Viviamo in un contesto storico in cui “essere di sinistra” è divenuto sinonimo:
a) di linguaggio politicamente corretto;
b) di impegno a rincorrere tutti i bisogni, i desideri e le rivendicazioni di “riconoscimento” identitario da parte di individui e minoranze (spesso alimentati da un perverso intreccio fra tecnologia e mercato), a prescindere dalla loro compatibilità con gli interessi comunitari e il bene comune, o dai possibili danni collaterali a carico dell’integrità fisica e morale di altri soggetti (vedi la rivendicazione di sancire la mercificazione del corpo femminile legalizzando l’ignobile pratica dell’utero in affitto);
c) di apologia della trasgressione nei confronti di ogni confine etico e simbolico, associata alla delegittimazione di ogni critica nei confronti di tale atteggiamento, automaticamente bollata come “transfobia”.
Carlo Formenti
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