CAP. 3 - Mercoledì
- Vi da
fastidio se fumo ? - chiese Victoria, trafficando con la mano nella
borsetta.
-
Purtroppo sì - rispose Ben - Vi sarei grato se non fumaste.
Lei fece
un gesto vago con la mano, ma non se la prese.
- OK,
d’accordo. Penso di poter resistere per un paio d’ore.
-
Oltretutto vi farà anche bene - disse Ben con un sorriso.
- Così
dicono – rispose Victoria senza molta convinzione.
Che bella
donna, si disse Ben. Anzi, no. Non bella. Che donna attraente
ecco. Indossava un tailleur verde brillante, semplice ma
grazioso, con una camicetta bianca. Al collo un filo di pietre
dure, anch'esse verdi con venature bianche. Un capolavoro di
semplicità e di eleganza. E poi gli enormi occhi neri e quel nasino
alla francese veramente delizioso. Una donna non più
giovanissima, ma decisamente interessante. Si vedeva anche che
era un tipo intelligente, pur senza perdere nulla della sua
femminilità: bastava vedere come sapeva muoversi. Non per niente
era un'attrice.
- Allora,
cara signora, come va il teatro ? Cosa state
rappresentando di bello ? - chiese tanto per rompere il ghiaccio
ed evitare di parlare subito di lavoro.
- E' una
commedia leggera di un autore francese - stava dicendo Victoria
- Si intitola "Il marito nell'armadio e l'amante sotto il
letto". Il titolo dice tutto.
- Direi di
sì - disse Ben divertito. - Voi che parte fate ?
- La
migliore - disse con gli occhi che sorridevano maliziosi.
- Cioè ?
- chiese Ben anche se sapeva già benissimo la risposta. Victoria
agitò la mano destra.
- Quella
della moglie traditrice, ovviamente.
- Quella
col marito nell'armadio e l'amante sotto il letto. – commentò
Ben.
- O
viceversa - concluse lei.
- O
viceversa, certo.
Victoria
si rabbuiò di colpo.
-
Purtroppo a volte la realtà imita la fantasia. Io mi diverto a fare
l'adultera in una commedia e forse mio marito fa lo stesso con me.
Ma sul serio.
Ecco, ci
siamo, si disse Ben.
- Immaginavo qualcosa di simile. Pico – disse rivolto al computer – Preparati a prendere appunti.
- SONO PRONTO.
- E' attore anche vostro marito ? – continuò Ben.
- No,
tutt'altro. Matt è funzionario di Banca. Lavora alla Eastern
National Bank di Nelson.
- Si chiama Matt Alexander ?
- No, Matt
Bullard. Alexander è il mio cognome da ragazza e l'ho conservato
per motivi di lavoro. Avevo incominciato la carriera di
attrice prima di sposarmi e ho preferito mantenere il mio
nome. Fanno tutte così nel nostro ambiente.
- Beh, è
logico. Mi dicevate di vostro marito. Perchè avete cominciato a
dubitare di lui ?
In poche
parole Victoria raccontò a Ben quello che era successo due giorni
prima, quando aveva telefonato a casa e non lo aveva trovato, e
suo marito le aveva mentito senza nessun motivo apparente.
- E' la
prima volta che vi succede una cosa simile ?
- Sì.
- Allora
non vi sembra di allarmarvi un po' troppo ?
- Non
credo. Tenete presente che con il lavoro che faccio ho orari
molto diversi dai suoi. A casa insieme ci stiamo ben poco, per cui
può avere molte occasioni di tradirmi senza che nemmeno me ne
accorga. Adesso poi sono ancora più impegnata perchè invece
delle prove abbiamo lo spettacolo vero e proprio.
- Comunque
non avevate mai avuto sospetti in passato.
- No,
questo no. D'altra parte come spieghereste, voi, la bugia
dell'altro ieri ?
- Difficile dire. Ma è inutile fare congetture. Basterà pedinarlo per un po' di giorni e se c'è sotto qualcosa di sospetto, stia certo che salterà fuori. Pensate che vostro marito sappia che voi sospettate qualcosa ?
- No, non
credo.
- Meglio.
Non prenderà precauzioni particolari e sarà tutto più
semplice.
- Non
avrei mai immaginato di dover dubitare di Matt, credetemi.
- Ma voi e
vostro marito andate d'accordo ?
- Si. –
disse Victoria stringendosi nelle spalle - Direi proprio di sì.
- Nessuno
screzio, di recente ?
- No. E'
per questo che sono stata maledettamente stupita da quello che è
successo.
- Però mi
dicevate che avete orari un po' diversi. Forse vi vedete poco in
casa.
- Beh, sì
è vero.
- E state
poco insieme la notte...
- Sì,
capita spesso.
- Non sarà
che suo marito si sente trascurato ?
