma quasi sicuramente otto. Perchè una volta "in sella" avrebbe potuto puntare con successo alla rielezione, senza troppi problemi. Con quello, si sarebbe messo a posto per tutta la vita. Ma... e se il candidato eletto fosse stato qualcun altro? Che ne sarebbe stato di lui ? Inutile ingannarsi: sarebbe finita prima ancora di incominciare. Otto anni di attesa sarebbero stati troppi, e lui sarebbe finito fuori gioco in modo forse definitivo. No, il momento giusto era questo. E lui voleva la candidatura a qualsiasi costo.
Ripensò a Jessica, al suo corpo sinuoso, alla sua incredibile abilità nei giochi sessuali. Non avrebbe mai potuto rinunciare a lei per tanti mesi. E allora, come fare ? Per una strana associazione di idee, Stockton pensò a Trevor Ruffin, il sicario della malavita liberato quel pomeriggio. Ebbe un brillio negli occhi e in un attimo "seppe" qual era la cosa giusta da fare. Incominciò a rimuginarci sopra e più ci pensava più si rendeva conto che quella che gli era venuta in mente era la cosa migliore in assoluto. Non aveva dubbi. Avrebbe risolto in un colpo tutti i suoi problemi personali e, in più, gli avrebbe anche dato un aiuto decisivo per la sua carriera politica. Gli avrebbe fornito la spinta definitiva per ottenere la candidatura a sindaco e quindi, alla fin fine, anche la successiva elezione.
Stockton era un uomo attivo e intelligente e la sua mente, allenata da anni a lavorare su questioni difficili e delicate, era già al lavoro a pieno regime. Quindici minuti dopo, mentre scendeva con l'ascensore nel sotterraneo del Tribunale, diretto verso il garage per prendere l'auto, aveva già un piano ben chiaro in mente, definito in ogni dettaglio e pronto per essere messo in pratica. Un piano perfetto che avrebbe funzionato a meraviglia. Il giudice Stockton salì sulla sua auto, una bellissima e costosa Maserati verde scuro, la mise in moto e uscì rapidamente dal sotterraneo, mentre un sorriso di trionfo si disegnava già prepotente sul suo viso.

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