Cap.
7 - Domenica
La settimana di lavoro
era finita e finalmente, grazie al cielo, era di nuovo domenica.
Dopo aver dormito fino a tardi e aver fatto un'abbondante
colazione, Ben si sedette sul divano e si mise a sfogliare il
giornale del mattino.
Anche se l'attentato
era successo solo la sera prima, il Bristow Today riportava già
in prima pagina la notizia dell'assassinio del giudice Stockton.
Nonostante i titoli a tutta pagina, però, i servizi erano molto
scarni perchè preparati in fretta e furia, con poco tempo prima di
andare in stampa. C'erano anche alcune grandi fotografie, ma
quasi tutte di repertorio: una del giudice Stockton, una della
moglie Janet e una di Lincoln Street. L'unica "fresca"
era quella con il corpo di Stockton sul selciato, coperto da un
lenzuolo bianco.
Ben restò un attimo
perplesso, quando vide la foto di Janet Stockton, perchè aveva
l'impressione di averla già vista da qualche parte, anche se non
ricordava bene quando. Poi lasciò perdere e si diede alla
lettura degli articoli. Il giornalista riportava la cronaca dei
fatti, così come erano stati ricostruiti, e riferiva le prime
dichiarazione della polizia, ma per il momento non erano molto
esaurienti.
Ovviamente, gli
investigatori avevano già collegato la morte del giudice con la
lettera minatoria da lui ricevuta pochi giorni prima. Ma, a parte
questo, non avevano ancora nessuna idea sull'autore del delitto.
E il giornalista che aveva buttato giù l'articolo, nel
riportare le scarne dichiarazioni ufficiali della polizia, si
limitava a fare delle semplici congetture e null'altro.
Ben però era un tipo
curioso, e gli piaceva saperne di più. Per fortuna era già l'ora
del notiziario di metà mattina. Ben si alzò e accese la
televisione, sintonizzandosi sul canale locale che lo trasmetteva.
La notizia dell'attentato era, ovviamente, il pezzo forte della
trasmissione. Il conduttore, dopo aver riepilogato i fatti
già riportati dai giornali, avvertì i telespettatori che
c'erano notizie fresche sul delitto e diede la linea al collega che
si trovava presso la sede della polizia.
La telecamera inquadrò
una giornalista bionda con a fianco il capo della polizia di
Bristow, Vernon Fleming. La giornalista annunciò che il capitano
Fleming aveva delle dichiarazioni importanti da fare e gli cedette
il microfono. Ben ascoltava attentissimo.
- Credo di poter dire -
esordì Fleming - che il caso Stockton è ormai sostanzialmente
risolto.
- Avete già scoperto
l'assassino ? - chiese stupita la giornalista, che si aspettava
certo delle rivelazioni importanti, ma non di quella portata.
- Riteniamo di sì.
- E chi sarebbe, il
killer ?
- Un certo Trevor
Ruffin. E' un nome ben noto negli ambienti della malavita.
- Un pezzo grosso
dell'organizzazione ?
- No, al contrario. Ci
risulta che facesse il killer di professione.
- Un pregiudicato,
comunque.
- Sì, certo. Era stato
processato più volte, soprattutto qui a Bristow, ma era sempre
riuscito a farsi assolvere.
- E adesso ? L'avete di
nuovo arrestato ? Ha confessato ?
- Niente di tutto
questo. Ruffin è già morto.
La giornalista
guardò Fleming con sincero stupore. Quello prometteva di
essere un caso complesso, che richiedeva tanto tempo e tanta
pazienza per essere risolto. E invece adesso le cose si stavano
mettendo a correre più veloce di quanto si sarebbe mai aspettata.
- Morto come ? Ucciso
dalla polizia ?
- No di certo. E' stato
il caso a farci scoprire tutto.
Fleming raccontò
dell'incidente verificatosi la sera prima, poco distante dal
luogo dell'attentato, tra un grosso furgone e una piccola
utilitaria giapponese. Del corpo senza vita trovato nell'auto
accartocciata contro un lampione, riconosciuto come quello di Trevor
Ruffin, presunto sicario della malavita. Del fucile di
precisione rinvenuto nella vettura, che corrispondeva
esattamente a quello usato per colpire Stockton. E
dell'inevitabile conclusione alla quale era giunta la polizia.
- Quindi sarebbe stato
Ruffin a sparare a Stockton ?
- Sì. Riteniamo di
poter giungere a questa conclusione senza ombra di dubbio.
- E... il mandante ?
- Non abbiamo nessuna
traccia e temo che non lo scopriremo mai. Ruffin era molto
apprezzato nel suo mestiere, ma non aveva preclusioni. Può avere
operato per conto di chiunque.
- Voi avete la lettera
minatoria ricevuta dal giudice pochi giorni fa, non è vero ? -
chiese la giornalista.
- Sì.
- Cosa ne dicono i
vostri esperti ?
- Tracce non ne
abbiamo trovate. Niente impronte e nessuna possibilità di
scoprire qualcosa analizzando la carta, la colla o le lettere
ritagliate. Tutto lascia pensare alla vendetta di qualcuno
condannato da Stockton. Ma questo non ci aiuta più di tanto.
- Perchè ?
- Sono troppe le
persone finite in galera dopo essere state condannate da lui. E'
come cercare un ago in un pagliaio.
- Quindi ?
- Quindi si può dire
che il caso, almeno dal punto di vista materiale è risolto. Per
il mandante, ovviamente, proveremo a continuare le ricerche, ma
sarà dura. Speriamo in un po' di fortuna.
- Quella ci vuole sempre
- commentò la ragazza comprensiva.
- D’altra parte -
continuò Fleming - non si può neppure escludere che Ruffin abbia
agito da solo.
- Perchè ?
- Era appena stato
processato proprio da Stockton, anche se era stato assolto per
insufficienza di prove.
- Allora perchè avrebbe
dovuto ucciderlo ?
Fleming allargò le
braccia.
- Chi sa mai cosa passa
per la testa di persone simili ? Forse odiava il giudice per come
lo aveva trattato durante il processo. O forse aveva paura che
il giudice si fosse accorto di qualche punto debole nella sua
posizione e che decidesse prima o poi di riaprire il processo.
Difficile dire.
- Abbiamo delle foto
di questo Ruffin da mostrare ai nostri telespettatori ? -
chiese la giornalista.
- Sì, certo. - rispose
Fleming prendendo delle carte dal ripiano della scrivania.
Pochi minuti dopo, un
primo piano di Trevor Ruffin, preso in occasione di uno dei
tanti arresti subiti, campeggiava sul video a beneficio di tutti
i telespettatori sintonizzati.
- Ehi ! – si disse Ben
sgranando gli occhi. - Ma io quello lo conosco ! E' il bel tenebroso.
L'amante di Tina Perry. Ma guarda che combinazione...
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