Avrebbe
voluto chiederle quante volte facevano l'amore, ma si trattenne,
per non metterla in imbarazzo. Comunque la sua ospite era un tipo
sveglio e aveva già capito tutto.
- Non
direi proprio - disse con tono un po' sostenuto - E comunque non
credo che la cosa vi riguardi direttamente.
Ben
allargò le braccia.
- Io devo fare il mio mestiere. Più cose so, meglio lavoro.
- Sì, avete ragione anche voi.
- A parte
questo, ho bisogno di sapere una serie di cose su vostro marito.
Dove lavora, gli orari che fa, i suoi amici più intimi...
Victoria
sospirò. Si capiva che era un tipo riservato e che non le piaceva
parlare di sè o della sua famiglia con degli estranei. Però
aveva bisogno di aiuto e Ben Wallace doveva fare il suo lavoro. Non
si può pedinare bene una persona, senza sapere più cose possibili
su di lei.
- D'accordo.
Ne avete tutto il diritto.
Andarono
avanti per una ventina di minuti, mentre Pico memorizzava tutto.
Alla fine Ben fece un sospiro e si appoggiò allo schienale della
poltroncina.
- Per me
può bastare.
- Bene.
Ne avevo abbastanza anch'io - disse Victoria sollevata. Prese la
borsetta, la aprì
e ne tirò fuori il libretto degli assegni - E
adesso parliamo di "vil denaro". Quanto vi lascio come
anticipo ?
Ben si
strinse nelle spalle.
- Fate
voi.
- Non
ho problemi si soldi, state tranquillo. A fare l'attrice si guadagna
bene. Bastano 500 dollari ?
- Vada per
500 dollari.
Victoria
prese una penna placcata d'oro, compilò l'assegno e glielo porse.
Ben lo preso, lo guardò distrattamente, poi un pensiero lo colpì
all'improvviso e sorrise.
- Temo che
cinquecento dollari non bastino.
- Perchè
? - chiese lei più stupita che arrabbiata.
- Diciamo
500 dollari più... 1 biglietto per lo spettacolo.
Victoria
tornò a sorridere.
- Certo,
perdiana. Ci mancherebbe. Quando vorreste venire ?
- A che
ora inizia lo spettacolo ?
- Alle
sette e mezzo. E dura circa 2 ore.
- Allora
va benissimo per domani sera.
- Cercherò
di dare il meglio del mio repertorio.
- Sono
pronto a scommettere che siete bravissima - disse Ben
guardandola negli occhi. Victoria si strinse nelle spalle, come
per schernirsi, ma si vedeva che era contenta per quei
complimenti, e sinceramente orgogliosa di sè.
- Così
dicono gli altri. Diciamo che me la cavo.
Posò il
libretto degli assegni e la penna nella borsetta e frugò ancora
alla ricerca dei biglietti. Ne estrasse uno e lo consegnò a Ben.
- E’ un
tagliando omaggio. Lo presentate al botteghino e vi danno il
biglietto senza pagare. Se arrivate per tempo, potete scegliere
uno dei posti migliori, quelli vicini al palcoscenico.
- Cercherò
di arrivare in tempo.
* * * * *
L'interfono
sulla scrivania ronzò leggermente. Vim Baker schiacciò il
tasto di ascolto.
- Dottor
Baker ? - disse la segretaria.
- Si ? -
Vin Baker non era dottore, ma in municipio tutti lo chiamavano
così, per compiacerlo.
- C'è qui
il signor Weatherspoon, quel giornalista del "Globe"
che ieri aveva preso appuntamento.
Il
"Globe" era uno dei giornali che più si stavano
accanendo contro di lui. Nell’ultimo numero preannunciavano
un'inchiesta sensazionale sulle sue malefatte e quindi dovevano
avere già parecchio materiale per le mani. Evidentemente
volevano anche qualche dichiarazione fresca della "vittima"
per poter montare meglio il servizio. Ma lui se ne poteva anche
fregare di tutto questo. I giornalisti non gli avevano mai fatto
paura. Figuriamoci un "tappo" come Weatherspoon
- OK,
fallo salire - disse. Poi spense l'interfono e si appoggiò allo
schienale della poltroncina ad aspettare.
Il
problema ormai non erano più i giornalisti. Il problema era che
finalmente era successo quello che doveva succedere. Il
procuratore distrettuale gli aveva telefonato, subito dopo pranzo,
per fissare un colloquio con lui. Un colloquio informale, per il
momento, visto che si conoscevano da tanto tempo ed erano quasi
amici. Ma questo dimostrava che l'inchiesta era ormai avviata. Il
procuratore avrebbe usato tutto il tatto di cui disponeva,
avrebbe fatto qualche domanda discreta, fingendo di accontentarsi
delle risposte evasive che lui gli avrebbe dato. Ma non si
sarebbe fermato lì. Avrebbe proseguito nelle indagini e per lui
sarebbe stata la fine.
Vim Baker
fece mentalmente un po' di conti. L'appuntamento era fissato per
venerdì pomeriggio. Poi c'era il week-end, poi il procuratore
avrebbe perso ancora qualche giorno per cercare altre notizie,
recuperare documenti, interrogare altre persone. Aveva ancora
qualche giorno di tregua, diciamo una settimana a voler essere
prudenti, ma non di più. Era inutile illudersi. Ormai era venuto
il momento di tenersi pronto per il suo piano di emergenza. Alcuni
leggeri colpi alla porta lo risvegliarono dai suoi pensieri e
un cappello nero con la visiera fece capolino dallo spiraglio.
Era l'usciere.
- Il
signor Weatherspoon del "Globe".
Baker
fece un cenno di assenso con il capo e l'usciere si fece da
parte. Clarence Weatherspoon entrò con passo di carica,
camminando leggermente sulle punte, come faceva sempre, per cercare
di sembrare un po' più alto e importante dei suoi 158 centimetri.
Anche il nome pomposo e reboante serviva perfettamente allo scopo.
Comunque tutti dovevano riconoscere che la grinta non gli mancava.
Baker si alzò per stringergli la mano, non tanto per cortesia,
quanto per sottolineare la sua statura e la sua imponenza. Era
quasi il doppio del suo interlocutore, il quale, peraltro, non ne
sembrava particolarmente intimidito. Abitudine professionale: se sei
alto 1,58 e sei uno che si lascia intimidire, non puoi certo
fare il giornalista d'assalto.
- Signor
Baker, come state ? - Weatherspoon sapeva che a Baker piaceva
sentirsi chiamare dottore senza esserlo, e di proposito non lo
faceva.
-
Benissimo ! - disse Baker sfoderando il suo miglior sorriso. Ormai
aveva deciso di abbandonare la nave che stava affondando. Tanto
valeva divertirsi un po' con quel figlio di buona donna.
- Non
sembrerebbe. Ho saputo che il procuratore distrettuale vuole
vedervi.
E questo,
come diavolo fa a saperlo, si chiese Baker.
- Un
semplice incontro tra amici - minimizzò.
- Non è
per caso per via di quella denuncia per corruzione ?
- Certo,
parleremo anche di quello. Ma credo che verrà sicuramente
archiviata. Non ho nulla da nascondere, io - disse Baker placido.
Weatherspoon
si agitò un po' sulla sedia, cercando di rimanere sempre ben
eretto, per non scomparire dietro alla scrivania massiccia di Baker.
- Eppure
stiamo raccogliendo un bel po' di notizie su di voi e sui vostri
metodi - disse brutalmente.
- Beh, è
il vostro mestiere. Ma non troverete niente di scorretto o di
poco pulito.
Diavolo,
pensò Weatherspoon, o è un commediante di prim'ordine o è
veramente estraneo a tutto questo. No, non può essere estraneo. Ha
semplicemente un sangue freddo eccezionale. Ma non gli basterà,
finirà nella polvere anche lui, come tanti altri.
- Non vi
illudete. Da domani incominceremo a pubblicare la nostra
inchiesta. Abbiamo già un bel po' di materiale e altro ne
raccoglieremo man mano.
- E allora
cosa volete da me, esattamente ?
Weatherspoon
indicò il piccolo bloc-notes che teneva in mano.
- Qualche
dichiarazione per i nostri lettori.
“Che
vadano tutti a farsi fottere”, pensò Baker tra sè. Ecco una
bella dichiarazione che avrebbe potuto fare, in esclusiva, per i
lettori del "Globe". L'idea lo fece sorridere, ma si
trattenne.
- Posso
solo dichiarare che sono estraneo a tutte le accuse e che il
prossimo anno mi candiderò di nuovo per le elezioni. Ma di
questo c'è tempo per parlare.
Weatherspoon
inarcò un sopracciglio, poi scrollò il capo per esprimere la
sua incredulità.
- Voi non
arriverete alle prossime elezioni.
- Vedremo,
vedremo. Adesso, se non vi dispiace, avrei del lavoro che mi
aspetta.
Weatherspoon
si rimise la penna nel taschino, infilò il bloc-notes
nella tasca della giacca e si alzò.
- Vi
consiglio di leggere il "Globe" dei prossimi giorni.
Parleremo molto di voi.
- Ah, ma
io lo leggo sempre, il "Globe" - rispose Baker tranquillo
- E' un giornale molto interessante.
Weatherspoon
girò sui tacchi e uscì dalla stanza. Baker lasciò passare qualche
minuto, poi alzò il telefono e fece un numero. Rispose una voce
d'uomo.
- Vermont
a South Dakota - disse Baker.
- Sono io.
- Sarà
per la prossima settimana.
- Lo
immaginavo.
- Ti dirò
il giorno esatto appena possibile.
-
D'accordo.
- Ci
sentiamo.
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